
Siria citta distrutta
Perché della guerra in Siria e dei suoi morti ci si ricorda solo se intervengono, male, Trump e Erdogan? O quando si tocca la Rojava?

L’operazione “Fonte di pace”, condotta in territorio siriano dall’esercito turco contro le milizie curde YPG (parte delle forze di sicurezza della NES, comunemente nota come Rojava), giunge come un temporale che spazza via le nebbie dell’ipocrisia.
Essa mostra chiaramente le contraddizioni intrinseche del modo in cui il conflitto siriano è stato visto dal mondo occidentale, e dall’Italia in particolare.
La prima “grande scoperta” che l’offensiva turca nella Siria nord-orientale (NES) ha permesso di portare alla luce è straordinaria quanto scontata: in Siria c’è una guerra.
Nove anni di guerra in Siria, ricordate?
I grandi mezzi di comunicazione, i talk show di approfondimento e tutto il circo mediatico occidentale a questi annesso, sembrano essersi riaccorti di questo solo con il ritiro statunitense e l’offensiva turca. Cosa che desta qualche perplessità di fronte ad un conflitto che va avanti ininterrottamente da quasi 9 anni e che ha prodotto fra i 370.000 e i 570.000 morti.

in Siria, infatti, si moriva anche prima che Trump desse luce verde alla Turchia di Erdogan per lanciare l’operazione.
Basti pensare, inoltre, tra gli ultimi scampoli di battaglia tra il sedicente Stato islamico e le SDF e i costanti raid russo-governativi contro i ribelli anti-Assad nell’area di Idlib, sotto il cantone di Afrin.
In quella regione – considerata dagli assadisti come “in mano ai fondamentalisti” – si moriva (e si muore) in un modo tutto particolare.
I responsabili della sanità locale, infatti, comunicano all’esercito siriano e agli organismi preposti le coordinate di ospedali, ambulatori e scuole da campo, in modo che raid missilistici e aerei russo-governativi risparmino tali obiettivi concentrandosi sulle postazioni dei ribelli.
Idlib e la Ghouta dimenticate
L’esito, come testimoniano varie fonti fra cui ONU e OMS, è esattamente l’opposto: strutture sanitarie e scolastiche vengono sistematicamente prese di mira.
Mohamad Kattoub della Syria-American Medical Society (Sams), intervistato dall’agenzia italiana “Dire”, ha affermato che delle 38 strutture ospedaliere colpite da aprile a luglio del 2019 nell’area di Idlib “14 avevano condiviso le loro coordinate per la prima volta” con le forze di Assad.
Un atto gravissimo ed un palese crimine contro l’umanità, ma anche una notizia che, ripresa da pochissimi media italiani, non ha suscitato un frammento della mobilitazione politica e sociale vista in questi giorni per la campagna turca contro le YPG. Quasi come se esistessero due pesi e due misure, peraltro secondo uno schema già visto…
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