di Giovanni Burgio
In Italia un tempo c’era la politica. Oggi solo magistrati. Intervistati, intercettati, corteggiati, grandi star della comunicazione. E diventati ministri, presidenti di regione, sindaci.
Prima erano loro, le toghe, a fare la fila davanti le segreterie dei politici; ad ossequiarli, omaggiarli, proteggerli. Erano le guardie di sicurezza del potere, i protettori dello “Status quo”, i garanti che nulla sarebbe cambiato. Ma anche i garanti della divisione tra i poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario.
Poi, nel ’92, tutto è cambiato. I ruoli si sono invertiti e chi ha assunto il comando è stato “il potere giudiziario”, con buona pace del “legislativo” e dell’“esecutivo”.
Da quel momento in poi, all’inizio della cosiddetta “Seconda Repubblica”, guai a ricoprire ruoli istituzionali o politici. L’ “avviso di garanzia” era assicurato e la reputazione persa per sempre.
C’era una volta la politica della Prima Repubblica
Ho una grande nostalgia dei La Malfa, Malagodi, Moro, Zaccagnini; ma anche di Pajetta e Pertini; e di tutto il Pci che stava all’opposizione. E ho una gran voglia di sentir parlare di “Programmazione economica”, di “Piani quinquennali”, di “Centro-sinistra” o di “Convergenze parallele”. Di quei tempi in cui, una volta, la Politica con la P maiuscola segnava i destini del paese, magari con ardite sintesi in “politichese”.
Mi mancano persino le lunghissime iperboli di De Mita e di Napolitano che non dovevano mai dire chiaramente quello che invece avevano chiarissimo nella mente (cfr. l’intervento di Eugenio Scalfari sull’Espresso “Che guaio i politici senza cultura” ).
Erano questi uomini, i loro partiti, i congressi accesi e affollati, a guidare il Paese e a determinarne percorso e futuro; a fare le alleanze e formare governi. Poi, dal ’92 in poi, chi fa cadere l’esecutivo, chi decide le sorti dell’Italia, è la Procura di quella città, l’intervista di quel magistrato, quell’intercettazione finita sui giornali.
E quello che erano i partiti e succedeva al loro interno, ora accade dentro la Magistratura: centri di potere e lotta estrema fra fazioni rivali.
Lotte intestine e intercettazioni
Le nuove intercettazioni pubblicate sul caso Palamara e lo scontro Di Matteo – Bonafede rivelano quanto questo nuovo potere sia ormai arrivato al capolinea.
Quanto lo scontro è fratricida all’interno dei “giustizialisti”; quanto è miope affidare solo agli uomini che amministrano la giustizia il compito di sconfiggere mafia e corruzione.
È la politica che deve riconquistare il suo ruolo di preminenza. Sono i politici che devono evitare, o perlomeno denunciare, affari e malaffare al loro interno. È l’opposizione che deve vigilare chi governa. Sono i partiti che devono decidere quale sviluppo dare alla società.
Se il potere viene gestito da pochi uomini e da centri occulti, è la fine delle libertà e dello sviluppo civile.
La politica vera, quella di una volta, va rimessa al centro del dibattito e delle decisioni. Una politica che, invece di affidarsi alle urla sconnesse dei social e delle TV, o peggio al vento effimero dei sondaggi, sintetizzi strategie teoriche e operative. Specialmente di fronte alle sfide di oggi e di domani che appaiono particolarmente impegnative.
In copertina, nell’ordine da sinistra e dalla prima riga: Aldo Moro (Dc), Ugo La Malfa (Pri), Sandro Pertini (Psi), Giorgio Napolitano (Pci); Giovanni Malagodi (Pli). Benigno Zaccagnini (Dc), Gian Carlo Pajetta (Pci) e Ciricaco De Mita (Dc).
Come non essere d’accordo
Nostalgia? Io no! Anzi proprio oggi a commento di un articolo di un’altra testata online che invocava un cambio di paradigma nella politica, mi sono permesso di fare un commento che visto il contenuto del presente articolo mi permetto di tagliare e copiare nelle parti salienti…
“sono molto contento di questo articolo, perché, e purtroppo accade raramente, si parla senza mezzi termini di cambio di paradigma. Io sono figlio di un’epoca in cui era chiaro che il quotidiano è politica, e la Politica Parlamentare ne era come una rappresentazione plastica (le % di votanti erano molto alte). Poi il quotidiano è cambiato, ma la sua rappresentazione plastica no!!! Non è forse che la forma di rappresentanza vada cambiata in funzione di un diverso quotidiano? La decadenza attuale della Politica non è forse la testimonianza della fine di un paradigma sociale? Ora, visto che Lei stesso si domanda se sono questi i politici che possono guidare il cambio epocale, la mia proposta e una transizione, che chiamo EUCRAZIA (una visione sistemica della società di transizione), verso una rappresentanza in un parlamento di eletti singolarmente con la fine dei partiti, una quota di eletti per demarchia e l’implementazione di forme di democrazia diretta (vedi piattaforme tipo liquidfeedback).
(…)
Spero di aver contribuito in modo costruttivo alla riflessione in atto..
buon tutto