di Francesco Randazzo
Quel viso di ragazza triste e fragile, truccato da clown, nelle foto un po’ sfocate, come se anche i colori sbavassero un poco per lo sgomento, ci guarda senza più vederci. E noi invece continuiamo a guardarla con una malinconia sempre più grande, e più la si guarda e più sconcerta.
C’è tutta la giovinezza tradita in quel viso. Tradita dalla storia, dalla politica, dagli opposti populismi, dalla brutalità delle repressioni, dall’angustia della povertà, dagli ideali piegati alle miserie e alle meschinità.
È una ragazza, Daniela Carrasco (nella foto in basso), morta impiccata alla periferia di Santiago del Cile, non si sa se suicida o uccisa dalla brutalità della polizia. Ma anche il suicidio è una resa all’assalto della crudeltà e della spietatezza della realtà.
Una ragazza come ce ne sono molte, come anche molti ragazzi, che diventano “acrobati”. Oscillanti tra una memoria storica dimenticata e un presente che minaccia cadute future.
Come il protagonista del romanzo di Laura Forti, “L’acrobata”, che riceve le mail di una nonna che ha tenuto nascosta la storia familiare, intrisa di storia del mondo, ma finalmente la rivela al nipote, che, guarda caso, è anche lui un clown di strada (Toto Payazo).
Un libro che ha preceduto di poco quel che sta accadendo in Cile, quasi un presagio di quel che sarebbe potuto accadere e che poi purtroppo è accaduto. Ecco, Daniela è sorella ideale di Toto e di tantissimi altri ragazzi e ragazze, cileni, boliviani, venezuelani, brasiliani, africani, siriani, curdi.
Di tutti i paesi insomma, perché nessuno può dirsi indenne, anche noi di cittadini di quest’Europa in bilico che è sempre più attratta dall’intolleranza, la rimozione storica, lo sdoganamento della violenza, la grevità del tornaconto personale, le perversioni delle ideologie imputridite.
Ed è una donna, Daniela, è un’artista di strada. La più poetica delle figure d’artista, la più fragile, la più esposta, fisicamente e nell’anima alla violenza del mondo.
Non si può non sentire un fremito d’empatia, una struggente disperazione, nel vedere quel viso, quella figura colorata, che il mondo, questo nostro mondo sempre più spietato, ha fatto sì che si cancellasse.
È come se tutto quel che di più bello, sensibile, femminile, poetico c’è nell’essere umano, si fosse incarnato per essere massacrato dall’impossibilità di trovare una via di fuga a tutta questa virile violenza verso cui, acquiescendo o con brutale foga, tutti stiamo deragliando.
Mi viene in mente ancora un’altra immagine, quella dell’angelo de “Il cielo sopra Berlino” che sceglie la mortalità, non come debolezza, ma come estrema empatia verso l’umanità, per amore di una donna, che trascende tutto.
Forse, “la mimo” Daniela Carrasco era una di loro, che non ha retto il peso terribile d’essere umani, troppo umani. E quanti ancora di questi angeli vedremo uccisi?