di Benita Licata
Perché dovrebbe piacere svegliarsi la mattina per buona parte dell’anno e andare a scuola? Se lo chiedono gli operatori scolastici che non vengono gratificati da uno stipendio adeguato al loro lavoro. Se lo chiedono gli studenti che hanno difficoltà a comprendere l’importanza dello studio per il loro futuro di donne e uomini.
Per fortuna non per tutti è così, da alunna sono andata a scuola perché “era il mio dovere”, perché questo mi aveva inculcato la vecchia zia maestra che mi ha allevata. Eppure proprio il suo esempio, la sua professionalità, il suo ” amore ” per il lavoro che faceva, hanno segnato il mio futuro.Io credo che nella scuola per starci bene si deve riuscire ad organizzare il lavoro di tutti nel miglior modo possibile.
La prima condizione è sicuramente l’ambiente dove tutti passiamo una buona parte della nostra vita scolastica: delle strutture sicure, dei locali accoglienti sono la base per creare un clima favorevole all’ insegnamento – apprendimento. C’è da salutare con soddisfazione l’interesse di questo governo per l’edilizia scolastica e c’è da augurarsi che tutti i comuni si attivino perché tutte le risorse vengano usate nel miglior modo possibile. Restano le perplessità per i tempi, perché è veramente assurdo dovere osservare che spesso i lavori previsti non vengano attuati durante la sospensione delle attività didattiche.
Una scuola accogliente educa al bello, invita al rispetto per le cose e quindi per le persone e per se stessi. Da dirigente scolastica il mio interesse prioritario è stato fare vivere bene a scuola tutti e credo proprio di esserci riuscita: quasi nulle le domande di trasferimento e azzeramento della dispersione scolastica. Io ritengo che si debba cominciare esaminando bene le risorse disponibili e, prima di quelle finanziare quelle umane, tutti vanno coinvolti nel progetto didattico che ogni scuola si dà. Le scuole non sono tutte uguali e non devono esserlo. Devono essere utili per il territorio in cui operano e quindi bisogna per prima cosa fare un attento esame delle istituzioni presenti, delle forze sane che si possono coinvolgere, dei bisogni educativi che spesso non vengono espressi palesemente.
Importantissimo sarà il coinvolgimento degli adulti, siano essi genitori, prevedendo un loro coinvolgimento che non sia solo ridotto.al colloquio con i docenti per conoscere il profitto del proprio figlio, siano essi abitanti del territorio ai quali si può offrire la partecipazione a progetti, come quelli finanziati dai fondi europei. Ma questi progetti devono partire proprio dalle loro richieste e dai loro bisogni. Penso all’informatica, allo sport, alla danza, alla musica, al teatro, etc., ma anche al recupero delle abilità di scrittura e lettura, arginando così, se presente, l’analfabetismo di ritorno.
Fare partecipare i genitori ai progetti scolastici dei propri figli ha una valenza sociale enorme e migliora i rapporti tra genitori e figli e tra docenti e alunni. Va coinvolto attivamente anche il personale di segreteria che non deve occuparsi solo di contabilità e graduatorie, lavoro utile ma, se solo tecnico, abbastanza noioso ma sarà importante che questo personale sappia quale è il fine didattico e sociale che la scuola vuole raggiungere anche attraverso il loro impegno.
Gli ausiliari, se vengono coinvolti nel progetto della scuola, troveranno in esso le motivazioni per svolgere al meglio il loro umile ma importante lavoro, convinti come saranno che anche il loro comportamento può essere un modello educativo per gli alunni. Infine la cosa più importante: l’organizzazione del tempo scuola e delle attività curriculari ed extra curriculari.
La Sicilia è l’unica regione italiana senza legge sul diritto allo studio. La Sicilia è una delle regioni in cui il tempo scuola è ridotto rispetto alle regioni del nord, la Sicilia è la regione con più forme di precariato scolastico. Questo ha portato molti docenti siciliani da sempre a cercare lavoro fuori dalla Sicilia e il fenomeno, con l’arrivo della nuova legge è diventato ancora più evidente dato l’alto numero di immissioni in ruolo.
Come arginare il fenomeno che qualcuno molto impropriamente ha definito ” deportazione”? La risposta è facile: potenziando il tempo scuola e i servizi. Aumentare le ore a scuola agli alunni non può e non deve comportare un aumento di lezioni frontali e men che meno un aumento di ore curriculari per i docenti ,bisogna articolare l’orario scolastico con il massimo della flessibilità, prevedendo interventi anche per gruppi diversi dal gruppo classe, dividendo gli alunni secondo bisogni e/o competenze.
Bisogna prevedere interventi di recupero e integrazione, codocenze, laboratori a classi aperte, coinvolgendo nella programmazione di queste attività il più possibile gli alunni stessi che non si sentiranno costretti a scelte ” calate dall’alto “e parteciperanno con più coscienza e impegno. Tutto questo si può fare attivando il tempo pieno alle elementari e il tempo prolungato alla media ma va coinvolto l’ente locale per garantire parallelamente i servizi necessari.
Anche i fondi europei aiutano, tuttavia vanno organizzati non avulsi dal tempo scuola, non come ” altro” rispetto al curriculare ma anzi devono servire ad un rafforzamento delle competenze di base. Oggi, con la “Buona Scuola”, arrivano nelle scuole docenti in più delle cattedre curriculari, docenti “potenziatori”, le premesse sono ottime: questi docenti possono dare l’impulso all’innovazione nella organizzazione del tempo scuola come io ho descritto e per altro attuato.
Due problemi tuttavia si sono palesati subito. Il primo è che questo primo anno si è dovuto coniugare i desiderata delle scuole con la necessità di garantire il ruolo al massimo di chi ne avesse diritto e solo dal prossimo anno con il nuovo concorso si potrà realmente attuare “l’organico dell’autonomia”.
Il secondo problema, che è anche più complesso, è che non tutti hanno letto e compreso la norma e la filosofia che sta dietro la scelta del legislatore riguardo l’immissione in ruolo di questi docenti, eppure è semplice e, ricollegandomi con quello che ho scritto prima si tratterà soltanto di programmare assieme tutte le attività possibili, partendo dalle risorse umane disponibili, affrontando anche, con una calendarizzazione equa e condivisa il problema delle supplenze brevi e non ghettizzando a questo ruolo i docenti ” potenziatori ” che sicuramente posseggono pari conoscenze, competenze e professionalità dei docenti delle discipline curriculari. Basterà sapere distribuire il loro orario di servizio dando loro incarichi condivisi e gratificanti. Credo che da un lavoro cooperativo e ben organizzato le ore che si passano a scuola diventeranno per tutti più piacevoli e lo saranno soprattutto per gli alunni.
Vorrei concludere con le parole del grande Gianni Rodari :” Nelle nostre scuole, generalmente parlando, si ride troppo poco. L’idea che l’educazione della mente debba essere una cosa tetra è tra le più difficili da combattere”
Sviluppare l’esperienza del fare e non solo quella del sapere ,