di Giovanni Rosciglione
Mancano 18 giorni al 4 dicembre, data del voto per il referendum sulla riforma costituzionale. E i chiassosi dibattiti sulle ragioni del sì o del no si incartano su argomenti assolutamente estranei al merito di una delle più importanti, attese e condivise riforme della nostra acciaccata Repubblica.
Il risultato è quello che i dibattiti con un contraddittorio si risolvono in liti sanguinose; mentre quelli dei comitati delle due parti finiscono per essere molto simili alle famose prediche ai convertiti, in cui il relatore si compiace di illustrare tesi che sa già condivise e gli ascoltatori sono soddisfatti di vedere confermate le loro opinioni da oratori prestigiosi.
Ma c’è qualcosa in più da osservare se si vuole, in questi ultimi giorni, recuperare il “senso delle cose”, riprendere i fili del discorso, entrare con serena onestà nei temi della riforma, che, voglio confermarlo, va ben oltre l’alchimia della politica e interessa direttamente la vita, anche quotidiana, di noi cittadini italiani, perché incide su una delle zavorre più paralizzanti e anacronistiche delle regole del nostro Stato.
Infatti la seconda parte della Costituzione del 1948, ferma restando la prima quella dei principi e valori, era, e non poteva essere diversamente, congegnata sul compromesso, non tra idee diverse, ma tra i rappresentanti di diversi blocchi militari e culturali usciti da Yalta, che volevano riconoscersi nella nuova democrazia conquistata, ma mantenevano inevitabilmente reciproci sospetti e presupponevano controlli incrociati con pesanti forme istituzionali di necessario consociativismo paragovernativo.
Quelle condizioni – lo capirete – sono storicamente finite da circa 30 anni. La Guerra Fredda è finita e, per contrappasso, appaiono qua e là spaventosi focolai di Guerra Calda.
Ed è esattamente da 30 anni la società civile e la politica hanno messo mano ad una revisione della Costituzione con proposte molto simili se non identiche a quelle che voteremo. Tutti d’accordo, salvo poi non farne niente se non passare la palla ai Parlamenti Successivi, confidando sempre nell’impotenza della politica.
Tre anni fa le nostre due camere erano talmente bloccate ed inefficienti che non riuscivano ad eleggere il successore di Giorgio Napolitano. Tutti sapete come finì e ricorderete il Giorgio2.0 che – cazziando, tra surreali applausi, tutti i mille grandi elettori – accettò la proroga solo a patto che il Governo e il Parlamento rispettassero le regole europee e portassero a compimento le riforme bloccate da anni.
Una maggioranza ibrida – nata da una legge elettorale folle e dal montare delle forze di protesta (giusta!) antipartiti che porta per la prima volta al tripolarismo – sceglie prima Enrico Letta, un gentiluomo, che tuttavia non dà segno di quella necessaria grinta per sciogliere il nodo, e dopo Matteo Renzi, che nel frattempo con le primarie era diventato il Leader del primo partito della nuova maggioranza, che – ricordo – andava dal PDL (morto!) al PD (acciaccato!).
E qui arriviamo ai nostri giorni, con le ripicche e i ripensamenti scorretti di molta parte del centrodestra che non era riuscito ad ottenere dal Governo quelle posizioni di forza cui mirava (Elezione di Sergio Mattarella, per esempio).
C’è in ultimo da sottolineare la infantile e patetica posizione:
- Di quelli che pensano di essere “a sinistra del PD” (da Bersani a Toni Negri), che hanno perso l’occasione (spero per sempre) di lasciare alle cronache, se non alla storia, segni di responsabilità istituzionale e di sapienza politica, auto relegandosi nella più vanitosa inutilità.
- E, qui ovviamente e con una qualche ragione, il Movimento Cinque Stelle che, probabilmente per la mediocrità dei suoi rappresentanti, ha subito dismesso la pur utile funzione di pungolo e controllo, per scivolare miseramente nella retorica qualunquistica e giustizialista.
Oggi – lo ripeto – mancano 18 giorni al voto.
I sondaggi (mai visti tanti e mai sentito parlare di molte nuove Società di Sondaggi spuntate come funghi) sembra che diano il NO in vantaggio e che, quindi, la Riforma sarebbe bocciata. Bocciata, ma non a ottobre, bocciata per sempre.
- Bocciata la fine di un anacronistico, costoso e ritardante bicameralismo paritario
- Bocciata la modifica del titolo V che regola i rapporti Sato Regione, che attualmente impedisce l’efficacia progettuali di linee politiche strategiche (ad esempio turismo ed energia) e, nel contesto, produce il non indifferente risultato di adeguare le indennità dei Consiglieri Regionali all’indennità dei Sindaci dei capoluoghi di Regione (non male, è vero?).
- Bocciato il potenziamento delle garanzie per gli Istituti di democrazia diretta e l’aumento del quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica.
- Bocciata la soppressione del CNEL, uno dei Templi Sacri del Consociativismo della Prima Repubblica.
Insomma, BOCCIATI!
E allora: nuovo Governicchio tecnico che, galleggiando in questo stesso mare burrascoso, dovrebbe rilanciare un’altra (la settima in 30 anni) Riforma che accontenti chi non si accontenta mai e preparare una nuova legge elettorale per andare a nuove elezioni. Rischiando anche che Palazzo Chigi si doti di una Funivia che porti alla Cupola di San Pietro.
Il Panorama Italiano, per essere sincrono con questa situazione, dovrebbe prevedere la Radio con Valvole, TV Bianco e Nero con Silvio Noto, La Nuova 600 multipla per famiglie numerose, la lira con banconote da un milione centimetri 50 per 25, Pizzul a Tutto il calcio minuto per minuto, e i 45 giri di Claudio Villa…
La prendo a ridere per non piangere.
Anche perché, più andiamo avanti, più sui social e i media in genere, l’opposizione alla Riforma gronda di violenza verbale, di insulti, di raccapriccianti ricostruzioni di complotti e di misteri.
Suonano le lugubri trombe del giudizio universale e, a proposito di giudizio, mi sembra proprio di avere sentito dire in una manifestazione del NO a un PM, idolo pop dell’antimafia da Avanspettacolo, che lui vota NO, perché questa Riforma è voluta dalla CIA e dalla J. P. Morgan e ci salveranno solo gli incontinenti compagni dell’ANPI (alla lettera!) e le folkloristiche brigate casaleggine.
Come rispondere a queste critiche? Come dialogare e confrontarsi?
Io (ormai vecchio e deluso) consiglio gli amici del NO di continuare la critica, che è sempre buona cosa, ma di usare la lingua del cervello.
Diversamente saremmo autorizzati a concludere che i loro pensieri provengano dal borbottio di un altro (meno nobile) organo del loro corpo.