
Savì Manna mette in scena il racconto lucido di una passione verso il proibito
di Gabriele Bonafede
C’è un teatro in via Martin Luther King a Palermo. Nomen omen, in questo caso sul piano topologico. Il nome è un presagio, un nome un destino, il destino nel nome, di nome e di fatto… se è vero, e a volte forse lo è, che nel nome sia indicato il destino, o per lo meno il percorso.

Il teatro che a Palermo è sito in via Martin Luther King è il Teatro Mediterraneo Occupato, sempre più conosciuto con l’acronimo TMO. Ed è un teatro di sperimentazione, se vogliamo un “teatro off”, che pone in primo piano il teatro quale comunicazione di istanze per i diritti civili, cooperazione, accoglienza, confronto, dialogo, spesso con il margine posto al centro dei temi.
Il TMO è soprattutto sede di produzioni indipendenti, centro di formazione per le arti performative, comunità di discussione sulla metropoli. Promuove e ricerca pratiche di democrazia diretta, auto-formazione e produzione cooperativa.
Ubicato in un’area particolare di Palermo, già essa stessa città dalla straordinaria collocazione, il TMO in qualche modo è nel tratto ombelicale della Conca d’Oro rispetto al mondo: sostegno vitale, nel bene e nel male, che di madre-Palermo ne segna un rapporto tra “dentro e fuori”. Siamo infatti alle falde di Monte Pellegrino, il “Monte sacro” a Palermo in qualsiasi tempo e religione.
E siamo in una fettina di terra nell’area della Fiera del Mediterraneo, altro punto di scambio con l’esterno materiale e immateriale alla città. Siamo pure nel corto circuito tra centro città e borgate marinare e nel paradosso tra città parassitaria e città produttiva: tra Cantieri Navali e Parco della Favorita, tra agiate residenze e palazzi economici, tra popolo e spreco.

Come il centro dell’ombelico, il TMO è un nucleo di vita, di sperimentazione, di visualizzazione della materia originaria: nel bello e nel meno bello, come da organica fatica dell’essere. Estetica o meno, il luogo e la sostanza del TMO riportano al passaggio di nutrimento culturale, atmosferico: e quindi teatrale, viscerale.
Le viscere di Palermo non sono solamente nelle scaldatiane borgate del centro storico. Ma anche in quelle della semiperiferia urbana, che è ancora più centrale persino nelle distanze, in questo caso: via Martin Luther King unisce in un paio di centinaia di metri la Palermo “bene” di Piazza Don Bosco e via Libertà con l’Acquasanta, con la montagna sacra, con l’esterno al limite dell’immaginazione marina e quindi oceanica.
Viscere semiperiferiche di Palermo, dunque. Che tra alcuni di giorni, domenica 22 aprile, ospiteranno le viscere di Catania, unendo un cordone ombelicale all’altro. L’occasione è uno spettacolo da ventre, tripes, fegato, passione, colore, gioco, censura, proibito. Cordone ombelicale allo stato puro dunque, con Freud che guarda dall’alto consesso sperimentale. Lo spettacolo s’intitola “Patrizzia” (con due zeta), più precisamente “Patrizzia, la vera storia di una sensation seeker”.
Così lo presenta la produzione: “Al TMO il tour siciliano di ‘Patrizzia, la vera storia di una sensation seeker’ spettacolo con cui l’attore e regista catanese Savì Manna prosegue la sua ricerca attoriale e linguistica fissando l’attenzione su un personaggio ai margini della società, metafora della Sicilia.”
È il racconto lucido di “una passione verso il proibito” e della disperata ricerca di un quotidiano sempre sopra le righe. Contro ogni retorica e conformismo, Savì Manna prosegue così la sua ricerca attoriale e linguistica fissando l’attenzione, ancora una volta, su un personaggio ai margini della società, metafora della Sicilia, una terra ai margini dell’Occidente. Patrizzia è anche testimone di un’identità di genere frammentata, smarrita, nella quale le costruzioni simboliche di appartenenza sessuale si destrutturano e si ricompongono in un conflitto interno incessante.

