
Il professore Marescotti inchioda i ministri Luigi Di Maio e Giulia Grillo alle loro responsabilità nella vicenda di Taranto
di Vincenzo Pino
Doveva essere l’occasione per Di Maio: rilanciarsi di fronte il paese offrendo in diretta le risposte a quel vasto mondo dell’associazionismo pugliese che aveva sostenuto il movimento penta stellato per la via impervia risultata perdente del No Ilva, no Tap, no Triv.

La scelta di pubblicare in streaming l’evento si è rivelato un azzardo disastroso che ricorda il giocatore di poker che, disperato, rilancia cifre folli senza carte in mano, sperando nella riuscita del bluff.
Il confronto impietoso con i dati snocciolati dal prof. Alessandro Marescotti sono diventati, invece, l’evento virale nel web che hanno distrutto l’immagine dell’uomo di governo.
E tutto questo perché Di Maio nel settembre dell’anno scorso aveva annunciato sul web che a seguito del suo intervento le emissioni tossiche dell’Ilva erano diminuite del 20%.
Certo. quella era una fase della sua vita in cui il delirio ne pervadeva l’animo. Erano gli stessi giorni in cui annunciava dai balconi di Palazzo Chigi che aveva “abolito la povertà” per decreto, accompagnato dalle ovazioni di portaborse e di parlamentari da pochi click.
Eppure quell’annuncio e quella immagine avevano fatto rimbalzare di due punti in avanti le quotazioni sondaggistiche dei pentastellati, segno di una debolezza profonda degli orientamenti di una pubblica opinione incline ad immedesimarsi in immagini trionfalistiche. La vecchia sindrome italiana di saltare sul carro di chi si crede possa essere il vincitore.

Adesso sono quelle stesse immagini che lo inchiodano al fallimento nella vicenda Ilva. Adesso c’è il confronto diretto di chi, forte della conoscenza dei dati, inchioda il parvenu della politica al ruolo di un venditore di fumo con svelando la sua pubblicità ingannevole.
E lo invita a guardarlo negli occhi e non abbassare lo sguardo di fronte alla verità dei fatti e a non permettergli alcuna via di fuga.
Potrebbe essere citato come uno dei più alti esempi di informazione, quello cui abbiamo assistito. Quello di cui il Paese avrebbe bisogno per farsi un’idea delle cosa con una certa cognizione di causa.
Perché una rappresentazione come questa è incancellabile e la forza delle immagini schianta e cancella nella memoria il possibile uso delle parole nel cercare di dimostrare il contrario.
C’ è una forza evocativa in questo episodio che permetterà di guardare con un altro occhio il vicepresidente del Consiglio dei ministri e che ci farà intuire che quello che dice è largamente falso ed inesatto. Come la presa di distanza dal recupero della Province, mentre la Castelli ne approva la rinascita nella riunione governo-città.
Magari queste cose le potrà nascondere Di Maio. Evocando qualche manina, qualche “malinteso” nel testo approvato col quale era sopravvissuto finora alle castronerie, tipo decreto dignità per fare solo un esempio.
Ma le immagini sono incancellabili e danno una sentenza inequivocabile nel mondo della rete. Il movimento pentastellato è finito com’é finita la suggestione di poter dirigere dall’alto degli annunci la società italiana senza contraddittorio.
E con la visualizzazione di questo episodio non sono più le fakes a diventare virali ma la verità. Un bel passo avanti, grazie professor Marescotti.
Qui il video dell’intervento del prof. Marescotti andato in streaming:
Per chi volesse approfondire ulteriormente la tematica vedi anche:
Persa la guerra sui social i cinque stelle si costituzionalizzano. Capitolo 1.