di Gabriele Bonafede
È vero, l’Italia è in una crisi da pandemia senza precedenti. Ma è fin troppo facile dare tutta la colpa della situazione alla pandemia. L’Italia è in una crisi strutturale e non soltanto politica. Lo è certamente da un pezzo, per lo meno dai tempi di Berlusconi.
Ma la crisi si è aggravata e complicata negli ultimi dieci anni in maniera drammatica, tragica e infine luttuosa. L’ecatombe causata dalla pandemia, nelle sue dimensioni e peculiarità italiane, non è che uno dei tanti effetti di questa crisi che coinvolge tutti i settori del sistema-Italia.
Italia primo paese occidentale colpito dalla pandemia. Non è un’attenuante ma un’aggravante
Una crisi strutturale, o di sistema, che ha certamente aggravato la pandemia. Lo si vede per come è stata affrontata a partire da settimane di negazionismo efferato tra gennaio e marzo del 2020. Due mesi nei quali non sono state nemmeno accumulate le mascherine e i disinfettanti. Due mesi nei quali chi avvertiva del pericolo veniva tacciato di allarmismo.
Tutto il sistema Italia, dalla politica ai tecnici, dai media ai filosofi, ha minimizzato il problema della pandemia e lo ha persino negato per due lunghi e cruciali mesi. Ancora oggi, continua a farla da padrone la sciagurata idea che l’Italia sia stata colpita per prima in maniera fulminante dalla pandemia per un tragico gioco del destino. Non è così. Semmai essere stati colpiti per primi tra i paesi occidentali è un’aggravante e una ulteriore prova di un paese in crisi strutturale.
Successivamente si è visto di peggio. Dai banchi a rotelle alla chiusura delle scuole con totale impreparazione dei sistemi didattici. Dalla mancanza di tamponi a un piano di vaccinazione impresentabile.
Italia in crisi strutturale da un pezzo
Una crisi strutturale che parte da lontano, dalla scuola e dal sistema di formazione fino alle università. Il sistema dell’istruzione italiano non è stato in grado di produrre cittadini con un livello culturale di minima sopravvivenza. Non a caso una larga maggioranza della popolazione non è in grado di discernere tra notizie vere e bufale: non ha gli strumenti conoscitivi e culturali per farlo.
Con un sistema dell’istruzione così allo sbando, da quella primaria a quella superiore e universitaria, il sistema culturale italiano è ridotto al grottesco. Si pubblicano libri revisionisti e pieni di bufale a go-go. La storia e la geografia di base sono praticamente sconosciute a una larga fetta degli italiani che le scopre, se è il caso, in TV e non a scuola.
La cultura è ridotta a spettacolo di mero divertimento o peggio ad un’autocelebrazione sovranista che ricorda da vicino le esternazioni “culturali” degli anni bui dominati da dittature in quasi tutta l’Europa. Basti pensare che i libri e i programmi più venduti e apprezzati in Italia sono i gialli. Dove, inevitabilmente, il poliziotto o l’investigatore di turno diventa l’eroe assoluto. Facendo rifugiare il lettore in una rassicurante panacea di giustizia tanto personale quanto perfetta e immaginaria. Laddove la giustizia, come in tutte le attività umane, è inevitabilmente imperfetta nel mondo reale per quanto auspicabile, necessaria e benvenuta.
Va ovviamente molto peggio per materie e ambiti più scientifici e complessi a partire dall’economia e le scienze sociali.
Informazione, media e TV esprimono il peggio
Un altro pilastro della società contemporanea, l’informazione, è in una crisi persino peggiore dell’istruzione. I media italiani sono infestati di bufale, manipolazioni, asservimento al potere a un livello forse mai visto. Lottizzati, concentrati in poche mani, dove una TV pubblica e privata di infimo livello la fa da padrone.
L’Italia continua ad essere un paese dove la TV conta molto ed è capace di creare opinioni di massa. E lo fa senza criterio, spudoratamente, con trasmissioni pilotate e programmi-spazzatura dei più penosi e invalidanti. Poca, pochissima TV si salva. A questo si aggiungono social e internet anch’essi infestati del peggio.
La crisi strutturale non risparmia ovviamente il settore giudiziario, l’economia, la filosofia, la sanità, la famiglia, di qualunque forma e sostanza sia essa e, infine, il vivere civile. È una crisi sociale che si addentra nella psicologia dei singoli come in quella collettiva, dalle più alte sfere istituzionali al più marginale dei nuclei familiari periferici.
Crisi politica e di governo specchio della crisi strutturale
In ultimo, la nostra Italia è in crisi strutturale nell’ambito della politica. La cosa non può stupire, vista una crisi strutturale così pervasiva e invalidante. Nei dibattiti parlamentari si assiste a spettacoli penosi, dove pochi sono i deputati e i senatori che esprimono concetti e idee a un livello degno della loro posizione di legislatori. I governi sono infarciti di personaggi senza né arte né parte, alcuni con il curriculum persino taroccato e che hanno ugualmente accesso alle più alte cariche del potere esecutivo.
È un’Italia in crisi strutturale dove la crisi politica non è altro che lo specchio di una società che privilegia il peggio e vota il peggio. Le elezioni del 4 marzo 2018 hanno sprofondato inevitabilmente l’Italia in uno stato di crisi politica permanente che non è altro che lo specchio di se stessa.
Ma la cosa più grave è vedere che pochi politici italiani, come pochi comuni cittadini italiani, si rendano conto di tutto ciò. E se lo fanno, è solo per aggredire l’avversario di turno in una guerra tra clan che non può che aggravare il tutto, pandemia o non pandemia.
Ci vorrà almeno una generazione per uscire da tutto questo, non solo settimane, mesi o anni. E certamente non un Fico in esplorazione per formare un nuovo governo.
In copertina, photo by Dario Veronesi on Unsplash