
di Vincenzo Pino
Certo era stata una lunga cavalcata quella del Movimento sulla società liquida. Attraverso la diffusione di messaggi semplici e diretti aveva fatto diventare centro quello che era periferico nella società.

Aveva aggregato quello che era frammentato riproponendo un nuovo popolo al potere, quello della emarginazione e degli esclusi. Tutto il passato da cancellare, tutte le competenze da abolire, tutta la rappresentanza da cancellare, tutte le regole da distruggere.
Ed in primo luogo la politica e la mediazione parlamentare attraverso le nuove forme di partecipazione fatte di referendum sul web, di iniziative parlamentari costruite sui blog, un’apoteosi costruita sullo spontaneismo e la libertà che i nuovi strumenti di comunicazione consentivano.
Una costruzione fatta di superamento della narrazione tradizionale fatta dal giornalismo o dalle reti Tv e che si sarebbe inverata nel verbo nella rete. Un circuito parallelo e non comunicante con i valori tradizionali che puntava alla loro distruzione sistematica in ragione della sua superiorità.
Chi non ricorda Di Maio, espressione “della vittoria del popolo”, da imporre ai due terzi di cittadini che non l’avevano votato scavalcando la mediazione parlamentare dopo il 4 marzo?
E dopo il Parlamento l’assalto alle prerogative del Presidente della Repubblica cui si negavano sempre in nome del popolo, le prerogative dell’articolo 92 della Costituzione, a proposito della mancata nomina di Savona a ministro dell’economia?

E qui c’è stato il primo risveglio del delirio penta stellato quando dopo l’assalto delle migliaia di troll all’insegna dell’impeachment vi fu la risposta democratica nella stessa rete fatta di 400 mila messaggi di solidarietà a Mattarella.
Ma il disegno di continuare su questa strada, rafforzato dalla convergenza eversiva della Lega, si ebbe con la vicenda della Diciotti. Quando, a sfregio dei Trattati internazionali e dell’articolo 10 della Costituzione, si impedì lo sbarco dei naufraghi. E tutto questo perché i sondaggi dicevano che due terzi degli italiani erano contro l’accoglienza dei migranti.
E qui vi era la rappresentazione plastica del nuovo ordinamento, i rappresentanti istituzionali erano soltanto portavoce della volontà popolare e non rappresentanti del paese senza vincolo di mandato come invece la Costituzione prevede.
Ma aver inseguito la Lega su questo terreno eversivo e su questi temi a prevalente egemonia dell’alleato di governo cominciò a far perdere terreno al movimento penta stellato. La rappresentazione popolare fu interpretata molto meglio da Salvini mentre il movimento sacrificò a questo fine uno dei personaggi più conosciuti della storia recente del paese, come De Falco.
E da qui continuò il declino dei penta stellati che sacrificarono il valore dell’onestà a quello della convenienza politica salvando Salvini dal procedimento giudiziario con un voto che sdoganava i reati fatti “in nome del popolo”. Un assalto ai poteri della Magistratura, e della divisione dei poteri, ora.
Queste sono le ragioni del declino penta stellato: aver pensato di poter manipolare la realtà attraverso il dominio della rete, affidata all’erede di Casaleggio.

Ed invece anche sulla rete il movimento ha perso, nel momento in cui è stato Salvini ad interpretare meglio le pulsioni eversive del popolo canalizzandole verso tutti i nemici che individuava: i migranti definiti delinquenti e complici degli scafisti, le Ong rappresentate come complici del mercato della migrazione, i paesi europei alleati come sordi alle esigenze dell’Italia. Mentre invece, i paesi europei continuavano ad accogliere gli sbarcati in Italia (268 mila su 473mila).
Insomma Salvini si è appropriato ora, lui, della narrazione dell’Italia e l’ha amplificata fino all’eccesso, monopolizzandola e inducendo i penta stellati a seguirlo in maniera subalterna sull’agenda da lui imposta con il seguito diretto di circa 300mila contatti al giorno sulla sua pagina. Si pensi, in contrasto, alla figura di Di Maio in Francia coi gilet gialli.
Ed i penta stellati sono arrivati al capolinea. O cambiare verso a tutto quello che avevano fatto nell’anno in corso o rischiare di diventare minoranza ininfluente nel governo.
Da qui le conversioni di linea che si è evidenziata sul caso Siri. Di cui si pretende l’allontanamento del governo, dopo averlo imbarcato un anno fa, nonostante avesse sul groppone una condanna per bancarotta fraudolenta.

Ma forse quello che è sfuggito ai più è stato l’atteggiamento sul 25 Aprile con i penta stellati a difendere i valori costituzionali nelle piazze e nei luoghi simbolici, mentre Salvini ha derubricato l’avvenimento ad un “derby” (!) passatista “tra fascisti e comunisti”.
Insomma, l’eversione costituzionale che era stato patrimonio penta stellato fino a qualche mese fa è passata nelle mani di Salvini che ritiene, grazie al successo ed al seguito in rete, di poter perseguire il disegno di rappresentanza diretto del popolo, attraverso il processo identificativo con esso o almeno con quella parte più ignorante e becera. Quella che ha seguito il grande fratello sul suo blog mandato volutamente in onda mentre bruciava Notre Dame.
Si sappia con chi abbiamo a che fare. E se devo dire la verità ritengo stupidi quelli che hanno contestato la Raggi il 25 Aprile. Non hanno capito che il movimento cinque stelle si è costituzionalizzato perché ha perso la guerra sui social ed ha fallito la sua narrazione eversiva decennale.
E questo potrebbe aprire nuovi scenari nel panorama politico italiano per la frattura che potrebbe essersi determinata sui valori tra gli ex sodali-complici ed ora avversari e nemici.
Se ci pensate infatti i cinque stelle hanno il doppio della rappresentanza parlamentare della Lega e non la farà valere?
Condivido l’analisi di Vincenzo Pino, non la sua previsione. Per far valere una forza parlamentare, infatti, occorre avere un progetto politico, un disegno complessivo di società da perseguire: proprio quello che ai grillini manca.