di Benita Licata
È sempre più difficile parlare di scuola. Troppe cose che vorrei diverse, troppi interessi corporativi, troppi malumori. I ricordi si stagliano nella mia mente e riaffiorano pezzi della mia vita e incontri che mi fanno ancora credere nell’ importanza della scuola in ognuno di noi.
Ho troppo rispetto per la zia Enrichetta, maestra che mi ha allevato a pane, latte, libri e… scuola. Ho troppo rispetto per la elegantissima direttrice Rametta che in una scuola vicina alla Vucciria ci dispensava sorrisi e rigore.
Ho troppo rispetto per la professoressa Massaro Amenta che ci spiegava le scienze pagina per pagina, facendoci prendere appunti ai margini dei libri e che ha condizionato le mie scelte universitarie. Ho troppo rispetto per il preside Pasquale, amatissimo suocero, dall’aria bonacciona ma che sapeva dialogare con i piccoli e parlare di storia come se fosse vissuto in quell’epoca storica e di geografia come se quei paesi che descriveva li avesse visitati davvero.
Ho troppo rispetto per Franco, compagno di scuola, amico, fidanzato, marito e collega amatissimo e rispettatissimo dai suoi allievi che a me, “bollata” Benita, mi ha fatto crescere “a sinistra”. Ho troppo rispetto per Poldo, compagno meraviglioso di tante battaglie sindacali e collega stimatissimo col quale ci siamo inventati una rete “Noce -Zen” coinvolgendo nei quartieri difficili in cui operavamo tante mamme e tanti bambini in attività extra scolastiche.
Ho troppo rispetto per Mario, provveditore illuminato e lungimirante che aveva anticipato nei fatti quello che poi, alcune riforme, avrebbero previsto, come l’autonomia scolastica. Ho troppo rispetto per Alessandra, grande donna che amava la politica e, ancor più, la scuola, che partecipava il più possibile alle performance finali delle scuole e credeva profondamente nella importanza dell’integrazione dei più deboli, degli stranieri attraverso la scuola.
Ho troppo rispetto per i tanti operatori scolastici incontrati, veri professionisti, pronti ad aiutare i ragazzi più difficili. Penso a Barbara, Rita, Giovanna, Mariella … Penso che tutti questi, uomini e donne di scuola, se fossero ancora qui con noi assisterebbero sconcertati a questo momento difficile che la scuola sta attraversando, dove quasi tutti appaiono scontenti e dove molti dei problemi riscontrati pare non trovino ancora soluzione. Vorrei ricordare a me stessa l’iter della riforma:
Uno. A settembre 2014 parte l’iter della “Buona Scuola” e iniziano gli incontri i dibattiti. Ma quelli che vanno in giro forse non riescono a spiegare a tutti e a fondo il senso e la portata della riforma. Purtroppo molti millantano spesso autorevolezza per apportare improbabili cambiamenti. E chi ascoltava, ascoltava spesso indifferente, passivo, come spesso accade nel collegio dei docenti.
Due. Arriva la consultazione on-line, non si è saputo a quanti sia piaciuta questa buona scuola e a quanti no. Io penso, forse con cattiveria, che i più si sono limitati ad un aspetto: quello che li toccava più da vicino. Tranne chi ha bocciato tutto e ha gettato l’acqua sporca con il bambino. Dichiarando la buona scuola “cattiva” e incostituzionale (?) come se le leggi che governano prima la scuola fossero tutte buone (penso ai tagli della riforma della Gelmini le cui conseguenze pesano ancora sulla pelle degli operatori scolastici).
Tre. Calano come cavallette i sindacati, ognuno perorando cause le più disparate (GM, GAE, TFA, Precari X, Precari Y, Chi, Come, Quando) ma si uniscono nella protesta contro un governo, che non sembra palesemente interessarsi a loro.
Quattro. Si sveglia la categoria, vestiti neri, lumini, palloncini, boicottaggi delle prove Invalsi (ma che ci azzecca?). I giornali, online e non, ci marciano per campare e scrivono, scrivono, spesso non capendo nulla di ciò di cui stanno parlando…
I punti più criticati sono il preside “sceriffo”, “la valutazione”. Nessuno che cerchi di avere una visione complessiva dei temi e degli eventuali veri problemi di applicazione della legge.
Alcuni dirigenti ringalluzziscono pensando che ora possono licenziare (e qualcuno ci crede!).
Alcuni dirigenti si spaventano per l’inaspettata responsabilità cui non sono preparati. Alcuni si trasformano in rivoluzionari, partecipano alle manifestazioni e non si preparano seriamente a quello che dovranno affrontare a legge approvata. Per fortuna non tutti.
Cinque. E gli alunni? Più o meno pompati si associano, poi finisce la scuola e… tutti al mare!
Sei. Il Maxiemendamento arriva al Senato dopo una battaglia politica senza precedenti, a mio avviso c’è troppa fretta, penso che in commissione si siano dati troppi contentini, forse la prima stesura era migliore ma la fretta e la “politica” non aiuta…
Sette. Il maxi emendamento passa con la fiducia a larga maggioranza, mi chiedo: è possibile sulla scuola una battaglia per schieramenti pro e contro governo Renzi? È possibile che questa riforma piaccia solo ai “renziani”? A quanto pare si… purtroppo!
Otto. La Buona Scuola viene approvata alla Camera ora è legge. La legge è Legge! Va applicata. Arriveranno anche i decreti attuativi, ma prima saranno fatte le assunzioni, un numero di assunzioni enorme ma con un meccanismo farraginoso, che creerà disparità, malumori, problemi, anche per diverse decisioni e tempi tra le varie USR e situazione degli organici nelle varie provincie.
Una realtà appare subito evidente: i posti numerosi sono al Nord e i precari, numerosi, sono al Sud.
Chi fa domanda rischia la nomina… dove c’è posto. E si grida alla “deportazione”. Insultando chi, nella storia, è stato realmente deportato.
Adesso. Si spengono i lumini, volano i palloncini, la scuola è finita, settembre è di nuovo vicino e le idee sono per lo più confuse. Qualcuno dice che la battaglia continua (?), qualcuno è rassegnato, qualcuno spera nel miracolo.
È passato un anno ma le possibili soluzioni, soprattutto per le scuole siciliane, come il tempo pieno, il tempo prolungato, non sono state prese in considerazione dai politici locali.
I ragazzi ora andranno al mare, torneranno a scuola e troveranno i problemi di sempre.
Nessuno delle persone che ho nominato può tornare. Peccato. Ma chi è sul campo può provare. Non è difficile, basta volerlo.
La foto in copertina e le prime due nel testo sono di Giulio Azzarello. Tutti i diritti riservato.