
di Daniele Billitteri
Ci sono momenti in cui il cuore dovrebbe avere il governo della testa perché a fare il contrario si è razionali ma non necessariamente nel giusto. Un uomo giovane perde la moglie in un incidente stradale. Autore del sinistro (ma perché si chiamano così?) un ragazzino fresco di patente e non molto amante, a quanto pare, dei semafori rossi.

Il ragazzo viene accusato di omicidio stradale e sette mesi dopo, cioè ieri, arriva il giorno del processo. Ma non arriva l’imputato perché viene ammazzato con quattro colpi di pistola davanti a un bar. Poi arriva una telefonata ai carabinieri e l’uomo giovane fa sapere di essere l’autore dell’omicidio. Ma prima di costituirsi va al cimitero e lascia la pistola sulla tomba della moglie.
Naturalmente si mette subito in movimento la girandola dei luoghi comuni, un’altra “tragedia automatica”: quello lì si è sostituito alla giustizia. No, si è sostituito a Dio perché la giustizia prometteva, al massimo, un po’ di anni di galera. E poi: colpa della giustizia lenta, colpa della mancanza di certezza della pena che è uno dei principi cardine della giustizia penale. Ma il ragazzo, poi, era davvero passato col rosso? O era giallo? E la ragazza il casco lo aveva? Andava veloce? Eccolo lì il popolo che, a seconda delle circostanze, è allenatore della Nazionale, Amministratore del condominio, o, come in questo caso, avvocato.
Una immane tragedia. Ma proprio grande. Non sappiamo niente dei suoi personaggi perché nessuno ci ha raccontato. Sappiamo quello che c’è scritto nelle carte. Sappiamo ciò che ognuno di loro ha fatto ma non “chi sono”. La persona resta sullo sfondo della notizia ma, paradossalmente, poi sappiamo quanti peli nel culo ha Justin Bieber o la misura del reggiseno di Arisa. Delle “olgettine” sappiamo vita morte e miracoli, dal certificato di nascita agli estratti conto con le “donazioni” del Benefattore.
Di questi qui invece non sappiano nulla. Non sappiamo, anche se lo sospettiamo, quando grande fosse l’amore dentro quella coppia, quanto una morte possa essere riuscita a far diventare mortale una mancanza. Possiamo solo sospettare quel marito che non riesce a elaborare il suo dolore.

Al punto che gli riesce insopportabile pensare che il responsabile di esso possa passare per la cruna dell’ago della giustizia. E se trova chiusa la porta del ribollire della sua pena infinita, trova spalancata quella della scorciatoia. E in questo ritiene di potere agire anche nel nome della vittima. E’ andata così? E se ad essere insopportabile non sia stata la perdita dell’amore ma quella del possesso? Le cronache del femminicidio sono piene di assassini in nome dell’amore. E’ andata così?
Non le sapremo queste cose. Ma se fossi il padre del ragazzo morto oggi mi sentirei molto solo perché mio figlio sarebbe morto colpevole senza attenuanti. E mi sentirei molto solo pure se fossi il padre dell’assassino perché la giustizia di mio figlio è effimera.
Cosa pensano i credenti? Quel ragazzo è appena arrivato ma la nostra religione esclude che egli e la sua vittima “stradale” si trovino nello stesso posto. Il sentire popolare vuole che la ragazza sia domiciliata in paradiso e il ragazzo, ben che vada, in purgatorio. Quando sarà (e lì c’è tempo) forse si incontreranno e piangeranno insieme per le occasioni perdute durante una vita troppo breve. Forse si abbracceranno nel perdono. O forse no perché dice che in vita il ragazzo ucciso il perdono non l’ha mai chiesto.
Come vedete, nulla è facile nelle storie degli uomini. Ma non abbiamo tempo da perdere. Così semplifichiamo: povero vedovo, ma non ci si fa giustizia da soli. Povero ragazzo, ma che giustizia lenta, incapace di punirlo rapidamente con un paio di anni di carcere con le attenuanti e magari un giudizio in separata serie per un possibile malfunzionamento del semaforo. Tra tre giorni non ne parlerà più nessuno.
Poveri tutti. Ma anche poveri noi che siamo diventati incapaci di pensare col cuore che può diventare il turbocompressore del cervello. Invece ci accontentiamo di togliere le impurità dall’olio bollente con la schiumarola, in superficie. Pronti a friggere un’altra panella.
Immagine di copertina: Maschera di Dionisio. Tratta da Wikipedia. Di Marie-Lan Nguyen – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=474079
Immagine del busto di Sofocle (musei capitolini). Tratta da wikipedia. Di Marie-Lan Nguyen (2006), Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1227904