Sulla crisi italiana e Mattarella: dai proverbi siciliani alla politica
di Daniele Billitteri
In una situazione come questa la prima preoccupazione delle persone responsabili dovrebbe essere quella di non perdere la calma. Si può essere arrabbiati senza perdere la calma? Io penso di sì. Anzi: la lucidità arma la rabbia di ragioni e, magari, gli consente di sortire effetti.
Io penso ancora che urli chi è senza ragioni o, peggio, le misura in decibel. Riconosco le ragioni di tutti. Nel senso che riconosco a queste ragioni diritto di cittadinanza. Che non è come dire: pensate quello che volete. Ma anche sì. Ed è giusto così. Guai se non potessimo farlo.
Ma questo non vuol dire che ci si debba riparare dietro una mancanza di posizione perché, come quando ci sono le elezioni, uno è chiamato ad esprimersi e addirittura, come nel caso del voto, una volta il non andare a votare veniva annotato sul certificato penale. Che era, lo riconosco, un’esagerazione. Ma sul principio della comune responsabilità mi pare si possa convenire.
Ho una certa età e non lo dico perché “vecchiezza è saggezza”. Queste sono sciocchezze. Ho gli occhi pieni di vecchi mezzibusti in tv con gli occhi iniettati di sangue. Quindi niente saggezza per anagrafe.
Ma l’età mi ha regalato il bagaglio della memoria e se mi guardo indietro vedo bruttezza e bellezza, sogni e drammatici risvegli, fortuna e sfiga. Ma tutto questo lo vedo disposto su un campo seminato. Mi sento di aver fatto e di fare la mia parte. Insieme con tanti altri. Anche scrivendo queste righe. Per questo le scrivo sfidando quello che per ora mi sembra un tifo organizzato e gestito professionalmente.
Forse il Presidente della Repubblica doveva cedere su Savona e far partire il governo. Aveva già fatto tanto. Forse, a mio parere, perfino troppo: aspettando capricci, lotte interne, invidie, gelosie. In tre mesi abbiamo visto svilupparsi in tutta la sua magnificenza un motto che conosciamo bene dalle parti nostre perché è molto “pirandelliano”: il fatto è uno, il discorso è un altro. Da questo punto di vista, quella che abbiamo di fronte è una sorta di “crisi magica”.
Io, tuttavia, penso che il Presidente non sia andato oltre le sue prerogative. Magari le ha esercitate in un modo insolitamente ruvido. Ma forse lo ha fatto di più chi ha pilotato una crisi per molti aspetti extra istituzionale: un programma preparato dai leader, una lista di ministri già presentata non al Quirinale ma alle agenzie di stampa, la scelta ultimativa (ma mi pare infelice) di un candidato premier che, con tutto il rispetto per il suo curriculum, non mi dava l’impressione di avere tutte le carte in regola per misurarsi nella turbolenta arena europea. Premier mai eletto. Ed è molto dubbia l’argomentazione che, poiché era nella lista dei ministri presentata “al popolo” che poi ha votato il partito che l’aveva prodotta, allora ha votato pure lui. Non scherziamo con le cose serie. Se proprio vogliamo parlare di prerogative, beh… nella Costituzione ci sono scritte altre cose.
Questo governo, dunque, sembrava destinato a una forte quota di etero direzione e Conte non avrebbe certo potuto permettersi, quotidianamente, di ignorare il “mattinale”. Maligni retroscena riferivano di strategie del potenziale ministro per l’Economia secondo le quali il professore puntava a uno spread a 600 punti per fare scoppiare il debito pubblico e poi tirare fuori il famigerato “piano B”, quello dell’uscita dall’Euro.
Ma, vedete, io non sono giustizialista, non penso che il sospetto sia l’anticamera della verità. Quindi devo ancorarmi alle cose che hanno corpo. Sperando che abbiano anche anima. E di quella malignità non c’è traccia. Che noi sappiamo.
Una cosa è certa: la gestione di questa crisi ha appalesato che questo Paese ha una lunga strada (impervia) da percorrere prima di arrivare a una “democrazia automatica” come nei paesi dov’è nata o dove è stata esportata oltre 200 anni fa. Nelle Storie dove viene praticata da meno tempo, la democrazia è una femmina bellissima con compagni volgari che l’hanno tradita ogni giorno sostenendo di volerla rispettare o, addirittura, compiendo le cose peggiori in suo nome.
Io vivo a Palermo dove ci sono buche come a Roma. Ma questo non assolve la Raggi. E gli autobus non funzionano neanche qui. Ma questo non assolve la Raggi e il “questo succede dappertutto”, non può essere un punto del programma. Né per la Raggi né per chiunque.
Palermo è una città dove il reddito di cittadinanza se lo procurano i palermitani attraverso una pratica diffusa dell’illegalità. Sto in un quartiere dove tutti posteggiano sul marciapiede, dove gli incroci sono presidiati dagli “ambulanti fissi”, dove gli stereo a manetta strombazzano pure alle tre del mattino. Non basta la teoria della sopravvivenza per giustificare questa ferita alla democrazia. È una piccola ferità ma è di quelle che si possono infettare con facilità. E allora sono guai.
E dove sono gli ecomostri dei rapaci paperoni? Da Sferracavallo a Marsala è una lunga teoria di “villette” abusive fatte non da qualche immobiliare mafiosa ma da gentuzza modesta. Che sarà mai? Vogliono demolire? Ma perché non vanno a demolire prima Montecitorio? Vogliamo il condono.
Ecco il Paese che arranca e che poi passa da un plebiscito a un altro come se cambiasse le mutande e butta nel cesso storie antiche e onorevoli trovando sempre chi gli dà una mano dall’interno. Ed è il caso, tanto per dire, della Sinistra che non c’è più.
Certo, fare cazziate a interi popoli non è corretto ma è pur vero che, se mancano i contrappesi, manca l’equilibrio e l’opposizione non si fa rincorrendo la maggioranza o facendo come se non esistesse. Mattarella è uno, non è l’Opposizione, guai se dovesse sentirsi investito da questo ruolo. Quindi anche lui deve stare attento a dove mette i piedi.
Che si sappia: di questo passo finiremo come in Grecia alla quale l’Europa ha pagato i debiti creati da politiche fiscali e previdenziali assolutamente folli. L’Europa pagherà anche i nostri? Ho forti dubbi. E malgrado questo, noi continuiamo a tirare fuori quattrini per dare da mangiare a polacchi, ungheresi e rumeni mentre i quei paesi si costruisce il Fascismo 2.0. Ne sentiremo parlare.
Pubblico questa nota, questi appunti, avvertendo che non replicherò ai commenti. Mi hanno chiesto in tanti cosa pensassi ed eccomi qui. Ma ora torno a cazzeggiare. Che è bellissimo.
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