di Roberto Casalone
Questa domenica si è tenuta, a Milano, una manifestazione per certi versi unica nel proprio genere e da tempo attesa da tutti i sostenitori dei diritti civili, della democrazia e della libertà: “Resistere per Esistere”.
La manifestazione è nata da un’idea dei fondatori di “Ponte Atlantico”, forum apolitico, apartitico, multiconfessionale e aperto a ogni orientamento. Ponte Atlantico è stato creato per la difesa dei valori occidentali, atlantisti e democratici che sono alla base di ciò che noi oggi chiamiamo “mondo libero”. Successivamente elaborata e integrata da nuovi contenuti, la manifestazione ha preso forma di una marcia pacifica e costruita a tappe in luoghi simbolo dell’oppressione, del terrore e del totalitarismo che ancora oggi, nel 2023, aleggiano sull’Europa e su molti paesi che si sono visti ricadere nei secoli bui del passato.
Ho personalmente aderito e caldeggiato questo evento, perché tutti sappiano e nessuno dimentichi ciò che è stato e ciò che è ancora.
Resistere per Esistere
Coinvolti e sempre attivi in ogni piccolo aspetto e particolare, Davide Riccardo Romano, Direttore del Museo della Brigata Ebraica di Milano, Katerina Sadilova, voce e anima della Comunità Ucraina, Alessandro Pecoraro e Alessandro Litta Modignani, vertici dell’Associazione Pro-Israele di Milano, Vittorio Tozzini, esponente di Buona Destra, Filippo Franchini dell’Istituto Liberale Italiano, Marco Arlati, membro nazionale di Arcigay e molti altri.
Si è voluto, questa volta, cercare di dare una risposta concreta alla solita e ipocrita frase ad effetto giornalistico: “siamo tutti uniti”. Ed ecco che si sono aggiunti davvero gli iraniani del Consiglio Nazionale di Transizione, guidati dal coraggiosissimo Ashkam Rostami e da ragazze e ragazzi che vivono e studiano in Italia, a viso scoperto, senza veli e senza paura, ben sapendo che hanno in patria le loro famiglie e ben sapendo che la polizia segreta del regime è presente anche a Milano con una cellula gestita dal consolato generale sotto copertura di “ufficio di cooperazione culturale ed economica”.
Ci ha raggiunto anche una signora russa, sola, umile e silenziosa, con una grande bandiera con i colori veri della Russia non putiniana e non bolscevica, che si è messa subito a fianco dei numerosi Ucraini presenti, marciando al loro fianco. Mostrando dignità, senso etico e civiltà di questi tempi assai rari nel paese da cui proviene.
Iraniani e israeliani insieme con Resistere per Esistere
Abbiamo visto iraniani tenere e sventolare le bandiere di Israele, a ricordare a tutti che i due paesi non sono mai stati nemici, ma divisi solo da un regime artificiale e morente che ha creato una vulgata comoda e facilmente esportabile per il vasto mondo dell’antisemitismo attuale.
Abbiamo visto bandiere della NATO e bandiere italiane, bandiere LGBT e di Taiwan, altra fortezza democratica che rischia di essere aggredita dallo scomodo e autocratico vicino cinese. Un regime cinese avido di ricchi mercati e tecnologie già pronte da assimilare per farne profitto, nel pieno della logica perversa del “capitalismo di stato”. Un regime liberticida che ha creato la supremazia del Dragone in larghe parti dell’Asia e del mondo.
Dal Giardino dei Giusti al consolato iraniano: commozione e lacrime
Il percorso della Marcia “Resistere per Esistere” si è sviluppato partendo dal Giardino dei Giusti, dove le piccole lapidi simboleggiano i difensori dei diritti umani e tutti coloro che hanno, con la propria vita, testimoniato che il genere umano può sempre mostrare il volto migliore. Qui ci sono stati i primi interventi dei relatori, tra cui la sempre apprezzata e concreta Anna Zafesova che da anni informa con preziosi reportage su La Stampa sull’involuzione autocratica e liberticida avvenuta nella Russia putiniana.
Si è giunti poi nella piazza antistante il consolato generale dell’Iran dove ha preso la parola Marco Arlati di Arcigay. Ha ricordato i nomi degli appartenenti alla comunità LGBT di quel paese, assassinati dopo anni di prigionia e tortura, con modalità medioevali. Modalità indegne di un paese e di un popolo che tanto ha dato alla storia dell’umanità, con il nome di Persia in passato.
Sono seguiti momenti di commozione e di lacrime, trattenute a stento, quando una ragazza iraniana ha parlato a nome delle sue coetanee. Ragazzine iraniane private di diritti civili ed umani, obbligate a nascondere la voglia di vivere e la bellezza dietro a un velo imposto solo per paura e vigliaccheria. Private anche della vita da parte di un regime sanguinario e terrorista.
Davanti al consolato russo a ricordare i crimini del regime di Mosca
Il corteo è poi arrivato fino a poche centinaia di metri dal consolato russo. Come dovrebbe essere per ogni vera manifestazione per la pace di fronte all’aggressione disumana che ha fatto e sta facendo la Russia in Ucraina e altrove. Al consolato russo si è svolta la parte finale della manifestazione con gli interventi accorati e dettagliati dei rappresentanti della comunità ucraina.
Interventi che raccontano la lunghissima serie di crimini contro l’umanità commessi dall’esercito russo e dalle milizie mercenarie al soldo di Putin, nei territori invasi dell’Ucraina. Le atrocità commesse dal regime russo ai danni di civili inermi, anziani e bambini. Compresa la deportazione di decine di migliaia di persone strappate a forza dalle proprie case per essere inviate in campi di “filtrazione”. In realtà, veri e propri campi di concentramento che si pensavano dimenticati nel XXI secolo.
Autorevoli voci italiane come quella di Alessandro Litta Modignani, hanno chiuso l’elenco degli interventi. Ricordando che Milano non deve essere l’immagine di un’Italia sempre in bilico tra convenienza e convenzioni, ma deve avere il coraggio di mostrare di far parte di uno schieramento unico, quello della parte giusta. Contro la tirannide, l’oppressione e il silenzio colpevole di chi ha paura, e che proprio per paura decide di nascondersi e accettare l’imposizione e la violenza del forte sul debole.
La paura dei regimi liberticidi di fronte a manifestazioni come Resistere per Esistere
In molte città europee un simile evento ancora non si è visto. Si era però già visto in Italia, ad esempio a Torino. Ma non è ancora una modalità diffusa perché ci sono troppe divisioni, troppe reticenze e troppe scomodità. Qui ce l’abbiamo fatta. Abbiamo unito musulmani e cristiani, ebrei e atei, omosessuali e cattolici osservanti. Abbiamo visto un iraniano sventolare la bandiera di Israele perché, per lui, Israele è un paese abitato da un popolo amico.
Si è materializzata l’alleanza della gente comune, delle persone che sanno da che parte stare. Non le “persone perbene”, ma le persone che “conoscono il bene”.
La folta presenza della Polizia di Stato e di altre Forze dell’Ordine ha impedito ai presenti di avvicinarsi sotto i 200 metri dalle sedi diplomatiche. Ma solo per la paura e la vergogna di coloro che stavano asserragliati dietro alle finestre. La paura di essere guardati in viso e riconosciuti nella loro malvagia opera di rappresentanti delle aggressioni. Quella paura di chi sa che ha bisogno delle armi e della violenza per poter stare seduto in quel posto. La paura di chi non concepisce una vita libera e aperta al dialogo. Loro hanno dimostrato la paura di chi è solo e sa di esserlo. La paura di chi teme le manifestazioni che sono veramente per la pace.