di Gianluca Navarrini
In un’intervista rilasciata su Repubblica del 10 marzo, Carlo Cottarelli affronta, in un breve passaggio, il tema della giustizia sociale, declinandolo come “uguaglianza delle possibilità” e citando, a tal proposito, quanto sostenuto da Luigi Einaudi in un articolo apparso sul Corriere della Sera il 25 aprile 1948.
Come è noto, l’ex Presidente della Repubblica riteneva che i mali della società nascessero principalmente dai monopoli, la cui eliminazione, tuttavia, avrebbe dovuto coniugarsi con lo strumento del “livellamento” dei punti di partenza: il pluralismo concorrenziale sarebbe stato davvero utile per la crescita del benessere di tutti solo a condizione che «gli uomini nella lotta per la vita possano partire da punti non troppo diversi».
E aggiungeva, a tal fine, che «il frutto delle imposte sui redditi e sui patrimoni più alti deve servire a dare a tutti, anche ai figli dei più poveri, le possibilità di essere educati ed istruiti, sì da gareggiare con i figli di coloro che si trovano più in alto nella scala sociale».
Nel pensiero di Luigi Einaudi, dunque, la lotta contro il monopolio e la massima uguaglianza possibile dei punti di partenza sono elementi coessenziali di una società liberale, fondata sulla libertà di mercato e, nel contempo, su un ordinamento tributario in cui – ad esempio – l’imposta ereditaria sia «congegnata in maniera da costringere gli eredi a ricostruire entro due o tre generazioni le fortune ereditarie, se essi le vogliono conservare».(1)
Uguaglianza delle possibilità, Norberto Bobbio
Tre decenni dopo, anche Norberto Bobbio si è soffermato sul tema dell’eguaglianza dei punti di partenza, sostenendo che tale principio «non è altro che l’applicazione della regola di giustizia a una situazione in cui vi siano più persone in competizione tra loro per il raggiungimento di un obiettivo unico, cioè di un obiettivo che non può essere raggiunto che da uno dei concorrenti».
Tale regola deve trovare applicazione dove prevale una concezione conflittuale della società, perché mira a mettere tutti i membri di quella società in condizione di partecipare alla gara dell’esistenza. Perciò, «proprio allo scopo di mettere individui diseguali per nascita nelle stesse condizioni di partenza, può essere necessario favorire i più disagiati o sfavorire i più agiati». (2)
Ora, per uscir fuori dalle astrattezze teoriche, il problema risiede proprio in questo dilemma: favorire i disagiati o sfavorire gli agiati?
In altri termini, occorre chiedersi se si debbano minimizzare gli effetti della sfortuna oppure neutralizzare quelli della fortuna. La domanda, insomma, è: fornire protesi agli zoppi o azzoppare i sani?
A me pare che il secondo corno dell’alternativa – neutralizzare le conseguenze della buona sorte – sia un rimedio peggiore del male e costituisca la premessa per imporre surrettiziamente una forma di eguaglianza materiale, nella cui prospettiva si deve tendenzialmente essere tutti uguali in tutto.
L’unica strada percorribile
Ma le naturali inclinazioni naturali – il carattere, l’intelligenza, il talento – e le caratteristiche fisiche – l’avvenenza, la prestanza, la forza – delle singole persone sono elementi impossibili da ricondurre all’eguaglianza. Non tutti possono avere la prodigiosa memoria di Giovanni Pico della Mirandola o le prestazioni atletiche di Usain Bolt.
Né si può immaginare di zavorrare i più dotati per avvantaggiare quelli che lo sono di meno, perché questo comporterebbe un danno per l’intera società, con un livellamento generalizzato verso il basso.
L’unica strada percorribile, pertanto, è quella della minimizzazione degli effetti della sfortuna (cioè dell’avversità del caso, non della parassitaria pigrizia, del disimpegno e dell’astuzia dei nullafacenti), redistribuendo la ricchezza attraverso la fornitura di servizi come l’istruzione, la sanità, la giustizia e la sicurezza sociale.
Tutto ciò, però, passa inesorabilmente dalla profonda rimeditazione del sistema tributario, che – senza mortificare il successo – deve però fare in modo «che nessun cittadino sia tanto ricco da poterne comprare un altro e nessuno tanto povero da essere costretto a vendersi». (3)
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(1) Einaudi, “Giustizia e libertà” (1948), oggi riprodotto in Einaudi, “Il buongoverno”, Roma-Bari, 2012, 108 ss.
(2) Bobbio, “Eguaglianza” (1977), oggi riprodotto in Bobbio, “Eguaglianza e libertà”, Torino, 1995, 24 ss.
(3) Rousseau, “Il contratto sociale” (1762), tr. Italiana a cura di G. Barni, Milano, 1988, 102.
In copertina, Jean-Jacques Rousseau. Di Maurice Quentin de La Tour – Sconosciuta, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24158 (cut).
Nel testo, Luigi Einaudi in compagnia del figlio Giulio, 1951. Di sconosciuto – https://www.lastampa.it/2016/09/06/cultura/quando-leinaudi-doveva-spiegare-leuropa-agli-italiani-Qt8tmDGwCfOuFw0GJugnOJ/pagina.html, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=7973290 (cut).