di Vincenzo Pino
Il disastro elettorale del Movimento Cinque Stelle non avviene solo in Sicilia. Lo sconvolgente quadro della debacle grillina sta tutto in questa cifra: dal 32,7% del 4 Marzo al 12,1% del 10 Giugno.
L’analisi dei flussi dei voti penta stellati in uscita, realizzato dall’Istituto Cattaneo e pubblicato nel Corriere della Sera del 12 Giugno 2018, ci presenta, infatti, un andamento sintetizzabile nelle seguenti considerazioni.
Innanzitutto, solo il 38% degli elettori conferma il proprio voto nelle due tornate elettorali. Inolttre, il 45% rifluisce verso l’astensionismo.
Va anche detto che il 17% si sposta verso i tradizionali poli centro sinistra-centro destra in maniera tendenzialmente equanime.
Per quanto riguarda poi la distribuzione territoriale, come si evince dalla tabella sottostante, le perdite del Movimento Cinque Stelle sono omogenee ovunque tra nord centro e sud.
Unica eccezione è Terni dove il M5S è riuscita a contenere le perdite in relazione ad un crollo del centrosinistra, riuscendo così a rappresentarsi come alternativa al centrodestra. Ma, tra i capoluoghi di provincia, è l’unico caso in Italia: una anomalia. Nel caso di Ragusa, secondo capoluogo dove il movimento concorre per il ballottaggio, questo avviene sulla base di un ridimensionamento notevole rispetto alle precedenti elezioni del 2013, e anche rispetto al 4 marzo, quando aveva raccolto il 52%.
Nella tabella qui in basso riportiamo i dati del disastro con il quadro analitico del voto per i capoluoghi di provincia del voto M5S. La prima colonna riporta le città capoluogo. La seconda e la terza colonna riportano la percentuale di voti del M5S il 4 marzo e il 10 giugno. La quarta colonna riporta la perdita in termini percentuali su tutto l’elettorato. L’ultima colonna riporta il flusso in uscita dal movimento Cinque Stelle, ovvero, il tasso d’abbandono dell’elettorato che aveva votato Cinque Stelle in ogni città.
I numeri sono semplicemente impressionanti. E impietosi. Il disastro è evidente e particolarmente forte a Imperia, Sondrio e Trapani. In queste tre città oltre 4/5 dell’elettorato grillino abbandona il voto al Movimento. In pratica, si scioglie come neve al sole.
Per quanto riguarda questo risultato non è certo possibile avanzare considerazioni politiche generali, troppi sono i fattori che ne determinano una non facile leggibilità.
Si potrebbe infatti pensare che il movimento Cinque Stelle nelle elezioni amministrative perde il suo appeal, ma questa affermazione è contraddetta dal turno elettorale amministrativo del 2016 quando riuscì a conquistare circa il 33% di media per il rinnovo di grandi municipalità come Roma, Torino e Livorno per citare le più note.
Al contrario,invece, a sembra che il voto ai penta stellati sia fortemente influenzato dalle dinamiche politiche nazionali. Un partito fluido capace di intercettare le debolezze e le divisioni altrui ma che non è capace di porsi come alternativa di governo credibile.
Nel calcolo di politologi e degli studiosi di flussi elettorali si assegna nelle elezioni amministrative il 70% di valenza alle situazioni locali ed il 30% all’adesione rispetto alle politiche nazionali. E questo calcolo risulta assai agevole per il M5S per il quale vi è una corrispondenza esatta tra i due termini in quanto non incidono sul voto apporti di liste civiche o locali.
Ebbene, proiettando questa ipotesi sul piano politico generale in questo momento, il M5S sarebbe già ridimensionato al 25% circa, il Pd sarebbe al 22% e lo schieramento largo di centrosinistra, quale presentato in queste elezioni, supererebbe di gran lunga il 30% e potrebbe arrivare fino al 34, mentre il centro destra sarebbe al 41%.
Solo ipotesi di scuola, comunque, che però si intrecciano con la probabile delusione dell’esito governativo. Se da un lato ha fatto perdere voti sulla componente di sinistra del voto pentastellato ne fa perdere altrettanti sul versante di destra. Visto che la Lega si è dimostrata più capace a dettare i temi dell’agenda di governo, come la vicenda Acquarius dimostra. Mettendo così i grillini in grandissima difficoltà: la vicenda del sindaco di Livorno, Nogarin, è la testimonianza più evidente.
Ed infine non si può sottacere l’azione critica di Grillo in tutto questo. Insomma sembra proprio che la conduzione post 4 marzo di Di Maio non sia stata foriera di successi, tanto che una prospettiva di elezioni anticipate lo fa terrorizzare costringendolo a subire l’iniziativa e le incursioni di Salvini.
Anche se questo quadro non è ancora riflesso nei sondaggi adeguatamente, è possibile che l’impressionante ridimensionamento dei grillini e l’insuccesso della tornata amministrativa del 10 Giugno ne siano insieme un segnale ed un acceleratore.