La “politica”rassicurante del tempo insicuro: uno specchio per le allodole che porta solo problemi. L’esempio del confine sloveno
di Vincenzo Pino
Insorge anche tra il popolo democratico, per fortuna largamente minoritario, un sentimento di scoramento sulla impossibilità, in questa fase, di “difendere” i confini del “suolo patrio”.
Le paure salvininane hanno seminato bene tre gli italiani. Ed hanno fatto riemergere fantasmi che credevamo fossero ormai sepolti dopo quasi settantacinque anni di pace e di pacifica convivenza tra i Paesi europei.
Ed in questo clima si affaccia pure l’ipotesi di realizzare anche un muro di filo spinato tra Italia e Slovenia, paese questo, ricordiamolo, che fa parte della Ue dal 2007.
Ricordo i festeggiamenti per l’adesione della Slovenia alla Unione Europea. Quel confine che spezzava in due la stazione ferroviaria di Gorizia, rimosso alla presenza di Prodi e del leader sloveno, tra ali di popolo gioioso.
E si completava, così, un percorso di integrazione che le popolazioni giuliane avevano già maturato dalla fine della guerra fredda.
Quando c’erano le sbarre ai confini con la Slovenia
Come non ricordare che già ancor prima dell’abolizione dei confini vi era une quotidiana pendolarità tra le due nazioni?
Giornalmente gli italiani passavano il confine per fare il pieno di benzina o per acquistare carni e generi alimentari che al di là del confine costavano la metà.
Ovvero che frequentassero i ristoranti sloveni anche questi molto più convenienti di quelli italiani.
E come non ricordare, infine, che la fine della guerra fredda determinò l’abolizione delle servitù militari in base alle quali molta parte del territorio era stata requisita ai contadini per far posto a postazioni militari con cannoni nascosti da rivestimenti di arbusti in intere vallate della zona. Incoltivabili e che accelerarono i processi di migrazione da quella regione nell’immediato dopoguerra.
I benefici della rimozione del confine italo-sloveno
Con la fine della guerra fredda vi fu la riconversione civile e produttiva di quelle zone, prima occupate da caserme ed armamentari bellici.
Zone che avevano visto prima una forte preponderanza numerica di militari sulle popolazioni civili. Questo era la difesa dei confini nell’immediato dopoguerra.
Ritornare al filo spinato significherebbe farebbe fare un salto all’indietro di quasi cinquant’anni, abolire il trattato di Schengen la libera circolazione di uomini e merci. Insomma quasi un ritorno ad una atmosfera da guerra fredda.
Non credo che questo ritorno indietro, proposto dal neo presidente della regione Friuli, Fedigra, sia possibile.
In questo caso, almeno, i cinque stelle e quelli friulani in particolare hanno mostrato segni di totale opposizione a questo folle disegno.
Occorrerebbe anche qui un decisivo cambio di passo per salvaguardare l’Europa (e non solo l’Italia) da fenomeni di trasmigrazione di massa, unitamente ad un deciso sostegno economico ed umanitario, sempre Europeo, per quelle nazioni che vivono condizioni intollerabili di povertà e di guerra.
Questa è la via maestra, difficile da perseguire, non quella di alzare muri o realizzare blocchi navali con cannoniere nel mare Mediterraneo, evocando scene da guerra.
Il nuovo compito dell’Europa
E per fare questo occorre modificare il trattato di Dublino, avere a disposizione un esercito ed una polizia europea comune, che difenda, con tutte le cautele del caso, i confini europei e non scarichi sui singoli paesi il peso di questa mission. E soprattutto abbiamo bisogno di una nuova politica estera europea.
Non si può più andare in ordine sparso a fronteggiare fenomeni di portata sovranazionale con politiche nazionali che rischiano di aprire conflitti anche tra gli stessi paesi membri della Ue.
E questo per fronteggiare possibili accelerazioni critiche come sta avvenendo in Libia, dove il fronte europeo sembra risentire di divisioni e di strategie divaricanti.
Questi sono i passaggi decisivi per superare l’attuale fase critica. E non la risposta difensiva e truce di fronte ad una “pretesa” emergenza di qualche centinaio tra naufraghi e clandestini che attraversano la frontiera slovena.
Ma per far questo avremmo bisogno di un governo degno di questo nome.
Che invece specula sulla “emergenza” che lui stesso crea a fini di consenso immediato, rinunziando a prospettare soluzioni adeguate nelle sedi europee deputate a discutere ed a risolvere questi problemi.
In copertina, confine tra Italia e Slovenia. Immagine tratta da Wikipedia. Di User:Dantadd – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1422670
Immagini nel testo:
Prima immagine, festeggiamenti a Trieste, foto da Città nuova 10 Marzo 2008
Seconda immagine, la rimozione della sbarra di confine a Robic, frazione di Caporetto. (Repubblica 21 Dicembre 2007).