di Gabriele Bonafede
Scoprire la Sicilia non è solamente una visita alla Valle dei Templi, la Cattedrale di Monreale, Taormina o l’Etna. Come molti sanno, per conoscere bene la Sicilia e con qualcosa in più, è invece necessario farsi condurre negli angoli più celati. E non solo per motivi turistici, ma soprattutto per apprezzarne i contorni culturali, i mondi nascosti, la ricchezza nella cucina regionale e locale, i paesaggi più caratteristici, le contraddizioni e le sfide.
Un’occasione è la nuova rassegna teatrale in un piccolo centro quasi nascosto eppure a portata di mano: Villafrati. Ovvero, a un tiro di schioppo da Palermo, nel territorio orientale del capoluogo siciliano in mezzo a centri più conosciuti al grande pubblico, quali la Baària (Bagheria) di Peppuccio Tornatore, la Misilmeri dal nome arabo e dal castello fatato, la Corleone dello stridore tra mafia e antimafia, ma molto più bella di questo, la Termini Imerese che apre le vie ai percorsi storici dell’evo antico.
In quella Sicilia, cioè, che è in tutto e per tutto particolare: una Sicilia “sicula”, o meglio “sicana” al 100%. Tracciata dal fascino del concreto e di tutte le contraddizioni reali che emanano dal retaggio rurale immediatamente prospicente alla metropoli palermitana, anch’essa coagulo di forme e storie dell’incompreso e del contrasto.
Non a caso, a Villafrati, da alcuni anni, è stato restaurato, grazie anche ai fondi europei, il baglio. E lo si è riutilizzato a teatro. Sfida eterna, quello del teatro in Sicilia: laddove conosciuti, famosi, sono i teatri di Siracusa o di Segesta, il coraggioso Teatro del Baglio a Villafrati propone azione e sperimentazione, teatro popolare come teatro d’avanguardia.
Così che, sfida nella sfida, la rassegna più decisa ad affrontare l’avanguardia è stata titolata con la chiara robustezza del felice ossimoro “Verba Manent”. Ed è stata presentata al Teatro Biondo di Palermo, ancora una volta aperto a collaborazione con quell’humus d’arte che continua ad essere ricco e proficuo nel mondo teatrale di Palermo e del Palermitano.
Verba Manent, al Teatro del Baglio di Villafrati, quel piccolo Comune “seminascosto” dalla Rocca Busambra, giunge così alla seconda edizione in un percorso biennale. Coprendosi, già prima d’iniziare, dell’aria poetica emanata dalla sfida culturale.
La rassegna del 2017 prende il via sabato 29 in uno spazio ricavato dall’antico granaio del Palazzo Filangeri e inserito un luogo suggestivo nel quale il teatro si propone con un’offerta “fuori dal coro.”
«Un teatro – spiega Salvatore La Barbera, presidente dell’Istituzione Teatro del Baglio – sul quale abbiamo puntato molto. Abbiamo programmato e gestito questo spazio anche in base a delle leve turistiche, andando oltre alle offerte più strettamente legate al teatro contemporaneo che hanno rappresentato l’identità del teatro stesso. ».
Sinergie, ma soprattutto capacità di fare sempre meglio anche attraverso proposte diversificate a seconda delle fasce di età, con compagnie che nel cartellone di questa seconda edizione di Verba Manent provengono da quattro città italiane come Roma, Parma, Messina, Palermo.
I testi proposti sono assolutamente originali e raccontato la contemporaneità: il rapporto col cibo, la solitudine degli anziani, l’amore e il rapporto col mare, lo sfruttamento della prostituzione. Quattro punti di vista forti, quattro poetiche differenti, rappresentative di quattro generazioni e di quattro modi diversi di fare teatro. Temi forti, trattati con grande delicatezza e con linguaggi diversi e originali. Comune denominatore fra le quattro opere la ricerca di una corrispondenza tra forma e contenuto. Tutti i temi, poi, sono sviluppati attraverso linguaggi che si pongono l’obiettivo di essere compresi, ma al contempo offrono quattro differenti modi di guardare al mondo e di fare teatro. Ogni testo, però, è differente e lontano dall’altro, per una ben precisa scelta.
«Potevamo puntare a una rassegna che fosse in linea unica – spiega il direttore artistico della rassegna, Valeria Sara Lo Bue – ma abbiamo voluto diversificare l’offerta dando modo di vivere il teatro a 360 gradi. Sono 4 spettacoli molto diversi tra di loro, scelti anche in base alle generazioni a cui appartengono i registi, ma anche ai linguaggi a cui prestano attenzione. Il Teatro del Baglio nasce con esigenza di creare e fare teatro in un comune come Villafrati, alle pendici di Rocca Busambra e del bosco di Ficuzza, ma fa riferimento a un intero territorio costituito da ben sei comuni. Diversamente da quello che si potrebbe pensare, la risposta dei giovani c’è sempre stata perché, per esempio, abbiamo avuto un laboratorio teatrale che ha creato non solo spettatori ma anche attori che hanno continuato il loro percorso arrivando anche molto lontano. Abbiamo avuto una battuta di arresto per mancanza di finanziamento, ma ora torniamo riprendendo le fila di un discorso interrotto. Questa rassegna, infatti, segna un nuovo inizio».
Ed ecco il programma di Verba Manent.
Si parte alle 21.15 di sabato 29 con Digerseltz, di e con Elvira Frosini, spettacolo sulle mitologie contemporanee del mangiare. Uno spettacolo sull’attore: marginale, patetica e testarda vittima sacrificale che si ostina a mettere in scena l’eccedenza e lo spreco rituale.
