
di Maria Teresa de Sanctis
Ripercorrere la propria vita, rivivendo quel che l’anima esige se ne racconti, esplorandone i momenti più significativi, ricordando quelle persone senza le quali sicuramente altre pagine sarebbero state scritte nel libro della propria esistenza. E tutto questo attraverso una conversazione con un giudice integerrimo, il proprio io.
Questa l’originale idea intorno alla quale si sviluppa il film “Prima danza, poi pensa – alla ricerca di Samuel Beckett” (titolo originale “Dance first, think later”) del regista James Marsh, con Gabriel Byrne, Sandrine Bonnaire, Maxine Peake, Aidan Gillen, Bronagh Gallagher, film del 2023.
È bene precisare che non si tratta di un’analisi critica e letteraria dello scrittore irlandese. Né se ne vuole spiegare la genialità. Bensì è il racconto di una vita, o meglio il racconto di un uomo che rivede tutta la sua esistenza. E con essa, con un inevitabile senno di poi, vede i suoi rimpianti, i suoi sensi di colpa e tutto quello che può venir fuori da una traboccante anima in pena (forse esageratamente).
Prima danza…
Lo scrittore Samuel Beckett, all’apice del successo e mentre viene insignito del premio Nobel per la letteratura, scappa dagli inevitabili fasti celebrativi del momento, per ritrovarsi a tu per tu col proprio io. Non sarà di certo un facile incontro, senza dubbio più oneroso del sottostare alle etichette di ufficialità, inevitabili pene da sopportare in cerimonie di tal fatta.

Questo l’incipit del film che si rivela essere elegante e raffinato, con ottimi interpreti e arricchito da una pertinente colonna sonora. Partendo dall’ostico rapporto con la madre, lo scrittore, insieme al suo doppio, prende in analisi quei rapporti per lui fondamentali e cioè l’amico carissimo, la moglie e l’amante, offrendosi allo spettatore con i propri sensi di colpa, rimpianti e debolezze.
Non è tanto il racconto della vita di uno scrittore geniale, bensì la storia di un uomo dalla vita ricca e piena. Questa d’altronde sembra essere la caratteristica del regista, l’inglese James Marsh: raccontare l’uomo che si cela dietro la persona nota. Come testimoniano alcuni suoi precedenti lavori. Ad esempio nel documentario “Man on wire”, sull’impresa del funambolo Philippe Petit che nel 1974 camminò in equilibrio su un cavo metallico teso tra le Torri Gemelle del World Trade Center, premio oscar per la sua categoria nel 2009. Troviamo l’uomo dietro il genio anche in “La teoria del tutto”, realizzato da Marsh nel 2014 sullo scienziato Stephen Hawking.
Un’ultima notazione: il titolo del film è una battuta tratta dalla nota opera teatrale di Beckett “Aspettando Godot”.
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