di Gilda Sciortino
È il racconto della storia esemplare di un anonimo professore, che nel 1931 sfidò il regime fascista rifiutandosi di prestare fedeltà al partito. La storia ci dice che giurarono in 1238. Solo in dodici dissero no: e teste che il fascismo tagliò. Uno di questi fu Mario Carrara, medico legale e docente di Antropologia Criminale.
Debutta alle 21 di venerdì 19 gennaio al Teatro Biondo di Palermo “Il giuramento”, spettacolo scritto da Claudio Fava e diretto da Ninni Bruschetta, ispirato proprio alla storia di Carrara, i cui pensieri e gesti portati sulla scena sono gli stessi di tutti coloro i quali ebbero il coraggio di dire “no”, consapevoli di andare incontro a conseguenze pesantissime per le loro vite professionali e personali.
A guidarli, secondo Fava, fu «l’incapacità della menzogna, il rigore illuminista del sapere, la noia per le liturgie del fascismo. Ma anche l’intuizione sul destino del paese, sul modo in cui furbizie e conformismi avrebbero trasformato l’Italia di quegli anni in una terra senza libertà e senza decenza. L’università insegna già a catalogare i segni e i sospetti sulle razze, il sapere è intriso di conformismo, le carriere si fanno con la tessera del partito cucita in tasca, gli studenti indossano le camicie nere anche a lezione. Carrara, no.»
« Del fascismo – continua Fava – ha un ripudio estetico più che ideologico. Gli sembrano ridicole quelle camicie nere inamidate e il pugnaletto ai fianchi dei ragazzi, gli vengono a noia le orazioni patriottiche di certi suoi colleghi, il modo in cui a lezione hanno tutti smarrito il gusto del dubbio. Non gli piace vivere intruppato, travestirsi, esibirsi.»
A portare in scena il testo è Ninni Bruschetta, convinto che il rischio di nuove derive fasciste sia forte ancora oggi. «Ci siamo veramente liberati del fascismo? – si domanda il regista –. Questa storia vera, che Claudio ha riscritto in forma teatrale, è una guida, un insegnamento di coerenza e di rigore che non attiene solo ai casi estremi o addirittura storicizzati come il fascismo, ma è necessario per la vita stessa, perché quando ci pieghiamo alla prepotenza, alla volgarità della violenza in qualsiasi sua forma, siamo già morti. È inutile illudersi che, chiudendo un occhio, cedendo un po’, rinunziando anche solo a una piccola parte della propria libertà, si possa ottenere qualcosa in cambio, perché non c’è commercio di libertà. La libertà e la vita sono la stessa cosa. La si può barattare solo con la morte».
A dare corpo e vita al testo sul palcoscenico dello Stabile di Palermo saranno: David Coco, Stefania Ugomari Di Blas, Antonio Alveario, Simone Luglio, Pietro Casano, Federico Fiorenza, Luca Iacono, Liborio Natali e Alessandro Romano. Le musiche originali sono di Cettina Donato, le scene e costumi di Riccardo Cappello, le luci di Salvo Orlando.
Si replica sino al 28 gennaio: venerdì 19, sabato 20, martedì 23, venerdì 26 e sabato 27 gennaio, ore 21; domenica 21, mercoledì 24, giovedì 25 e domenica 28 gennaio, ore 17.30.
Foto, in copertina e nel testo, di Antonio Parrinello.
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