di Gabriele Bonafede
In un mondo tribale come il calcio non era difficile aspettarsi una guerra tra tribù di quelle da film sulla preistoria. La guerra del calcio nella super-preistoria sportiva del XXI secolo è iniziata da un pezzo. Non è più uno sport da molti anni. È uno dei business più corrotti, antisportivi, iniqui, infiltrati dalla malavita, al mondo. Uno sport dove interi campionati, partite, risultati, sono decisi da chi è più furbo e soprattutto da chi ha più soldi.
È lo sport più seguito al mondo, ma è anche il peggiore ambiente al mondo: quello delle tribù che non esitano a utilizzare colpi bassi e vergogne di ogni tipo per andare avanti.
La “Superlega” è il logico traguardo di tutto questo. Una decisione ignominiosa per lo sport, ma anche per la decenza. Talmente ignominiosa da avere risvegliato la coscienza comune delle tribù di tifosi.
Persino quelle che seguono gli sciagurati club che hanno formato la Superlega se ne sono dissociati in massa. La Fifa, la Uefa e le varie leghe di calcio europee – tutte organizzazioni che certo non brillano per trasparenza e correttezza – si sono anch’esse schierate contro. Minacciano guerra: la guerra del calcio.
I grandi club europei, veri dominatori di tutto questo schifo, ne escono al momento ridimensionati. Si spera che siano cacciati via, ma non è detto che perdano la partita. Ne sono comunque gli arbitri, come lo sono delle loro stesse partite e dei loro stessi campionati. E lo sono da tempo.
Tuttavia, lo sport potrebbe vincere questa guerra del calcio, pur combattendola con le pietre e i bastoni anziché con i miliardi. Dovrebbe, innanzitutto, espellere immediatamente questi club dai propri campionati ritirando il titolo calcistico e mettendolo all’asta, come fatto per molti club minori quando hanno “peccato” per molto meno. In questo modo, i tifosi seguiranno i club calcistici storici e non questo obbrobrio che esiste adesso. Relegandoli così nel loro ghetto della super-preistoria.
Solo così si libererebbe delle principali forze che hanno ridotto il calcio da sport a vergogna. E potrebbe così iniziare una rifondazione basata sui valori sportivi.