Coinvolto il mandamento mafioso di Villagrazia-Santa Maria di Gesù
di Giovanni Burgio
A Palermo l’operazione “Breccia”, lunedì 13 dicembre 2021, ha portato in carcere cinque persone e due ai domiciliari. In questa vicenda giudiziaria su mafia e usura, senza dubbio il ruolo centrale è stato ricoperto dall’imprenditore-faccendiere Giorgio Girgenti.
Infatti il cinquantenne immobiliarista e intermediario finanziario è il protagonista principale. Affogato dai debiti e annichilito dalle intimidazioni, all’inizio del 2017 decide di denunciare i suoi strozzini mafiosi e inizia a collaborare con i giudici.
La parabola dell’imprenditore
La storia di Girgenti comincia quando il barone Ferdinando La Lumia lo ha nominato procuratore del suo vasto impero immobiliare pignorato. Un patrimonio stimato in circa 46 miliardi delle vecchie lire. Bisognava vendere tutto e al più presto per ricavare quanto più possibile. Girgenti comincia così a muoversi, a trattare e a trafficare, dando luogo a un vorticoso giro di compravendite che ben presto lo travolge e lo consegna anima e corpo alle famiglie mafiose di Villagrazia e Santa Maria di Gesù.
Infatti, dopo diversi affari andati a male, comincia a chiedere soldi in prestito, e da un debito di ottomila euro passa velocemente a doverne restituire ben 60 mila. I soldi, cioè, gli vengono prestati a tassi d’interesse crescenti e spropositati, fino ad arrivare al 2600 per cento.
Ma l’elemento centrale in cui s’imbatte Girgenti riguarda la qualità delle persone a cui chiede il denaro. Innanzitutto Alfredo Giordano, l’ex direttore di sala del Teatro Massimo di Palermo arrestato per mafia nel 2017 e condannato lo scorso novembre.
Questa persona, progressivamente, lo fa cadere nelle grinfie di due degli indagati, Francesco e Gaetano Di Marco, che apparterrebbero alle famiglie mafiose di Villagrazia e Santa Maria di Gesù. Ma poi anche in quelle di Carmelo La Ciura, indicato come reggente della famiglia di Monreale.
L’inferno tra mafia e usura
Quindi, le pressioni, le minacce, gli aut-aut, si fanno sempre più pressanti e violenti. Gli rubano tre macchine, su una di queste una volta gli fanno trovare della benzina con un accendino, un’altra volta una testa di capretto. “Stai attento a tuo figlio” gli dicono, e la vita di Girgenti diventa un inferno continuo. Inoltre è costretto a vendere l’hotel Amarcord di via Mariano Stabile a Palermo e una villa ad Altavilla Milicia. E poi ancora a cedere una caparra di 300mila euro.
In particolare Girgenti confessa di essere stato per un lungo periodo di tempo in balia di Salvatore Fileccia e Gioacchino Meli. Mentre Marco Neri gli avrebbe imposto di sostenere economicamente la famiglia di Carmelo La Ciura mentre questi si trovava in carcere.
Quest’operazione, nata da quella del 2016 denominata “Brasca”, si è avvalsa anche delle dichiarazioni del succitato Alfredo Giordano. Quest’ultimo infatti, una volta arrestato, ha iniziato a parlare con gli inquirenti e ha fornito la sua versione dei fatti.
Le otto misure cautelari dell’operazione “Breccia” scaturiscono proprio dall’intreccio delle notizie date dal Giordano con le denunce fatte dal Girgenti.
Due personaggi ambigui e controversi Giordano e Girgenti. Inizialmente percorrono una via equivoca e tortuosa per fare affari e soldi. Poi, inevitabilmente, rimangono incastrati nelle strette maglie dell’organizzazione mafiosa.