
I mezzi corazzati occidentali possono essere decisivi in Ucraina solo a determinate condizioni di quantità e utilizzo
di Roberto Casalone (*)
Sin dalla battaglia della Somme (1916), l’impiego dei mezzi blindati per condurre azioni di guerra meccanizzata e non più solamente di fanteria, o al massimo di cavalleria, ha, in effetti, creato un intero nuovo microcosmo all’interno della storia militare. Quella riferibile all’utilizzo dei “tank”, tradotti in “carri armati” o mezzi corazzati in italiano. Oggi denominata “guerra dinamica”, in sostituzione alla “guerra di movimento” d’ispirazione napoleonica, anch’essa poi eseguita con colonne corazzate dall’esercito tedesco nella Seconda Guerra Mondiale.

Nello specifico, l’Ucraina, è stata ed è ancora oggi, un terreno ideale per il dispiegamento di mezzi cingolati e ruotati per il combattimento meccanizzato moderno. Lo è stata soprattutto nel secondo conflitto mondiale con l’Operazione Barbarossa (1941), nelle successive operazioni delle offensive tedesche del 1942 e controffensive sovietiche del 1943-44. E, da ultimo, lo è drammaticamente oggi con l’aggressione russa iniziata il 24 febbraio 2022.
Le immense pianure situate negli Oblast orientali dell’Ucraina e, almeno in parte, meridionali, sono il campo più idoneo per dispiegare la massa di manovra e la potenza di fuoco delle unità pesanti. Ovvero, quei mezzi corazzati che in ogni esercito moderno sono la componente di maggior rilievo nel concetto attuale di “guerra dinamica”.
Vediamo i contendenti in dettaglio.
Le forze armate ucraine prima dell’aggressione russa
L’Ucraina viene da un passato pluridecennale di rilassatezza significativa per le proprie forze armate, dove l’avvento dell’indipendenza e la successiva progressiva virata verso la democratizzazione industriale, finanziaria e sociale, hanno altresì dato luogo ad una crescita endemica di corruzione, operazioni commerciali a volte meno che chiare e, di conseguenza, anche di abbassamento del livello di qualità professionale nel mondo della difesa.
Il risultato è stato che fino alla riforma di Poroshenko del 2014/2015, coincidente con l’inizio delle operazioni anti-terrorismo nel Donbass, l’esercito soprattutto, ma in generale le tre forze armate globalmente prese, hanno subito un drastico ridimensionamento. Passando da essere la componente più importante in seno al Patto di Varsavia, dopo la Russia stessa, fino a diventare una forza di meno di 200 carri armati efficienti su di un parco mezzi potenziale di quasi 3500, solo per fare un esempio didattico.
La tradizionale produzione bellica in Ucraina
Ricordiamo che l’Ucraina, Kharkiv nello specifico, è stata da sempre la “casa” delle forze corazzate dell’Unione Sovietica. Infatti lì è nato il leggendario T34, sul tavolo di progettazione di Morozov/Malyshev. Lì a Kharkiv, è nato il rivoluzionario T64. Un mezzo corazzato talmente sofisticato per l’epoca e per il mondo sovietico da necessitare di non essere esportato per paura da parte del Cremlino di perdere il top della tecnologia per i veicoli corazzati della sua generazione.
L’Ucraina è sempre stata in grado di produrre autonomamente ogni tipo di armamento e sistema correlato sofisticato di cui necessitasse l’Unione Sovietica. Produceva dai razzi, ai missili (Dnipro), ai radar, ai motori aeronautici e marini, alle munizioni e all’elettronica di bordo, fino alle tecnologie per l’esplorazione spaziale.
Le forze armate russe dopo la fine dell’Unione Sovietica
L’indipendenza ucraina del 1992 ha di fatto privato la Russia di costole basilari per l’industria della difesa, obbligandola a ingegnarsi per produrre ciò che prima si poteva trovare fatto e finito in terra ucraina. Adesso si vedono le conseguenze sul campo di questa biforcazione delle due strade.
La Russia ha mantenuto in servizio migliaia di mezzi corazzati per decenni, salvo poi accorgersi della carenza di personale specializzato, della carenza di materie prime pregiate per realizzarne alcune componenti e, soprattutto, della carenza progettuale di novità vere e performanti nel settore, dettaglio che richiede denaro, molto denaro.