“Siamo a Catania – dice Manna – la protagonista del monologo, Patrizzia ha 50 anni e lavora allo storico mercato della Pescheria. Patrizzia oggi per campare vende il pesce, ma non ha fatto sempre questo nella vita. Alle prime luci dell’alba, seduta su una poltrona nera, nell’intimità della sua casa, racconterà al pubblico la sua storia eccezionale. Quelli come lei li chiamano sensation seeker, cercatori di sensazioni: uomini e donne dipendenti da stimoli intensi ed esperienze estreme, perché alla continua ricerca di adrenalina pura. Patrizzia, moderna sirena, ammalia chi la ascolta cantando le vicende della sua vita avventurosa nell’unica lingua che conosce, il dialetto catanese.”
In questa indagine, il loop di Patrizzia va cercato nelle sfumature più nascoste e contraddittorie dell’umano: “il ricorso al dialetto – precisa Savì Manna – non è mai mezzo di rappresentazione realistica e conservatrice, bensì possibilità di espressione immediata e immaginifica, capace di trasformare la realtà in astrazione leggendaria. ’U me restinu ié siggnatu. Iè nuddu mi po’ ddari abbentu, tutti sa fanu a’ lagga ri mia iè hanu centu voti raggiuni a farisilla a’ lagga ri mia. ‘A verità ié ca jù ri intra sugnu china china ri medda. Chissa ié ‘a verità.” (“Il mio destino è segnato. E nessuno mi può dare aiuto, tutti stanno alla larga da me e hanno cento volte ragione a starsene alla larga da me. La verità è che io, di dentro, sono piena di merda. Questa è la verità”).
Savì Manna è stato allievo di Carmelo Vassallo, regista catanese scomparso nel 2010. Le periferie di Librino e San Cristoforo a Catania stanno a quelle di Borgo Nuovo e Falsomiele a Palermo, come il catanese Carmelo Vassallo sta al palermitano Franco Scaldati. Anche qui, un cordone ombelicale, un’unione, su una poetica del margine che affonda radici tanto nelle grigie pietre di Billiemi palermitane quanto nelle nere pietre laviche catanesi: centro storico e periferia in un salto lessicale e teatrale che ne mantiene il ventre popolare, centrale e marginale assieme.

«Patrizzia, la vera storia di una sensation seeker, è senza ombra di dubbio il lavoro che più mi ha messo in crisi – scrive Savì Manna nelle note di regia – eppure il suo concepimento è stato, oserei dire, involontario. La prima bozza la scrissi di getto una notte a Milano, dopo una eccesiva bevuta di sake, l’alcolico giapponese. Occasione più unica che rara considerando il fatto che di norma sono astemio. Il mattino successivo mi svegliai intontito e ancora vestito sul letto con un foglio sul viso, foglio che non ricordavo neanche di aver scritto. Rileggendo e decifrando le mie stesse parole, mi accorsi che la storia che avevo immaginato era davvero incredibile.”
“La lasciai fermentare per un po’ prima di ritornarci. Viaggiammo insieme in lungo e in largo per l’Italia. Ma dopo un concepimento così naturale, non riuscivo a superare delle difficoltà interpretative, la storia mi convinceva ma qualcosa mi sfuggiva, lo stesso personaggio. Non mi sentivo credibile. Ho provato a confrontarmi con il regista e amico Claudio Collovà, ma tutto andava in direzione contraria al punto in cui mi trovavo. Ero turbato.”
“Poi una sera, seduti a un tavolo della Vucciria, nel cuore del centro storico di Palermo, mentre cercavo di dare forma alle mie perplessità, si è materializzata Patrizzia – continua Manna -. Per la prima volta nella mia vita ho incontrato il personaggio di uno spettacolo già scritto, e non nego che ho avuto paura: sono stato insultato, quasi aggredito fisicamente, e costretto per un lasso di tempo indefinibile a restare in sua compagnia. Infine con diplomazia, o semplicemente per spirito di conservazione, sono riuscito ad uscirne indenne. Era il segnale che aspettavo. La chiave di volta che stavo cercando era la stessa realtà a fornirmela. Patrizzia è il difetto, l’indicibile, il lato oscuro della mia città, ciò che nessuno vuole vedere o sentire, ma di cui tutti siamo complici. È quella furia sciocca, volgare e indomabile, che si respira e si perpetua tra le strade di Catania.”
Patrizzia. La vera storia di una Sensation Seeker
Di, con e regia Savì Manna, scenografie e disegno luci Salvo Pappalardo, produzione Leggende Metropolitane. Con il patrocinio del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Catania e in collaborazione con Latitudini, rete siciliana di drammaturgia contemporanea.
Date tour:
Sabato 7 aprile ore 19 Teatro FMA IPAB – Barcellona Pozzo di Gotto (Me)
Domenica 8 aprile ore 21:15 Teatro B. Joppolo – Patti (Me)
Domenica 15 aprile ore 19 Land la Nuova Dogana – Catania
Domenica 22 aprile ore 21 TMO Teatro Mediterraneo Occupato – Palermo
Trailer: