di Gabriele Bonafede
Nell’incipit vedi i pupi che prendono vita. Orlando si muove come i pupi della tradizione siciliana ma in carne e ossa. Li immagini tutti lì con lui: da Bradamante a Rinaldo, da Ruggero a Ferraù, da Angelica a Gano di Magonza.
Ma lo spettacolo non è solo questo. È molto di più. Lo si capisce quando esplode la pazzia del Conte Orlando, la pazzia dell’umanità. Orlando subisce un vero e proprio crash nel suo cervello immaginario da computer del XXI secolo. E lo spettacolo decolla. Vola prima ancora che si presenti Carlomagno in persona e si libri nell’aria l’Ippogrifo alato in cerca del senno umano perso sulla Luna.
Astolfo 13 va decisamente sulla Luna
Astolfo va decisamente sulla Luna: calcando la terra, passeggiando il cielo in versi e tuoni. Perché non è uno spettacolo solamente imperniato sui pupi umani, sull’umanità di burattini e burattinai. È anche la freschezza della gioventù del XXI secolo edificata su quella dei secoli passati. Una scena che ripropone Ariosto e il precedente medioevo solidificati nell’immateriale incespicare della tecnologia digitale di oggi e del futuro.
Tutto è sviluppato dal mischiarsi di versi rinascimentali e rap, sublimato da luci stroboscopiche e musica-techno, a sua volta accresciuta dalle naturali percussioni a tradizione medievale. E nei momenti topici, si dilata in gesti la lingua siciliana, esaltandola ad appropriato onore commediale.
In Astolfo 13 non c’è soltanto Ariosto, anzi. C’è molta Sicilia, c’è molto mondo, e molta storia e poesia.
Una poesia innovativa che avvolge ritmata, aggiungendo fuoco vivo al ghiaccio digitale, archi alle travi, giorno alla notte, commedia al dramma.
Astolfo 13: un regista già drammaturgo, un autore già poeta, un musicista che crea scena
Insomma, è una vera e propria esplosione dell’ossimoro sublimato in equilibrio dalla regia di un giovanissimo come Federico Pipia. Il quale si rivela maestro di scena tanto quale puparo, quanto drammaturgo e commediografo in una sola pièce.
C’è solo un attore, Giulio Musso, che è già tanti attori in questa sua prima assoluta. Ed è soprattutto potente autore e geniale poeta. Nel suo testo riesce a condensare diversi stili e linguaggi in uno spettacolo molto breve rispetto all’immensa materia trattata, come è l’Orlando furioso dell’Ariosto. Per giunta dilatandolo alla tradizione del cunto siciliano.
In scena c’è anche un musicista, Michele Piccione, che opera dal vivo. E che è pilastro della rappresentazione perché ricrea un mondo, più mondi, di diverse epoche. Con l’aiuto, sempre in scena, dello stesso regista affidato a veri e propri effetti speciali e l’utilizzo di luci stroboscopiche e proiezioni immaginifiche. I due, coadiuvati da Andrea Trona (luci e tecnica del suono) e Francesca Melluso (aiuto regia) realizzano, di fatto, una scenografia a più dimensioni, comprendendo anche quella acustica oltre a quella visiva.
I costumi di Dora Argento
Al gruppo di millennials, si aggiunge una navigata “boomer”, anche lei poetessa. In particolare, poetessa dei costumi da teatro. È Dora Argento, costumista del Teatro Biondo di Palermo che ha deliziato il pubblico italiano in innumerevoli occasioni con i suoi costumi assolutamente sconvolgenti, spesso realizzati con materiale riciclato. Il suo Carlomagno è di una regalità artistica che domina l’immaginario attraverso geniali quanto poetiche creazioni.
Quando Giulio Musso entra in scena con una straordinaria pelle di drago creata da Dora Argento, lo spettacolo trova un apice di grande coinvolgimento. Musso si muove da attore esperto pur essendo autore prestato per la prima volta alla scena, impersonando l’antagonista Rodomonte. E la sua pelle di Drago appare come il peso dell’odio che annulla ogni umanità, prima ancora che i versi ne palesino l’essenza. Anche un pubblico talmente affascinato da non volere interrompere la storia, irrompe invece in irrefrenabile applauso al chiudersi del quadro scenico.
Ma ancora più evocativo è lo stupendo costume dell’Ippogrifo. Riproduce tutta la leggerezza di un volo che spazia sul mondo terreno come su quello celeste. Aiutando l’attore a librarsi come se viaggiasse all’infinito e non solo nella breve distanza cosmica tra terra e Luna.
Non meno suggestiva è la rappresentazione del mago Atlante. Anche lui in una maschera costumista che ingigantisce e trasforma l’attore, è uno dei pilastri di una rappresentazione affascinante. Tanto più che sta al centro tempistico, narrativo e creativo dell’insieme.
Uno spettacolo che è in scena per pochi giorni in periodo natalizio (ancora due repliche oggi 29 dicembre e domani 30), ma merita certamente di essere riproposto in più repliche quanto prima.
Sicilia di Scena al Teatro Montevergini di Palermo
Con Astolfo 13 si è aperta la seconda edizione della rassegna del Teatro Biondo di Palermo “Sicilia di scena”, che mostra gli spettacoli vincitori del bando riservato alle nuove realtà teatrali del territorio. Ma soprattutto ripropone in vita il Teatro Montevergini. Decisamente, il successo di Astolfo 13 apre questa nuova rassegna con i migliori auspici per il teatro palermitano.
Tanto più che le nuove realtà, la Palermo teatrale più giovane, dimostra di avere le carte in regola per attrarre un pubblico senior come un pubblico giovane. Con questo primo spettacolo sembra che ci siano tutti gli ingredienti per un coinvolgimento intergenerazionale che tolga veramente la polvere dalla scena, in senso fisico e in senso figurato – e teatrale, naturalmente.
Astolfo 13
Per la rassegna Sicilia di Scena
Progetto di Giulio Musso e Federico Pipia
Testo Giulio Musso
Musiche, regia, elettronica dal vivo, sound design e video scenografie Federico Pipia
Percussioni, gaita, lira, liuto dal vivo Michele Piccione
Con Giulio Musso
Costumi Dora Argento
Tecnica del suono, luci Andrea Trona
Aiuto regia Francesca Melluso
Si ringrazia per lo sviluppo dell’ambiente esecutivo video Giovanni Magaglio
Produzione Teatro Biondo Palermo.