di Vincenzo Pino
Il grande assente nel dibattito politico e nel Def sembra essere la creazione di lavoro. È ormai consolidato nell’orientamento di questo governo la distruzione del lavoro: hanno cominciato con quello a tempo determinato che si sarebbe, nell’opinione dell’attualegoverno, miracolosamente trasformato in stabile.
Ma non è così ed e lo stesso governo è stato costretto a ratificarlo nel decreto dignità, assumendo come corollario del provvedimento la distruzione di 80mila posti di lavoro in un decennio.
Vorrebbero continuare in questa direzione con la chiusura domenicale degli esercizi commerciali in ragione dell’unità familiare. Come se questa valesse solo per questo settore specifico e non per la ristorazione, il settore alberghiero, la sanità, i trasporti, il cinema, lo sport, la sicurezza.
E come se non esistesse una turnazione nel settore della grande distribuzione ed un sistema di sostegno economico a tale prestazione con una maggiorazione del 30% alla retribuzione oraria. E sarebbero, altri 40mila posti di lavoro in meno.
Ci avevano provato ancora con l’Ilva e la trasformazione della più grande acciaieria d’Europa in un immenso parco giochi, magari importando poi l’acciaio dalla Germania come è avvenuto in questi mesi.
E qualche puntata la stanno facendo per bloccare gli investimenti e le grandi opere: oltre alla Tap ed alla Tav altri 145 miliardi di opere cantierabili nel decennio. Mentre il Cipe, che è l’organismo deputato a finanziare le singole opere da avviare, non si riunisce dal marzo 2018.
Basta vedere quello che hanno combinato i Cinque Stelle a Roma e Torino a proposito di Olimpiadi. E come non ricordare che, invece, nel 2006 a Torino coi giochi invernali è stata finanziata la metro di del capoluogo piemontese.
Qui, il governo trascura l’indotto che si ricava da una esposizione del nostro patrimonio artistico e naturalistico al mondo. Si trascura ciò che queste occasioni permettono, foriere di benessere per le attività delle città ospitanti mentre si svolgono manifestazioni sportive e culturali e i benefici nel turismo per il tempo a venire.
Anche qui, sarebbero investimenti per lo sviluppo dell’impiantistica sportiva, della qualità della vita, e del lavoro che vi è sotteso, sia in grandi aree metropolitane, che in territori che vedrebbero arricchire la loro vocazione turistico sportiva. Insomma altro lavoro che si nega.
Va aggiunto anche il taglio del piano-periferie che andava nella direzione di estensione e recupero di spazi e servizi urbani per quelle zone. Anche questo si inscrive in queste coordinate di negazione di occasioni di sviluppo e di riconversione, di lavoro. Basti pensare che la gran parte dell’investimento nella città di Palermo si sarebbe rivolto a riconvertire l’ex Palazzo delle Poste in un centro scolastico polivalente nel quartiere di Brancaccio.
Per completare l’opera nella prossima finanzìaria, il focus dell’intervento da parte del governo Legastella, si concentra su pensioni, reddito da cittadinanza e reddito da pensione mentre non c’è nulla a vero sostegno per l’inserimento lavorativo, dei giovani in particolare. Lo aveva promesso la Lezzi qualche mese fa quando furono noti i dati relativi alla diminuzione di lavoro che comportava il c.d. dignità, ma la stessa ed il governo sembrano essersene dimenticati.
In tutto questo c’è una filosofia che non è riequilibratrice a favore delle fasce più deboli della popolazione, ma un indirizzo assistenziale. Come se queste erogazioni fossero avulse dalla ricchezza che bisogna produrre per goderne in maniera equilibrata.
Ed infatti si vogliono finanziare a debito. Come se quel debito non costituisse un macigno ulteriore per le generazioni a venire. Erogare spesa pubblica senza connetterla allo sviluppo produttivo significa anche il percolo di non vederla trasformata in consumi visto l’andamento recessivo dell’economia. Prima o poi si dovrà pagare, e non si potrà pagare con i limoni delle bancarelle siciliane, ma con moneta che vale.
Di ben altra portata è stato l’intervento sul reddito realizzato con gli 80 Euro ai lavoratori dai precedenti governi. Lì il provvedimento era connesso ad ipotesi di sviluppo dell’occupazione (con il sostegno alle assunzioni che ha dato un milione di posti di lavoro in piu’ dal 2015 al 2017), al programma industria 4.0 che ha fatto moltiplicare gli investimenti produttivi, a un ventaglio di proposte per lo sviluppo che hanno permesso di invertire l’andamento del Pil da -1,8 del 2013 a +1,6 del 2017.
E tutto questo senza sfasciare il nostro sistema dei conti pubblici ma con un ritorno che ha mantenuto costante l’incidenza del debito attraverso la crescita del Pil ed operando in favore delle categorie meno agiate con il reddito di inclusione.
Infatti, se si investe in lavoro se ne ricava un beneficio di sistema sulla produzione, sull’export, sulle casse dell’Inps che vedono aumentare le proprie entrate. Si crea una solidarietà intergenerazionale, mentre l’accentuazione contro la Fornero la dissolve.
Non ultimo si deve considerare che la semplice distribuzione di carta moneta, a debito, per i poveri rischi inflazione e aumento dello spread, che poi pagheranno tutti gli italiani in un modo e nell’altro. E, come se tutto ciò non bastasse, si finisce per scoprire che su 5 milioni di persone da sostenere ci sono 1 milione e seicentomila stranieri residenti cui non si può sottrarre il beneficio, per Costituzione e legislazione.
Insomma la solita incompetenza che porta all’inconcludenza. Di fatto, nei fatti, il governo Legastella è chiaramente contro il lavoro. Si schiera per l’assistenzialismo senza una prospettiva di vero sviluppo e di sostenibilità economica e finanziaria dei propri provvedimenti.
Ecco, su questo terreno il Pd dovrebbe accentuare la propria iniziativa e porre al centro il rilancio del lavoro, visti i successi delle politiche dei passati governi rispetto alle sabbie mobili nelle quali rischia di impantanarsi il governo Legastella.
Il quale, dulcis in fundo, con l’attacco di Casalino a Tria ed al Ministero svela il proprio disegno di taroccare i conti dello Stato (la Grecia ci provò e si sa come finì) e di trascinarci in un precipizio senza fine.
Lavoro, lavoro, lavoro. E se su questo il suo disegno converge con quello delle imprese italiane cosa c’è da vergognarsi? Perchè il Pd non diventa il perno di un nuovo patto per lo sviluppo del sistema paese con le imprese e le rappresentanze dei lavoratori? In Germania è stato così in anni recenti e sembra che nessuno se ne sia pentito.
In copertina, foto di rawpixel-782044 tratta da unsplash.