di Daniele Billitteri
C’era uno che fa il minatore. Scava dove c’è da scavare. Ma pure dove nessuno scaverebbe perché non se ne accorge, perché non ha tempo, perché si accontenta della superficie. Lui invece scava. Sempre. E trova. Sempre. Ma il bello è che, per quanto palude scandagli, ne esce fuori sempre con qualcosa di buono. Qualcosa di utile.
A tratti indispensabile. Il minatore si chiama Ettore Zanca. E di questa sua faticosa attività offre testimonianza in un libro. Avete presente? libro: oggetto di materiale prevalentemente cartaceo privo di display, contenente idioma con l’impiego di caratteri mobili, espressione di un linguaggio ma pure di un pensiero, o anche più di uno. Manufatto tipicamente semantico.
Il libro si chiama (perché, come le persone, anche i libri “si chiamano”) “E vissero tutti feriti e contenti” (Ianieri Edizioni) ed è stato presentato ieri sera nel corso di un evento alla libreria (casa albergo, residenza protetta, dei libri) Modusvivendi con la complicità di quel mattacchione di Marco Pomar e, ovviamente, alla presenza dell’autore.
Ettore sembra uno di quelli che quasi si scusano.
Vi posso garantire che questa, nell’ambiente degli scrittori, è una cosa anormale come l’uragano Ophelia in Irlanda invece che a Santo Domingo. Ettore, blogger e scrittore on line finora, quasi si scusa di questo suo esordio old style su carta stampata e propone dodici racconti. Racconti, sissignore.
C’è qualcuno che ancora pensa che la forma del racconto sia letteratura di serie B? Beh, se qualche critico che non ha scritto mai niente si ostina a sparare ancora queste cazzate, legga il libro di Ettore il Minatore e scoprirà com’è possibile perforare gli abissi dell’Uomo raccontando come ciò sia inevitabilmente possibile per effetto di una sorta di eterogenesi dei fini letteraria.
Non c’è diverticolo umano che non finisca dentro quelle poche pagine.
C’è lo spacciatore di sogni, c’è il racconto dei pensieri del lavavetro. C’è il comunista scemo del villaggio che aspetta una Rivoluzione che si rivelerà necessaria. C’è l’universalità del sentimento religioso, c’è il candore del lamento dei vinti e l’arroganza dell’urlo dei vincitori, c’è il primato degli ultimi e lo sberleffo per i primi senza merito.
Si ride, si sorride, si conquista il diritto alla smorfia e pure quello al pianto. Ma alla fine c’è un bottino di immenso valore umano, artistico, letterario e civile. Perché Ettore il minatore riesce a estrarre il Bene dal Male, il Giusto dallo Sbagliato, la Verità dalla Menzogna, la Partecipazione dall’Ignavia.
Ma soprattutto tira fuori la Speranza dalla Noia e ci regala il sogno-progetto di una felicità possibile su questa Terra. E cita, magistralmente Gaber: è più bello essere felici se sappiano che anche quelli intorno a noi sono felici. Comprate questo libro e conservatelo. Prima che quando lo cercate non lo trovate.