di Gabriele Bonafede
È stato chiamato Spazio Franco ed è il nuovo palcoscenico che sta emergendo nella più conosciuta tra le archeologie industriali di Palermo: i Cantieri Cultuali alla Zisa. Franco, sincero, reale: che non si nasconde e che invece si propone quale luogo d’intenso dialogo culturale. Non a caso, stasera propone un testo di Sartre con una rivisitazione di La Putain respectueuse in chiave attuale, italiana e mediterranea insieme.
L’ideatore di Spazio Franco è Giuseppe Provinzano attore e regista teatrale nonché presidente dell’associazione culturale Babel Crew. Qui a Palermo sappiamo che questo nuovo spazio teatrale ha avuto il suo battesimo il 23 marzo 2018, con una tre-giorni di eventi: teatro musica e arti performative, tutto insieme: “… per dare l’idea di quello che sarà il nuovo spazio culturale di Palermo. E sono tanti gli artisti che hanno deciso di sostenere la nuova avventura, attraverso un cartellone ricco e variegato”.
Ma un nuovo “battesimo” arriverà stasera, con Il rispetto di una puttana, appunto ispirato a “La Putain respectueuse” di Sartre. Una pièce che è andata con successo in scena la scorsa estate al Teatro Montevergini di Palermo e ieri a Zo-Culture di Catania. Realizzata con il progetto Amunì e un gruppo di attori professionisti insieme a non professionisti migranti, ha già fatto parlare di sé per la grande capacità di comunicazione artistica multidisciplinare e innovativa.
Lo Spazio Franco è nato quale laboratorio per la creazione contemporanea, sito all’interno del Padiglione 18 dei Cantieri Culturali della Zisa, concesso in locazione dal Comune di Palermo alla Babel Crew per aver vinto, in partenariato con l’associazione Amunì, l’avviso pubblico “Giovani per i Beni Pubblici” del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile nazionale della presidenza del consiglio, che ne ha finanziato i lavori di adeguamento, allestimento e avvio attività.
È anche la sede operativa della Babel Crew e del progetto Amunì (a sua volta finanziato dal bando MigrArti del Mibact per il 2017 e il 2018) e propone le sue attività in maniera multidisciplinare tra teatro, danza, musica, audiovisivo e fotografia in percorsi di prima e alta formazione, residenze artistiche e organizzazione di eventi artistici e culturali.
“Non è una sala prove ma un luogo di produzione culturale, lo Spazio Franco non si affitta ma ci sarà spazio per chi vuole fare cultura” dice Giuseppe Provinzano, “Ecco perché lo abbiamo chiamato Spazio Franco: come a ricordare quei luoghi in cui tutto ciò che non è considerato legale tra un Paese l’altro all’interno di questo spazio può avvenire. Vuole essere un luogo in cui tutto ciò che è sommerso, che in qualche modo non riesce a svilupparsi in modo professionale o istituzionale, qui può trovare come sviluppare le proprie creazioni”.
Sartre, dunque, stasera. A simboleggiare l’impegno libero e responsabile di ogni individuo in uno spazio che è franco, aperto, schietto, sincero. La pièce di stasera, Il rispetto di una puttana, vede protagonisti, anch’essi schietti e aperti, gli attori di Amunì. Capaci di comunicare la cifra della responsabilità sartriana nell’ondivago pensiero “di massa”, ormai trasportato dalle derive di questo inizio di XXI secolo.
Ricucendo così il nocciolo di ferma responsabilità di fronte ai corsi e ricorsi storici, nella rilettura delle prigionie culturali, politiche e sociali di ieri e di oggi. Se il testo originario di Sartre si riferiva alle discriminazioni sociali intessute dal ruolo politico dei preconcetti di allora, la rappresentazione “aggiornata” del gruppo Amunì trasla il tutto al preconcetto razzista di oggi. Che, a pensarci bene, non è diverso da quello di alcuni decenni fa. E lo fa senza tradire gli stessi aspetti sociali e politici proposti da Sartre a suo tempo. Al contempo, l’espressione artistica si giova di un’integrazione chiara e intellegibile tra le diverse discipline, come da manifesto di Spazio Franco.
Il pregio di Il rispetto di una puttana, come lo abbiamo visto nell’edizione al Montevergini dell’estate scorsa, non è solo di rispolverare Sartre e condurlo idealmente a un possibile aggiornamento per il XXI secolo. Ma è anche quello di far raccontare alle vittime dei preconcetti di oggi, i migranti, l’unione ideale con le vittime dei preconcetti di ieri: le puttane, i marginali. Stabilendo così un artistico e visionario legame tra tempo passato, presente e futuro.