Quello che avverrà sulla scena sarà un rito teatrale cannibalico per una civiltà sconsacrata. Percorsa da visioni ironiche e parole masticate da una bocca sempre in movimento, la performance si offre in pasto agli sguardi, essenziale come un sacrificio: una torta con candelina, un agnellino, un presepe-barricata, i rituali della festa di compleanno, il banchetto, l’orgia, il convivio funebre, indagando le funzioni di un cibo che invade sempre di più la nostra società vorace o anoressica. Drammaturgia e regia di Elvira Frosini, collaborazione artistica di Daniele Timpano, disegno luci: di Dario Aggioli. Prodotto da Kataklisma in collaborazione con Officine CAOS/Stalker Teatro, Arti Vive Habitat e Consorzio Ubusettete.
Alle 21.15 di sabato 13 maggio sarà la volta di Homologia, con Rocco Manfredi e Riccardo Reina, regia di Alessandra Ventrella. Residenze artistiche: UOT | Teatro alla Corte Teatro delle Briciole. In questo caso siamo davanti a un eterno silenzio scandito dall’abitudine. Un anziano, solo, immerso nel vuoto, in perenne dormiveglia. Qualcosa, però, risveglia questo corpo intorpidito nel giorno del suo compleanno. Un’altra immagine dell’uomo sembra prendere vita. Il buio incombe e le ombre si moltiplicano.
Gli altri due spettacoli della rassegna avranno inizio alle 19.15.
Domenica 21 maggio sarà per Mari con Cinzia Muscolino e Tino Caspanello. Scena e regia di Tino Caspanello per Teatro Pubblico Incanto – nucleo teatrale dell’Associazione Culturale Solaris, fondata dallo stesso Caspanello. Un uomo e una donna, il mare; una lingua, quella siciliana, che non permette di esprimere tutte le profondità di un sentire, fatta di necessità quotidiane. Qualità che possiede solo il presente, dilatato nel testo sulla linea che separa mare e terra, su questo limite mutevole che attrae l’uno e respinge l’altra.
Mari si presenta quasi come una partitura musicale nella struttura e nel suono delle parole, accompagnate dal lento ritmo di un calmo mare notturno. Quante volte in riva al mare abbiamo parlato di Dio e del mondo o del nostro pane quotidiano?
Accade che l’uomo e la donna si parlano, non lo fanno quasi mai, sorprendendosi del loro parlare e anche del loro cantare insieme a quelle materie che solo se le conosci bene ti aiutano ad amare, anche senza la necessità di dirlo. È proprio per scoprire di quale materia siamo fatti che l’uomo invita la compagna a toccare il mare, quell’acqua scura che fa orrore e affascina allo stesso tempo, quell’elemento che ha permesso loro di parlarsi. E quando la donna, arrivata là apparentemente per caso, comincia ad avvicinarsi all’uomo che ama e che se ne sta solo a pensare sulla spiaggia, ecco che i due sciolgono finalmente i nodi che nessuna lingua potrà mai sciogliere, in parole che nessun suono potrà mai restituirci.
Mari ha vinto il Premio speciale della Giuria — Premio Riccione 2003 con la seguente motivazione: “Delizioso duetto musicale in dialetto messinese, dedicato dall’autore a coloro che amano senza parole, mentre vede prolungarsi un ripetuto breve addio, sulle rive del mare, tra un marito ansioso di restare solo a pescare e la moglie che continua a rinviare il rientro in cucina, riattaccando il discorso.”
“Anche qui vibra una voce spasmodicamente interessata al linguaggio, che tende la rete invisibile di un sortilegio amoroso a imprigionare coi ritmi della sua partitura il movimento, legando le due figurine struggenti nel notturno marino”.
A chiudere Verba Manent sarà, domenica 4 giugno, Sera Biserica. Un progetto a cura di Santa Briganti con Simona Malato, Chiara Muscato, Rosario Palazzolo e Marcella Vaccarino. Regia di Giacomo Guarneri e Marcella Vaccarino, scenografia di Giacomo Guarneri. Prodotto da Santa Briganti | La pentola neraco- produzione CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud) con il sostegno di: Flai CGIL
Quella di Zio è un’azienda a conduzione familiare che produce pomodori. È estate quando due donne rumene, Alina e Nicoleta, iniziano a lavorare per lui: braccianti di giorno e guardiane di notte. Il podere è isolato nelle campagne, recintato, inaccessibile. Non ci sono altri occhi, non ci sono testimoni.
C’è un uomo che vorrebbe «un poco di amore», e ci sono donne vulnerabili. Zio esprime la sua brama, lo fa a modo suo. Alina e Nicoleta hanno reazioni inconciliabili. Una è idealista, l’altra pragmatica. L’incontro di tre diverse solitudini genera una dimensione claustrofobica.
Il ricatto, più o meno esplicito, genera rifiuto o consenso, sacrificio o abuso, intimidazioni, rimorsi. S’innesca un processo di reazioni a catena.
L’uomo familiarizza con la sua tensione all’assoggettamento, le donne mettono in atto complesse strategie volte alla sopravvivenza. Ogni personaggio ha le sue ragioni, il suo passato che riaffiora, e una disperazione che somiglia ora all’amore ora alla morte.
Quattro spettacoli, dunque, per una rassegna primaverile immersa in un ambiente che favorisce la riflessione e la rappresentazione: percorrendo diverse latitudini tematiche e generazionali in un luogo particolare della Sicilia.