
di Daniele Billitteri
Sinnacollando può essere soddisfatto della sua capacità di essere flessibile. Palermo capitale planetaria della Cultura non poté essere a motivo del fatto che non c’è il concorso relativo. Purtroppamente a quello di Capitale Europea abbocciò ma ora finalmente ci riuscì e Palermo sarà la capitale italiana della cultura nel 2018. Prima di noi: Cagliari, Ravenna, Perugia, Siena, Mantova e Pistoia (attuale “titolare” per il 2017).

La capitale nazionale della cultura viene nominata di anno in anno dal Ministero dei Beni Culturali sulla base delle indicazioni di una commissione di esperti nominata dallo stesso ministero. La commissione valuta progetti e sceglie quello migliore sia per i valori di fondo sia per le iniziative proposte. Alla città vincitrice va un milione di euro stanziati dal ministero e l’esclusione dal Patto di Stabilità per tutto ciò che viene investito nella realizzazione del progetto. Vuol dire che queste spese non partecipano alla formazione del “confine di spesa” previsto dal Patto.
Se pensiamo che Roma è stata definita Mafia Capitale e Palermo – che della mafia è stata davvero caput mundi – si appresta a diventare Cultura Capitale, Sindacollando ha ragione di essere soddisfatto anche per la coincidenza della decisione con le prime mosse della campagna elettorale per le Comunali che lo vede in corsa per la riconferma. Vabbe’, adesso non apprechiamoci al pelo.
Il progetto prevede la realizzazione di una piattaforma telematica dedicata ai beni culturali e uno sviluppo delle iniziative per ”poli”: quello teatrale, quello espositivo, quello archivistico-bibliotecario. Palermo, nel 2017 è anche Capitale Italiana dei Giovani e nel 2018 ospiterà la Biennale di arte contemporanea “Manifesta12”.
Non sono tra quelli che hanno la puzza sotto il naso, non sospetto per partito preso, non crocifiggo le intenzioni. Ma qualche ragionamento, forse, può risultare utile.

La gestione delle istituzioni culturali ha tutta l’aria di essere faticosa e, finora, ha fatto di Palermo una periferia culturale. Altro che Capitale. Non dimentichiamo la chiusura ventennale del teatro Massimo, i cartelloni “poveri” del Biondo (poveri nel senso della scarsezza delle risorse). A Palermo chiudono le librerie, i teatri sono in difficoltà e non sempre appare trasparente il sistema dell’investimento di risorse pubbliche nella teatralità privata.
La musica non sta messa meglio. L’orchestra sinfonica ha vissuto tra luci ed ombre, il Brass Club è stato in coma per molti anni costringendo il suo fondatore Ignazio Garsia a incatenarsi ai cancelli della Villa Giulia con tutto il pianoforte a coda. I grandi concerti pop e rock coi grandi nomi della musica internazionale difficilmente passano da Palermo.
Forse scontiamo il fatto, per dirne una, che l’intero apparato politico della città (e certamente non solo la parte che governa) mostra un certo ritardo. Il dibattito politico preferisce i temi dell’intrallazzo, della polemica di potere, della guerra per bande.
Ma se è vero che “l’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita”, triste appare il destino che è toccato alla copiosa e straordinaria arte che promana pure dalle balate. Il popolo, infatti, non appare molto rinnovato e il “gap” civile con altre città di questo Paese certe volte appare incolmabile. Colpa degli amministratori, certo. Colpa della insufficienza delle risorse, certo. Colpa del sistema clientelare, certo. Colpa di una politica di basso profilo, certo.

Ma tutte queste cose le facciamo noi. Noi cittadini. Noi palermitani. Non è il Comando dei Vigili Urbani che lascia le auto in doppia e tripla fila o sui marciapiedi. Siamo noi. E gli autobus ritardano perché questo sistema selvaggio li rallenta. E non sono forse molti di noi che intrallazzano per avere i permessi H per potere posteggiare e circolare senza diritto nei luoghi riservati ai veri disabili? E siamo sempre noi ad alimentare il moto perpetuo dell’abusivismo col “billino” di pochi euro costruito su tutte le spiagge disponibili. E siamo noi a sporcare: coi cani, con i rifiuti “conferiti” a tutte le ore. Senza nulla togliere alle cattive gestioni e alle angustie delle municipalizzate.
A Palermo non manca la cultura né l’arte. E non mancano né i colti né gli artisti. Sappia la città sostituire alla miope politica dei contributi, quella delle infrastrutture fruibili dove l’arte e la cultura possano vivere di pubblico (pagante). Abbiamo strutture che altrove sarebbero miniere d’oro. I Cantieri Culturali della Zisa, la ex Chimica Arenella per dirne due.
Forse nell’Altrove che tutti sogniamo una pubblica amministrazione che pensa al futuro, alla crescita, all’innovazione e all’integrazione culturale, avrebbe lanciato l’idea di una partnership tra pubblico a privato nel tentativo di liberarsi del “cappiddazzu” o (peggio) della coppola. Perché al futuro si possa guardare a testa scoperta. Adesso arriva questo riconoscimento.
E noi? Noi speriamo che ce la caviamo.
La foto di copertina (Leoluca Orlando) è uno zoom di una foto di Anna Fici. La prima nel testo che ritrae una donna di Ballarò, Palermo, negli anni ’90, è di Anna Fici. La foto del panorama di Palermo è di Gabriele Bonafede. La foto del Teatro Massimo è di Igor Petyx.
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