Un calcio al terrorismo russo attraverso il calcio, gli inni nazionali, la musica e la storia
di Umberto Boccia
Amo il calcio, ma fatta questa premessa voglio subito puntualizzare che non sarà un articolo su questo sport, lo utilizzerò inizialmente soltanto come metafora.
Amo il calcio, quello pulito non quello dei soldoni degli sponsor dei giorni nostri. Lo seguo con interesse perché se, applicato il regolamento e rispettato da tutti i partecipanti, è uno sport di squadra dove intelligenza, tattica, preparazione atletica e tutta una serie di vari componenti permettono il successo. Tutti gli sport sono belli, ma io sin da bambino sono appassionato a questo per svariati motivi.
Calcio e inni, un modo per riconoscere la storia di città e nazioni
Ed è attraverso e grazie al calcio che ho seguito il Milan da ragazzino. Grazie al Milan che giocava in Europa, e alla nazionale italiana, imparavo nomi di città, Stati, capitali. Associavo squadra a città, città a nazione. Fortunatamente quando avevo dieci/dodici anni il mio Milan era fortissimo e girava l’Europa. Erano gli anni Novanta.
Proprio l’11 marzo 1990 la Lituania aveva dichiarato la propria indipendenza. La seguirono, nel corso del 1991, prima le repubbliche baltiche e poi le altre repubbliche ex-sovietiche:
- 9 aprile – Georgia
- 20 agosto – Estonia
- 21 agosto – Lettonia
- 24 agosto – Ucraina
- 25 agosto – Bielorussia
- 27 agosto – Moldavia
- 30 agosto – Azerbaigian
- 31 agosto – Kirghizistan
- 1º settembre – Uzbekistan
- 9 settembre – Tagikistan
- 21 settembre – Armenia
- 18 ottobre – Azerbaigian
- 27 ottobre – Turkmenistan
- 12 dicembre – Russia
- 16 dicembre – Kazakistan
La cortina di ferro si sgretolava e tutti questi Stati sopra citati tornavano ad essere finalmente e di nuovo liberi, dopo quasi un secolo di regime dittatoriale comunista sovietico.
E con la libertà veniva messa da parte la bandiera rossa dell’URSS che di fatto dominava queste nazioni. Finalmente tutti questi Paesi tornavano a sventolare le bandiere colorate di Stati indipendenti e sovrani.
Lingue e bandiere dei paesi che erano oppressi dall’Unione Sovietica
Tornavano a suonare gli inni nazionali cantati nella loro lingua madre. Qualcuno dirà “ma parlano la stessa lingua, il russo”: No. Non è così. Ognuno di questi Paesi ha una propria lingua. Basti pensare ad esempio che una semplice parola, “grazie”, in russo si dice “spassiba”, in ucraino “dyakuyu”, in lettone “paldies”, in azero “cox sağ ole” e chissà come si dirà in kazako o in georgiano… non lo so, ma sicuramente non sarà “spassiba”.
E se si parla russo da quelle parti è perché glielo hanno imposto per 80 anni o più. Facciamo chiarezza e smettiamola con questa parola “russofono” creata ad hoc dal Cremlino e usata dalla propaganda filorussa.
Qual è il nesso con il calcio? Ebbene molti in Italia non lo amano però seguono la nazionale di calcio italiana. E quando vince scendono in piazza a festeggiare.
Bandiere, lingue e inni delle nazioni che erano prima dominate dalla Russia esistevano ben prima del 1990. Non sono invenzioni della UEFA o della FIFA, i massimi ordini federali calcistici. C’erano già. Sono stati aboliti con la sottomissione armata ed imposta dalla Russia, in alcuni casi nei secoli passati, oppure dal 1917-1923 e in altri casi a partire dal 1945. E poi, con la liberazione dal giogo russo negli anni ’90 del secolo scorso, sono tornati più forti e vivi che mai con la ritrovata indipendenza.
Il caso della Georgia: l’inno che proviene da un’opera lirica quasi sconosciuta in Italia
Nel caso della Georgia, questo senso di indipendenza, è ancora maggiore se possibile. Tanto da avere cambiato l’inno nazionale nel 2004 adottando un’aria, la Tavisupleba, dell’opera lirica georgiana più importante, scritta da Zakaria Paliashvili: Abesalom da Eteri. Un’opera praticamente sconosciuta in Italia, tranne tra gli appassionati di lirica.
E, guarda il caso e la combinazione, la voce del compositore georgiano su Wikipedia non c’è in lingua italiana… chissà perché. Qui la voce su Wikipedia in inglese. E non dite che non capite l’inglese, perché un qualsiasi traduttore online lo sanno usare anche i ragazzini.
Un cambiamento dell’inno georgiano che segnò un passaggio fondamentale della storia della Georgia. Quello della Rivoluzione delle Rose che cacciò definitivamente l’influenza politica russa sulla Georgia. Vero motivo per il quale, nel 2008, parte della Georgia fu invasa dalle forze armate della Federazione Russa che, anche lì, commise orribili crimini contro l’umanità.
Calcio e inni: il Tricolore italiano e la lotta contro Austria e ancien régime
Questo è solo il caso della storia dell’inno georgiano. Ma sono tutti Paesi che hanno storie simili. Quando l’Italia gioca con una di quelle squadre l’inno avversario non è roba recente inventata per l’occasione.
