Posto il risultato delle elezioni siciliane, quali iniziative concrete per la scuola nei quartieri “difficili”? Una riflessione d’esperienza sul campo
di Benita Licata
Per ora circolano molto sui media e sui social i più disparati commenti sulle elezioni siciliane. Abbiamo assistito alla sconfitta della sinistra. Sconfitta annunciata che, a mio avviso, è stata portata non solo all’astensionismo ma anche, in molti casi, da una campagna elettorale vissuta dagli stessi protagonismi: quasi “tristemente”, verso una ineluttabile e scontata conclusione.
Mi ritengo una donna di “sinistra” non per tessera o altro ma per una vita dietro le spalle, durante la quale ho agito portando valori di sinistra e facendo il mio mestiere e vivendo la mia storia personale.
Non so se ho una visione troppo semplicistica dei problemi e, soprattutto, se ho una forma maniacale di vederli tutti sotto forma di “urge sistema integrato delle istituzioni nel territorio”. Non riesco a partire se non da quello che ho fatto, dai posti dove ho operato da dirigente scolastica, dalle mie osservazioni scientificamente “dal vero”.
Giorni fa leggo su un giornale locale di arresti al quartiere Noce a Palermo, dove ho retto una scuola per venti anni. E, tra le foto, facce di giovani a me noti, facce imbruttite e incattivite, non solo dagli anni passati da quando questi erano ragazzi ma anche da una vita probabilmente vissuta tra stenti e piccoli tentativi di rivalsa.
Dopo giorni, leggo anche di una parrocchia della Noce a me cara perché nel passato ospitava mie classi di scuola materna. E leggo del tentativo del parroco, in parte riuscito, di accogliere, mamme, ragazzi, bambini negli spazi della parrocchia stessa, offrendo diverse attività.
Poi, poco tempo fa, ho incontrato per una delle strade di Palermo, sempre piene di buche, un ex allievo. Uno di quelli “tosti”.
E scopro che ha messo su una cooperativa di animazione sociale, che fa progetti, che va nelle scuole e che ricorda con amore i tempi della scuola media e le attività curriculari (e non) che noi offrivamo. E li ricorda spiegandomi che oggi lui è quello che noi abbiamo formato.
Sono sprazzi di luce nel buio. Un buio calato anche nel sapere che la nostra scuola della Noce è stata chiusa per tre anni e che non c’è più il corso di istruzione per adulti. Buio, nel vedere l’immondizia per le strade e nel trovare gli eterni cantieri aperti. Buio, nell’osservare l’evidente chiusura delle poche attività commerciali presenti nel territorio.
Aprendo lo stesso giornale, ieri, altre facce, altra sofferenza, una descrizione del quartiere Borgo Vecchio dove tutti sembrano o negozianti più o meno onesti o estortori più o meno violenti. Borgo Vecchio non lo ho dimenticato. È stato a me tanto caro quando ho tentato, riuscendoci, anche con l’aiuto di altre istituzioni (parrocchia, sanità, provveditorato, forze dell’ordine …), una vera integrazione tra i ragazzi provenienti da questo quartiere e i ragazzi del quartiere Politeama e quartieri limitrofi. Ragazzi diversissimi per ceto sociale ed educazione ma “uguali” davanti ad un compito o ad una gita scolastica.
Quella scuola così “strategica” come posizione e progettazione era di proprietà privata. Subì uno sfratto e con essa venne sfrattato anche un sogno.
Oggi sul giornale leggo che nella periferia, che lo stesso giornale definisce “ghetto” di Borgo Nuovo, sono state bruciate due macchine al parroco che con coraggio in quel quartiere porta avanti la sua missione con i padri passionisti. A Borgo Nuovo ho presieduto il distretto scolastico, poi eliminato e non ho mai capito perché). Distretto che si occupava anche di portare nelle scuole progetti sportivi, progetti musicali, progetti sulla legalità.
Ho coordinato l’osservatorio locale contro la dispersione scolastica e il successo formativo. E i risultati sono stati tangibili ed evidenti quando siamo riusciti a mettere in piedi un sistema integrato.
La scuola può fare molto. Ma il lavoro che gli operatori scolastici possono fare è vano se altri pezzi della società e, soprattutto le altre istituzioni non collaborano. Non servono dichiarazioni post elettorali da parte di certi dirigenti politici del mio partito come “abbiamo vinto”. Servono fatti.
Serve un Comune attrezzato prima di tutto per aiutare i giovani a non essere irretiti dalla delinquenza comune, così presente in questi difficili quartieri. Penso soprattutto all’assessorato alla scuola, all’assessorato alla famiglia, all’assessorato alla sanità.
Serve una programmazione e una presa in carico da parte delle circoscrizioni, spesso private da un reale potere.
Serve una difesa di alcune “postazioni” come le parrocchie. Perché, per me, profondamente laica, sono una risorsa e, per il fine da raggiungere, alleati irrinunciabili. Per me, vecchia donna di sinistra, servono momenti di discussione all’interno di questi quartieri, quello che una volta erano le sezioni dei partiti e che ora non sono certo state sostituite degnamente dai circoli.
Io non so se la mia ė una visione restrittiva e monomaniacale, anche se so che è sicuramente “di parte”. Tuttavia nessuno mi toglie dalla testa che, cominciare, sarebbe già seminare “qualche cosa di sinistra”.
In copertina, Piazza Magione, in uno dei quartieri difficili del centro storico di Palermo (la Kalsa), con giochi per bambini e bottiglie della “movida” notturna, proprio davanti a una scuola.