In servizio, alla data del 24 febbraio 2022, l’esercito russo ha potuto contare su derivati del vecchio T72. Ossia la famiglia del T90, e alcuni derivati dell’ucraino T64, ora chiamati T80, che hanno coabitato per anni insieme ai decrepiti T55, T62 e T72 degli anni ‘70. Mandati poi negli immensi cimiteri per elefanti oltre gli Urali. Si parla di, al massimo, un paio di migliaia di mezzi decentemente moderni, più circa 2000/2500 mezzi corazzati obsoleti in deposito.
Un esercito di prototipi
Non fa testo il tanto sbandierato carro T14 Armata, mirabile opera di disinformazione ai danni degli illusi e impressionabili media occidentali. In quanto i pochissimi prototipi prodotti e fatti sfilare, hanno mostrato tali e tanti problemi da essere considerati irrilevanti nell’arsenale russo, almeno fino all’anno 2026. Ammesso che la Russia abbia voglia o sia ancora in grado di produrne nei prossimi anni.
L’intero sistema militare russo è stato chiamato dagli esperti “l’esercito dei prototipi”. Fatto in realtà da una robusta componente di mezzi obsoleti ma numerosi, a fianco di poche centinaia di mezzi corazzati moderni. Stessa cosa per l’aeronautica e per la marina. Pochi numeri e molta pubblicità di “super armi”, in realtà ancora in fase di studio o di pre-produzione, come il missile Kinzhal, il super-siluro nucleare Poseidon e l’ICBM Sarmat.
L’ammodernamento dei mezzi corazzati ucraini dal 2015
Da parte ucraina, dal 2015 ad oggi si è continuato a piccoli passi e con poche risorse finanziarie interne, a migliorare il carro T64, portandolo prima allo standard T84 Oplot, abbastanza moderno e performante. Poi, integrandolo con tecnologie occidentali, soprattutto francesi e tedesche/olandesi, fino ad arrivare all’ipotesi di coproduzione con la Turchia di un mezzo idoneo agli standard NATO, Si tratta del progetto-Yatagan, mai giunto in produzione ma comunque arrivato alle prove in campo e prototipato.

L’industria nazionale ha poi realizzato tutta una serie di aggiornamenti per i vecchi T55 e T62/T72 da vendersi in giro per il mondo a svariati clienti. La stessa cosa fatta per i veicoli da trasporto truppa delle serie BTR e BMP, ad oggi il cavallo da battaglia di molti eserciti del pianeta, anche se risalgono come concezione agli anni ‘50 e ‘60.
Da parte russa, in ogni caso, parlando di mezzi trasporto truppe cingolati e ruotati, in questa guerra si sono visti solamente appunto, i vecchi BMP e BMD (per le forze aviotrasportate) e BTR. Proprio perché l’industria nazionale non è ancora riuscita a produrre delle alternative. In quanto anche in Russia, e molto di più che in Ucraina, la corruzione ha dilagato grazie alle lotte intestine tra centri di potere e oligarchi. Riducendo e a volte azzerando la capacità industriale militare del paese e dilapidando ogni quattrino possibile in rivoli di regalie e prebende.
Cosa è successo sul campo nelle prime settimane dell’aggressione russa
Sul campo, quindi, allo scoppio delle ostilità, l’Ucraina ha dovuto usare ciò che aveva, purtroppo poco, dosandolo con raziocinio e il contagocce, per non mettere a repentaglio gli asset meccanizzati pesanti di cui disponeva. Motivo per il quale le prime settimane e fino ai primi tre/quattro mesi, si è combattuta una guerra fatta di imboscate contro carro, eseguita da piccoli gruppi molto mobili di unità difensive territoriali.

Queste unità mobili ucraine hanno falcidiato le colonne russe avanzanti in linea retta senza alcuna ricognizione laterale e frontale. Per giunta su arterie primarie del paese invaso, in territorio nemico e senza alcuna copertura aerea ravvicinata, in spregio alla più elementare logica moderna della guerra.
