
di Vincenzo Pino
Sono due le località che, a mia conoscenza, prendono il nome di cascata dell’orrido. Una in val di Susa ed una a Bellano nel lecchese, largamente citata, quest’ultima, nei racconti di Andrea Vitali e simboleggiata dalla mummia.

Questo riferimento fotografa perfettamente la giornata di ieri di Salvini in Senato.
Un’anima in pena, schiantato dall’attacco concentrico di Conte e Renzi. Un ministro che sfiducia il suo governo ma non si dimette. Un parlamentare che impone la immediata calendarizzazione alla mozione di sfiducia contro il suo premier ma la ritira mentre se ne discute al Senato.
E che si inventa una ricostruzione falsa della vicenda, imputando a Conte un accordo maturato col Pd, quando invece fino alla settimana passata lo stesso ne aveva garantito l’approvazione del decreto sicurezza bis. Ed aveva quasi rotto coi Cinque Stelle che lo avevano abbandonato al Senato dopo la nota vicenda Tav.
Salvini, nel suo intervento, non riesce nemmeno a completare la sintassi delle sue frasi. Si lancia con i soliti insulti a tutti i parlamentari non leghisti. Brandisce ancora una volta il rosario bestemmiando e rodendosi lo stomaco mummificato.
Finisce così, in una cascata dell’orrido, l’orrido governo Lega-Stella.
Certo, saranno non pochi quelli che crederanno alla narrazione salviniana, ammorbati dalla paranoia complottistica, ed incapaci di dare una sequenza logica agli avvenimenti. Ma saranno certamente una minoranza nel Paese.
Peserà indubbiamente nel determinare una diversa consistenza del consenso la determinazione di Conte nel tranciare nettamente questa esperienza di governo a fronte degli ammiccamenti eterni di Di Maio. Si può dire che l’Italia scopre un nuovo protagonista nella vicenda del paese. Anche se, come ricordato da Emma Bonino e molti altri senatori, il ripensamento di Conte è molto, molto tardivo. Giganteggia invece Matteo Renzi, che troppo frettolosamente qualcuno voleva cancellare dalla scena politica.
Finale persa a cascata
Non sappiamo se si andrà ad un nuovo governo che possa durare l’intera legislatura o che viceversa prepari le elezioni. Quello che si sa è che Di Maio è uscito con le ossa rotte da quest’anno di esperienza governativa, cedendo la leadership nei cinque stelle a Conte.
E dall’altra parte Salvini uscirà fortemente ridimensionato per aver tentato di stravincere una partita che stava dominando.

Per dirla in linguaggio calcistico Salvini ha preso tre gol nel secondo tempo mentre nel primo stava vincendo tre a zero.
Assieme alla foto di Renzi che Giorgetti aveva regalato a Salvini gli incubi del padano si accompagneranno al ricordo della sconfitta del Milan nel 2005 col Liverpool.
Quando per l’appunto perse la finale dopo aver chiuso il primo tempo per tre a zero. In sei minuti dopo un’ora di dominio, i rossoneri presero tre gol, appunto.
Si fosse ricordato di questo episodio sarebbe stato più prudente l’ultrà milanista. Ma forse avvinazzato com’è sempre ha perso la memoria della finale persa così malamente.