Anzi, l’inno di questi paesi, come d’altronde quello dell’Italia, è spesso il concentrato di una dolorosa storia di lotta per l’indipendenza dall’ancien régime e dal Paese imperialista di turno. Per noi era l’Austria, per loro era la Russia, per altro alleata sistematicamente con l’Austria che ci opprimeva quando l’Italia era divisa in stati regionali.
Anche la bandiera c’era già, a volte ben prima di quando fu inventato il nostro Tricolore, ideato sul modello del Tricolore della Francia. Francia che, non dimentichiamolo, fu la nazione che ci aiutò in maniera determinante a scacciare austriaci e russi oppressori dall’Italia all’inizio dell’Ottocento.
I francesi, infatti, combatterono la seconda campagna d’Italia contro le armate austriache che spadroneggiavano nella Pianura Padana. Gli Asburgo erano infatti stati aiutati dalle armate russe a restaurare il dominio austriaco sull’Italia.
Pochi lo sanno, ma l’Italia lottò contro l’Impero russo
Pochi lo sanno e i putinisti di oggi si arrampicheranno sugli specchi per negarlo, ma così è. Così come pochi italiani, soprattutto se putinisti, ricorderanno che l’Italia fu fatta grazie all’aiuto di potenze occidentali come Francia e Gran Bretagna.
Soprattutto a partire dalla Guerra di Crimea di metà Ottocento in cui combattemmo al loro fianco per cacciare dalla Crimea l’imperialismo russo. Per carità, inglesi e francesi avevano i loro interessi. Ma evidentemente i loro interessi coincidevano con i nostri, al contrario degli interessi russi o austriaci che sono stati storicamente contrari a quelli italiani per decenni se non secoli.
Tutto ciò, in un Paese privo di memoria come è diventata l’Italia, va specificato doverosamente. Perché ho letto e sentito tanta, ma tanta, ignoranza al riguardo. Tanta ignoranza che c’è da rabbrividire.
Roba da dire, ma veramente pensate che gli inni delle nazioni ex-sovietiche siano stati creati dal nulla e solamente dal 1990 in avanti? Veramente non conoscete la storia di questi paesi e persino la storia dell’indipendenza italiana? Nemmeno le basi. Nemmeno gli inni. Nemmeno la storia della nostra bandiera italiana, del nostro inno, e la nostra storia italiana. Nulla.
Calcio e inni: le repubbliche “ex-sovietiche” e la loro lotta per la sopravvivenza
Le nazioni comunemente chiamate “ex-sovietiche” esistevano da tempo e hanno tutte subito la prepotenza e l’imperialismo russo per decenni, per secoli. Riuscendo, nonostante la protervia e le persecuzioni dei russi, a mantenere viva la propria storia, la propria lingua, cultura, folklore, architettura, arte, musica….
Riuscendo a mantenere una identità culturale e storica che l’Unione Sovietica ha tentato per decenni di cancellare con metodi brutali: bruciando libri, deportando e uccidendo gli intellettuali, vietando lingua e musica locali, minacciando, derubando.
Eppure, anche con il solo calcio è facile vedere la realtà. Basta ascoltare gli inni e avere cura di capire da dove provengano. Da quale dolorosa storia di lotta per sopravvivere provengono.
Calcio sport del popolo, della massa. Il calcio e gli inni, conosciuti da tutti. Il calcio che, purtroppo per noi, ma lo dicono statistiche, tabelle europee e mondiali, ci vedono fanalino di coda. Così come nell’istruzione: siamo un popolo evidentemente ignorante. Calcio sport di massa, per gli ignoranti e quindi il messaggio è anche per loro. Una carezza, un gesto caritatevole, lo ripeto. Quando l’Italia gioca con una di quelle squadre della lista sopra l’inno avversario non è roba recente inventata per l’occasione. Anche la bandiera c’era già.
E adesso la brutale invasione dell’Ucraina
E adesso? La Russia ha tentato di invadere brutalmente l’Ucraina. Vuole ancora invadere l’Ucraina commettendo crimini ogni giorno. E parlano già sulle loro tv di nazismo anche in Kazakistan, la Moldova, che è a un tiro di schioppo.
Vogliamo davvero che torni questo incubo?
Il calcio non è uno sport, il calcio è una metafora. Va dato un bel calcio a questo regime di terrorismo, morte e distruzione che è la Russia di oggi.
La Russia di oggi non libera nessuno. La Russia fa questa guerra solo per interessi economici e imperialistici. La Russia, nelle stesse parole di Putin, sta tentando di restaurare brutalmente l’ancien régime dell’imperialismo russo stile-Ottocento, persino del Settecento. Non a caso, Putin in molti suoi discorsi si richiama alla Russia degli zar sette-ottocenteschi, oltre che a quella di Stalin. Raccogliendo, evidentemente, il sostegno di chi preferisce le brutali dittature alla libertà delle democrazie occidentali, simboleggiate anche da calcio e inni.
In copertina, lo stadio Kyiv. Foto di Maksym Tymchyk 🇺🇦 su Unsplash
Nel testo, la bandiera della Georgia sulla Fortezza di Rabati. Foto di Timur Kozmenko su Unsplash.