Né alcune ritirate in territorio coperto di foreste hanno migliorato le cose per i russi. Semmai le loro forze corazzate sono state ancora più esposte a usura e imboscate.
In futuro si studieranno molto le cosiddette “lessons learned” di questa guerra…
Le numerose carenze russe nell’utilizzo dei mezzi corazzati
Alla lunga le carenze russe sono emerse tutte, le stesse di sempre, le stesse di secoli. Catena di comando rigida, mancanza di sottufficiali, mancanza di autonomia decisionale sul campo per i comandanti di livello locale e tattico, grosse formazioni mandate all’attacco in massa, senza supporto logistico, scarsa coordinazione cielo-terra, ricognizione elettronica e umana carente o assente, reparti indisciplinati e più inclini alla ruberia che al combattimento professionale, logistica approssimativa e basata sulla requisizione in loco, esattamente come in Pomerania nel 1945.
L’unica cosa che, come sempre nella storia militare russa si distingue, è stata la massiccia presenza dell’artiglieria. Che per tradizione è presente con decine di migliaia di cannoni, anche vecchissimi a traino meccanico (che quasi ogni esercito ha messo in soffitta), con milioni di proiettili in depositi già pronti all’uso (alcuni risalenti all’anno 1943). Ma anche l’artiglieria di campagna, senza la mobilità e l’acquisizione degli obiettivi fatta in modo moderno, si è rivelata scarsamente decisiva nelle battaglie. Di fatto, ha solo ridotto in rovine intere città, riducendo ulteriormente la capacità di manovra degli stessi mezzi corazzati russi.
Da guerra di movimento a guerra di posizione: la situazione dei russi
Ad oggi, gennaio 2023, la guerra è diventata praticamente statica o di posizione. Una guerra di trincea in molte zone, a causa di alcuni fattori chiave. La progressiva mancanza da parte russa di mezzi idonei, ha ulteriormente fiaccato e poi annullato le prospettive di avanzata delle disorganizzate orde russe in territorio ucraino.

Infatti i mezzi corazzati russi stanno diminuendo a vista d’occhio. Si stanno mandando al fronte carri T62 presi da oltre gli Urali dai depositi e dai “cimiteri degli elefanti”. Alcuni sono arrugginiti e hanno i motori difettosi, i carristi migliori sono morti nelle prime fasi del conflitto e quindi mancano equipaggi esperti.
La massa dei coscritti russi, molto spesso obbligati con la forza a combattere, non é addestrata e i riservisti (in alcuni casi ultracinquantenni) non hanno l’età e la predisposizione a farsi massacrare.
Le uniche truppe russe ben equipaggiate (e ben finanziate) sono quelle delle milizie personali dei signori della guerra come Prigozhin e il suo Gruppo Wagner. Ma numericamente sono insignificanti per condurre su vasta scala delle operazioni militari decisive, oltre a piccole battaglie locali.
La situazione ucraina: necessità di schierare mezzi corazzati al fine di liberare dall’oppressore
Da parte ucraina vi è ancora cronica limitatezza nei numeri di mezzi meccanizzati ad alte prestazioni. Vi si sopperisce con i carri russi catturati, con la costante riparazione in piccole officine campali di ogni mezzo danneggiato e recuperabile – vero capolavoro di logistica tattica – e con l’invio costante, ma a piccoli lotti, di veicoli che arrivano da paesi NATO e amici. Ecco che qui si inserisce la vicenda Leopard (foto in copertina), che tanto riempie i giornali e le testate dei media.
Ormai come un mantra, si ritiene che la sola presenza dei carri tedeschi possa risolvere la guerra. E in effetti, alcune centinaia di mezzi corazzati Leopard possono avere un ruolo decisivo.
Va detto che ancora oggi, forse, i Leopard rimangono i migliori al mondo, nonostante alcune sconfitte tattiche locali quando sono stati utilizzati dall’esercito turco in Siria. Nella loro versione 2A7, come equilibrio razionale ed armonico tra velocità, potenza di fuoco e protezione, appaiono come i miglior per la situazione in Ucraina al momento.
