
di Vincenzo Pino
Oscillano i sondaggi sulle elezioni europee, ormai vicine. C’è solo su un dato significativo: il sorpasso tra Pd e Movimento 5 stelle, ambedue attestati attorno al 21% con un leggero vantaggio per il Pd.

Per il resto è calma piatta. La Lega continua a guardare i due inseguitori dall’alto di almeno dieci punti in più ed è stata determinante nella riconquista di sei regioni da parte del centrodestra dopo il 4 marzo 2018.
C’è stato un crescendo impetuoso della Lega confermato sul campo, ovvero le elezioni vere e non i sondaggi: dall’8,2% del Molise nel marzo 2018 fino al quasi 20% in Basilicata, solo per rimanere nel Mezzogiorno.
Per non parlare del Friuli dove la Lega ha sfiorato il 35% che alle regionali con la proliferazione di liste e candidati è un risultato eccezionale.
Il centrosinistra cerca di consolarsi dopo essere riuscito a ripristinare il bipolarismo centrodestra-centro sinistra che il voto del 4 marzo aveva fatto saltare. Ma questa competizione tra i poli è al momento squilibrata visto che il distacco medio tra i due schieramenti è attorno ai quindici punti a favore del centrodestra nella media nazionale.
Il Movimento Cinque Stelle precipita nelle ultime competizioni regionali, Abruzzo e Basilicata, perdendo mediamente il 60% dei suoi voti rispetto al 4 marzo ed oscilla ora attorno al 20% in quelle regioni. Di Maio cerca di giustificare questa sconfitta con la caratteristica delle elezioni locali ma descrive solo una parte di verità.
Nella fase politicamente ascensionale, infatti, aveva segnato risultati di rilievi al contrario, fino alla formazione del governo conquistando la seconda posizione in Sicilia e Molise con i propri candidati presidenti rispettivamente al 35 e 38% mentre dopo un anno di governo dimezza queste performances.

Tornando ora al centrosinistra e ai sondaggi per le europee, si converrà che l’effetto primarie e la elezione di Zingaretti, hanno determinato un limitato trend di crescita attorno al 2% per il Pd.
Un dato ricorrente quando si svolge questo appuntamento ma che insidia il Movimento Cinque Stelle più per la caduta verticale di quest’ultimo (dodici punti in meno rispetto al 4 marzo) che per la crescita del Pd (più 2,3% rispetto a quella data). Il travaso di voti peraltro dal Movimento Cinque Stelle verso il centrosinistra è minimo.
In Basilicata, infatti, il movimento perde in favore dell’astensione quasi 10 punti ma anche in direzione della Lega (sarebbero secondo Swg il 4,1%) mentre quelli che rientrerebbero nel Pd sarebbero il 2,4% sui 24 che ne perde, a proposito del “tasso di sinistrismo” nei Cinque Stelle.
E qui c’è da farsi i conti con le prossime scadenze elettorali. Con questo trend il Piemonte, che va al voto lo stesso giorno delle europee, sarebbe largamente consegnato al centro destra a fine maggio. E a questo destino sarebbero consegnate tutte le prossime elezioni regionali, ad eccezione forse della Toscana.
Si dirà ci vuol tempo a recuperare questa situazione ma neanche questo è del tutto vero. Nel giro di un anno dal 2013 al 2014 con la elezione di Renzi a segretario si passò dal 25,5% delle politiche al 40,8% delle europee. Si conquistarono Sardegna, Abruzzo e Basilicata sempre in un anno con largo margine di successo (si veleggiava al 45% di media). Mentre al momento il Pd sembra non avere idee forza tali da essere attrattivo, se non le litanie su umiltà ed unità.

L’unità auspicata nelle elezioni regionali c’è stata con la ricomposizione a sinistra con MdP ed in Sardegna con tutta la galassia ma ha determinato “gloriose” sconfitte (non vedo cosa ci sia di glorioso nel perdere sempre).
Non sarebbe il caso di parlare meno di alleanze e parlare più di programmi? In Piemonte ci sarebbe l’occasione sulla Tav per indebolire le idee pentastellate (ma come si può sostenere che sostituire col ferro il trasporto gommato sia qualcosa di irrispettoso per l’ambiente?) e la propria consistenza elettorale che lì si è molto rafforzata sul No Tav.
E far pagare le contraddizioni della Lega che ritarda l’esecuzione dell’opera secondo i desiderata del contractor di governo.
Ma bisogna anche scontrarsi con la sinistra politica e sindacale, visto che la Fiom nazionale fino al Dicembre del 2018 appoggiava ufficialmente il movimento No-Tav, come pure Fratoianni, nel recente dibattito parlamentare sull’argomento.
Come si può vedere le alleanze costruite sulla geometria astratta sono impervie ed al limite dannose per il centro sinistra. È arrivato il momento di sciogliere queste contraddizioni.
E questo significa non solo parlare ma anche realizzare intese con le imprese ed assumendo le stesse come fattore di sviluppo, progresso e creazione di lavoro. E magari candidando e sostenendo qualcuno di questi, tra i più rappresentativi di quel mondo, come ha suggerito Calenda.