di Pasquale Hamel
“Chistu è lu pagliaru du Zzu Turiddu Malogioglio”. Questa scritta introduceva nel villino, che si affacciava sul lungo viale di San Leone, di proprietà di un originale personaggio agrigentino che per anni è stato coscienza critica di una città in cui le contraddizioni del presente pareggiavano e, perfino, superavano, le glorie di un millenario passato.
Sui due pilastri di mattoni che incorniciavano il cancello d’ingresso a questa, quantomeno, originale dimora, troneggiavano due paia di corna di toro, materializzazione di un’invettiva che troppo spesso aleggiava sulla bocca del suo proprietario.
“Corna” e “Cornuti” erano termini che, infatti, con la sua lingua tagliente, Salvatore Malogioglio, di professione avvocato, usava fin troppo spesso per denunciare le tante magagne che impedivano il decollo economico e civile di Agrigento di cui era sicuramente responsabile, in prima battuta, il ceto politico ma di cui era corresponsabile l’intera comunità locale.
L’avvocato Malogioglio, con il suo vestito stazzonato, con la sua poca dimestichezza col sapone – si diceva che si lavasse una volta l’anno, “quand’era necessario”, e quel bagnarsi veniva accompagnato da un antico rituale particolarmente elaborato – con la sua sferzante ironia, con la sua filosofia anarcoide-populista, non si fermava davanti a niente, andava fino in fondo non curandosi delle conseguenze che il suo dire ed il suo additare potevano comportare.
Di questa figura eccentrica, l’hanno scritto in molti che l’eccentricità è lo specifico dell’homo siculus, c’è un ricordo sfocato che emerge a tratti nell’aneddotica locale che non ne coglie il valore intrinseco ma si sofferma sul fatto di colore, come elemento di folklore di quel contesto di uomini e cose che segnano il paesaggio siciliano e che i visitatori stranieri, affascinati dall’incontro con il diverso e nel caso in specie dell’eccentrico, liquidano con la simpatica aggettivazione “pittoresco”.
Personalmente, giovane studente ginnasiale l’incontrai, in un giorno di primavera, attraverso la lettura di un foglio, La Scopa, di cui l’avvocato era proprietario, direttore e autore dei relativi articoli. Quel giornale quindicinale o mensile, che Malogioglio aveva rilevato dagli eredi del dott. Libertino Alajmo, suo fondatore, veniva distribuito gratuitamente … anzi, no! Perché provocatoriamente si vendeva, si fa per dire, a “lire una, anche a cridenza”.
In testa a La Scopa, spazio per uno spirito libertario e polemico qual era l’avvocato, campeggiava il programma politico che ne sostanziava la missione, mi riferisco all’adagio che la tradizione ha attribuito ad Aristotile Amicus Plato sed magis amica veritas. Ed era proprio il racconto della verità, senza sconto alcuno, che rendeva urticante l’inchiostro sparso sulla carta.
Ma qual era questa verità che l’avvocato proclamava?
Immaginate una folla incuriosita che si assiepa sotto il palco sul quale ad ogni competizione elettorale montava questa figura pirandelliana, non per niente il grande drammaturgo siciliano è del posto, e immaginate questo personaggio che, con il piglio da antico tribuno, leva il braccio puntando l’indice accusatore non contro questo o quel politico ma proprio contro quel popolo che lo viene ad ascoltare.
“Popolu di curnuti ! – e quella gente non s’offende piuttosto attende con soddisfazione che il tribuno prosegua in rigoroso e fiorito dialetto “ggiurgintanu” – Va mangiastivu a sasizza, ora cacate a corda !”. Che tradotto con un proverbio abbastanza conosciuto significava “Avete voluto la bicicletta ed ora pedalate.”
Ecco la verità, una verità che dovremmo tenere a monito perché le disgrazie di quella terra, ma anche della nostra terra, appartengono tutte alla gente del luogo che rifiuta d’ascoltare i buoni consigli. E che nel momento più alto della espressione del diritto di cittadinanza, non ha remore a scegliere male e indicare al governo della cosa pubblica anche i mascalzoni. Salvo poi a piangere sul latte versato pretendendo scorrettamente che gli venga riconosciuto il diritto alla critica.
In copertina, Agrigento negli anni ’50. Foto tratta da www.agrigentoierieoggi.it
Bellissimo.