Leopard, Abrams e Challenger
I Leopard sono molto più economici degli Abrams americani, che invece sono logisticamente complessi e più numerosi negli arsenali occidentali. Quasi un migliaio di Leopard sarebbero già stoccati e disponibili nelle versioni 2A4 e 2A5). E, soprattutto, i Leopard sono più facili da utilizzare.
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I Leopard sono mezzi corazzati sicuramente più adatti al terreno ucraino dei pesantissimi e poco mobili Challenger britannici, sicuramente ben protetti ma lenti, complessi e delicati nella componente elettronica.
Inoltre, i Challenger concessi sono troppo pochi per essere di qualche interesse e concreto aiuto. Ne furono prodotti solo poche centinaia e ne restano in servizio nel British Army solo poche decine.
Mezzi corazzati: qualità e quantità
Non è sempre vero che la quantità batte la qualità, come nemmeno che la sola qualità batta la quantità. Diciamo che in una guerra moderna, il cervello più agile e adattabile, batte quello più lento e meno incline alla comprensione dei propri errori, si chiama “Evoluzionismo Militare”. In queste parole vi è la chiave della guerra in Ucraina.
Ecco perché è infinitamente più strategico e risolutivo inviare alcune decine di lanciarazzi campali HIMARS, molto costosi ma preziosissimi per la capacità di tiro a lunga distanza, selettivo e di precisione, rispetto all’invio di centinaia di cannoni di vecchia tecnologia senza un controllo del fuoco moderno, usati in ogni dove, come sta facendo, ad esempio, il nemico russo.
Ecco perché è decisivo il dispiegamento di unità mobili pesanti e moderne, ben armate ed equilibrate, rispetto a masse di uomini che si spostano su bus requisiti o su camion degli anni ’50 del secolo scorso.
La copertura aerea
Persino i migliori mezzi corazzati tedeschi della Seconda Guerra Mondiale furono inutili nel fronte occidentale senza un’adeguata copertura aerea. Finirono inghiottiti nella sacca di Falaise nell’agosto 1944 o inchiodati sulle Ardenne nel dicembre dello stesso anno.
Un destino analogo ebbero le gigantesche formazioni di mezzi corazzati russi nell’estate del 1941 di fronte alla supremazia aerea tedesca. Stessa cosa nel maggio del 1940 per quanto riguarda la disfatta degli anglofrancesi e, più di recente, la disfatta dei mezzi corazzati di fabbricazione russa in Kuwait e in Iraq.
Il controllo dei cieli rimane, ancora oggi, condizione necessaria per qualsiasi operazione di guerra di movimento, o dinamica, realizzata con mezzi corazzati sul terreno.
Ecco perché è necessario inibire i cieli al nemico con una forte presenza A2AD (Anti Access Area Denial), per colpire i vettori nemici ancora in volo, prima che lancino i missili o per abbatterli prima che arrivino sul bersaglio. Inibendo nel contempo anche la capacità nemica di ottenere superiorità aerea sul cielo del campo di battaglia. Peraltro mai acquisita dai russi, in quanto privi dei numeri e delle modalità per ottenerla. Ed ecco perché l’uso intensivo di droni e armi “stand-off” occidentali, può rivelarsi il vero game-changer in Ucraina.
Conclusioni
Ecco perché è cinico, ma decisivo, utilizzare le risorse contraeree a protezione delle unità militari al fronte e a protezione dei centri logistici nelle retrovie.
In definitiva, i mezzi corazzati occidentali, che sono certamente di qualità superiore, possono essere decisivi in Ucraina: se presenti in numero sufficiente, associati ad altre armi, utilizzati con intelligenza e con la necessaria copertura aerea.
Questa è la visione attuale del conflitto e questo è l’obiettivo che le forze ucraine devono prefissarsi, per evitare di accettare sempre il combattimento in campo alle condizioni dell’avversario, avversario pieno di problemi, di certo non in vantaggio, probabilmente quasi sfiancato, ma pur sempre potenzialmente pericoloso.
(*) Roberto Casalone è analista militare. Laureato in scienze strategiche, è consulente e docente specializzato in guerra meccanizzata e sviluppo dei mezzi corazzati. Collabora da anni con riviste tecniche di settore e organismi internazionali di ricerca e studio. Con questo articolo inizia la collaborazione con Maredolce.