di Gabriele Bonafede
L’abbattimento di un aereo militare russo da parte di caccia turchi non è stato, purtroppo, un incidente casuale e imprevedibile. Piuttosto è un fatto che si pone sullo sfondo d’interessi a confronto, e spesso non coincidenti, in una zona molto “calda”, forse la zona più calda dell’intero globo al momento.
Sono interessi derivanti, in parte, da opposte “ragion di Stato” dal punto di vista militare ed economico. Interessi noti a tutti, ma che sono stati finora poco considerati nelle analisi che abbiamo visto. Vediamo quali sono quelli più evidenti e facilmente riconoscibili, per capire meglio i termini dell’attuale, preoccupante, crisi diplomatica tra Turchia e Russia, complicata ulteriormente da evidenti problemi interni alla Turchia, ma anche in Russia.
Innanzitutto, e di questo si è parlato, è noto che la Turchia è apertamente schierata contro il dittatore siriano Assad. E lo è anche in chiave, se così si può dire, “etnica”: una consistente fascia di territorio siriano a confine con la Turchia è abitato dai Turcomanni, impegnati ormai da anni in una guerra di sopravvivenza contro un feroce dittatore come Assad. Viceversa, la Russia sostiene Assad senza se e senza ma. Ed è un sostegno chiaramente sordo a istanze di riassetto democratico e pluralista della Siria, ma dettato principalmente dall’opportunità, ben poco pacifista, di una presenza militare russa nella zona. Anche per inondare i media russi di problemi esterni al Paese nel mezzo di una crisi economica preoccupante.
Gli interventi militari russi, anche questa cosa nota, non sono rivolti solo all’Isis, anzi. Sono il più delle volte diretti agli oppositori di Assad che non si riconoscono nell’Isis. Tra questi, proprio i Turcomanni della zona settentrionale del Paese. Zona dove l’Isis è assente.
Dal punto di vista economico, la Turchia necessita fortemente d’importazioni di materie prime energetiche: gas e petrolio. Sono importazioni necessarie a rifornire e far funzionare un’economia in forte crescita. Per quanto riguarda il gas, possono esserci e indubbiamente ci sono interessi comuni. La Turchia necessita del gas russo e la Russia ha interesse a venderlo. Soprattutto nel prossimo futuro, vista la recente rinunzia a importare gas russo da parte dell’Ucraina.
Viceversa, per il petrolio gli interessi sono discordanti. La Turchia ha interesse a importare a poco prezzo. La Russia, esportatrice di grezzo oggi a prezzi poco remunerativi, ha tutto l’interesse a limitare l’offerta mondiale di petrolio per arginare la caduta nel prezzo, già troppo basso per il fabbisogno del budget russo e la costosissima politica estera basata su propaganda e aggressione.
A ben guardare, il caos esistente in Medio Oriente, e segnatamente in Siria e in Iraq, è di grande beneficio per le casse russe: maggior caos c’è in questa zona nevralgica, maggiore è la pressione al rialzo nel prezzo del petrolio. La guerra aumenta il caos. La frammentazione delle fazioni aumenta il caos. Un Iraq debole aumenta il caos. L’Isis (o Daesh) aumenta il caos. Il che deve far pensare sulle vere intenzioni di Putin nell’eliminarlo realmente e definitivamente.
Nel quadro delle sanzioni imposte da Putin alle democrazie occidentali con il bando alle importazioni alimentari, la Russia è però in una posizione molto debole rispetto all’eventualità di “rompere” con la Turchia. Il fabbisogno russo di prodotti alimentari, prima coperto con larghe importazioni dagli Usa, l’UE e l’Ucraina, è oggi in parte coperto da altri Paesi, tra i quali Azerbaijan e Turchia. Se l’Azerbaijan, comunque stretto alleato della Turchia, ha difficoltà nell’esportare prodotti alimentari in molti Paesi perché è fuori dal WTO (e quindi si giova molto del bando alimentare russo aumentando le esportazioni verso Mosca), la Turchia può invece esportare altrove come stanno facendo Moldavia e Ucraina. Inoltre, l’Azerbaijan ha grandi limiti nella produzione alimentare, essendo un Paese piccolo e parzialmente semi-desertico, mentre la Turchia ha ben altre capacità d’esportazione. Un confronto tra Russia e Turchia porterebbe comunque a un confronto anche tra Russia e Azerbaijan che si trova in una posizione strategica particolarmente sensibile.
Il bando russo sui prodotti alimentari occidentali ha già danneggiato fortemente la Russia stessa, con prezzi alle stelle, inflazione e penuria in un quadro di forte contrazione economica. Un ulteriore bando anche ai prodotti turchi (e probabilmente azeri) sarebbe difficilmente sostenibile per la Russia: da qui una situazione d’estrema difficoltà e la possibilità di un accordo non conflittuale, nonostante i proclami ufficiali e i muscoli diplomatico-militari messi in mostra negli ultimi giorni.
Inoltre, la Turchia, come fino a poco tempo fa l’Egitto, è una delle mete turistiche preferite dai russi. Ed è anche un’economia con grandi prospettive di scambio commerciale e di cooperazione economica con la Russia, a prescindere dai settori energetico e alimentare.
Se ci sono forti interessi discordanti riguardanti il petrolio e le scelte d’alleanza militare, esistono dunque anche mutui interessi.
Preverrà la logica del petrolio e dell’aggressività conflittuale o quella del mutuo interesse economico? Finora Putin ha purtroppo privilegiato la prima logica, quella conflittuale, in molte occasioni: prima su tutte nella situazione dell’Ucraina. Mentre la Turchia, fino a qualche giorno fa, ha privilegiato la seconda tralasciando di difendere la popolazione d’etnia turca in Crimea fortemente danneggiata, soprattutto sul piano dei diritti umani, dall’annessione russa. E chiudendo un occhio sulle molteplici invasioni del proprio spazio aereo da parte dei russi. E, non è finita, soprattutto chiudendo ambedue gli occhi ai bombardamenti russi su popolazione e milizie Turcomanne oltre il confine siriano.
Va da se, che la speranza di pace tra i due Paesi rimane nelle capacità (tutte da verificare) dei due autoritari presidenti, russo e turco, ad ascoltare più le ragioni della prudenza e del mutuo interesse che quelle del conflitto. Un confronto tra Turchia e Russia rappresenterebbe un’escalation della guerra siriana (e dell’Isis) con conseguenze a dir poco preoccupanti per la pace nel mondo. Tanto più che la Turchia, al contrario dell’Ucraina, fa parte della Nato. E cioè fa parte di un’alleanza ormai da anni obiettivo principale della pervasiva e accesa propaganda di Putin contro l’occidente.
Su questa, già esplosiva situazione, s’innesta purtroppo la crisi politica interna alla Turchia, aggravata da un potere che diventa sempre più autoritario e che non riesce a dare risposte ad antichi problemi. Con l’assassinio di uno dei maggiori esponenti curdi si palesa un’incapacità dell’attuale governo turco a dare risposte concrete all’equilibrio tra diverse etnie e storie di uno stato molto grande, a partire dalla questione curda. Uno Paese che, almeno fino all’ascesa di Erdogan, ha avuto il grade merito, quasi unico nel mondo mussulmano, di separare religione e stato.
(In copertina: una foto del Corno d’Oro con la Torre Galata sullo sfondo. Foto di Giusi Andolina)