di Viviana Di Lorenzo
Il World Economic Forum ha rilasciato i risultati del Global Risk Report 2016, giunto all’undicesima edizione, riguardante i rischi e i pericoli che potranno verificarsi nel futuro prossimo e a lungo termine. Il Global Risk Report è stato reso noto qualche giorno prima della riunione annuale del Forum Economico Mondiale, che si svolgerà a Davos, dal 20 al 23 gennaio.
La ricerca prende in esame 29 fattori di rischio, suddivisi in 5 sotto-categorie, ovvero rischio economico, ambientale, geopolitico, sociale e tecnologico. Lo studio, effettuato da 750 esperti, calcola le probabilità e il potenziale d’impatto, che hanno tali fattori, di verificarsi nell’arco di tempo di un decennio.
I risultati dell’indagine vedono al primo posto dei fattori di rischio più probabili le grandi migrazioni involontarie (cioè dei rifugiati) a livello mondiale, ma è il fattore ecologico a preoccupare maggiormente per il potenziale d’impatto.
Dalla ricerca, infatti risulterebbe, per la prima volta dal 2006, che i mutamenti climatici vadano peggiorando, mettendo a repentaglio la vita dell’uomo. È a causa di questi cambiamenti che siccità, inondazioni, scarsità di cibo si aggiungeranno agli effetti legati al clima e alla cattiva presa in esame di questo problema da parte dei capi di Stato mondiali. Le questioni legate al clima, che interesseranno tutto il mondo in un lasso di tempo piuttosto lungo, non fanno che influenzare le condizioni già gravissime di un altro fattore di rischio, legato ai movimenti migratori di massa e alla sicurezza dei migranti stessi. A questo problema, vanno aggiunti quelli di carattere geopolitico ed economico, che secondo la ricerca, riguarderanno tempi relativamente brevi (18 mesi).
Il Global Risk Report, inoltre analizza le interconnessioni presenti tra i vari fattori di rischio, al fine di comprendere quali sono i più “urgenti” e quali possano essere le modalità con cui intervenire. Il risultato di questi legami tra i vari fattori di rischio ha messo in evidenza che, la “profonda instabilità sociale” è strettamente legata al problema della “disoccupazione/sottoccupazione”, ricoprendo il 5% di tutte le interconnessioni analizzate.
È un’indagine che non lascia molto spazio alla sicurezza e alla speranza di cui oggi sentiamo la necessità, ma che tutto sommato non prospetta nulla di nuovo. I flussi migratori ci riguardano da vicino e possiamo davvero toccare con mano le conseguenze delle migrazioni involontarie e delle tragedie del mare. Vittime di ingiustizie, guerre e sofferenze tentano, con enormi difficoltà, di cambiare la loro vita, inseguendo un sogno in cui vogliono credere, nonostante le atrocità che sono obbligati a vivere tutti indistintamente, uomini, donne e bambini.
È un problema che difficilmente cesserà di esistere se non si metteranno in atto politiche mondiali di sostegno all’umanità per risolvere le questioni legate ai problemi climatici. È già chiaro a tutti, quali siano le conseguenze di tali mutamenti: catastrofi che condizionano la vita di tutti noi, in qualunque parte del mondo viviamo. Ma a poco servono gli studi, se non si realizza concretamente nulla di costruttivo e di efficace, che possa una volta per tutte, essere la prova che qualcosa sta cambiando e che qualcuno sta lavorando affinché ciò si verifichi.