
di Gabriele Bonafede
Le immagini parlano chiaro: il grande giorno dell’inaugurazione di Trump quale 45mo presidente degli Stati Uniti è stato un flop. Molta meno gente, un discorso che è stato per larga parte la ripetizione di slogan elettorali a mo’ di disco rotto ma evitando le frasi più controverse, oltre sessanta parlamentari assenti per protesta, manifestazioni contro il neo presidente, rinuncia di decine di grandi personaggi dello spettacolo, l’inno nazionale cantato in maniera incerta da una ragazzina di sedici anni.

E poi tante altre cose da “back-stage”, come la banda vestita tale e quale alle “giubbe rosse” che combatterono contro l’indipendenza americana, statue decorate con fasce di protesta, musichetta indisponente e, non ultimo, il tempo atmosferico che ci ha messo del suo. Il tutto condito dal palese nervosismo dettato principalmente dalla paura della gaffe in agguato da parte di Trump, uno che anche in questo assomiglia al nostro Berlusconi.
Partiamo dalle foto che dimostrano la presenza di un popolo molto più numeroso nell’inaugurazione di Obama nel 2009. Le foto messe a confronto, circolate a tempesta in twitter e nei media americani, hanno già suscitato polemiche negli USA. Se si scatta una foto in tempi diversi è ovvio che non sono confrontabili.
Purtroppo per Trump e i suoi sostenitori, la foto di destra, con il “National Mall” in gran parte deserto, è scattata nel picco della presenza, ovvero durante il suo discorso. La cosa è confermata da vari media, tra i quali la CNN. Per quella di sinistra, del 2009 con Obama che inaugura il primo mandato, l’orario non è specificato. Se non fosse durante il picco, come per quella di Trump, la differenza sarebbe anche maggiore.

La stessa CNN, e altri media, ricordano che un indicatore della folla sono i biglietti della metropolitama emessi durante il giorno dell’inaugurazione. Che confermano una folla molto meno numerosa per Trump: qualcosa come 513 mila biglietti per Obama e solo 193 mila per Trump.
Come detto, il discorso di Trump è apparso debole e soprattutto vacuo. Nonostante abbia puntato su una difesa delle classi meno abbienti, uno dei primi provvedimenti, subito firmato dal neo presidente, è stato l’abolizione del sostegno a lavoratori con modesto stipendio per il mutuo casa.
Ciò è avvenuto a meno di un’ora dall’insediamento, come rimarcato nel pomeriggio di ieri in un discorso dal senatore Chuck Schumer al Congresso. E ancora un provvedimento contro l’urbanistica, cosa che ci si può facilmente aspettare da uno che ha un impero immobiliare come Trump, e soprattutto quello, annunciato, contro l’Obamacare, l’assicurazione sanitaria per i più poveri. Che, a detta dei più, provocherà grandi introiti per le multinazionali farmaceutiche e sanitarie sulla pelle dei cittadini americani più poveri, molti dei quali hanno abboccato alla propaganda di Trump.
Non basta, ci sono state molte manifestazioni di protesta a Washington e altrove alcune disperse con l’uso di gas lacrimogeni, senza contare il tam-tam nei social. Oggi sono previste molte manifestazioni, soprattutto a Washington, tra le quali la più popolare sembra la Women’s March, la Marcia delle Donne, che si pensa porti almeno 250 mila persone per le strade della capitale americana.
La manifestazione è sostenuta da molti membri democratici del Congresso, soprattutto donne. Ancora, da segnalare l’assenza all’inaugurazione di una grande quantità di membri del congresso. Sarebbero in tutto sessantacinque, compresi grandi personaggi eroici della storia per i diritti civili in America, come John Lewis che lottò fianco a fianco con Martin Luther King, eroe nazionale.

Il giorno dell’inaugurazione è anche, che lo si voglia o no, uno spettacolo mondiale, o per lo meno americano. Anche qui il flop è stato evidente.
Dopo la rinuncia di un larghissimo numero di artisti chiamati a cantare o almeno essere presenti dallo staff di Trump, l’inno è stato affidato a un giovanissimo talento fuoriuscito appunto da America’s got Talent, la trasmissione TV esportata in tutto il globo.
La sedicenne Jackie Evancho ha cantato l’inno in maniera incerta, suscitando perplessità e poco trasporto nel momento più topico della cerimonia. Se la si paragona alla meravigliosa performance di Beyoncé per Obama, il contrasto è ancora più impietoso. Le due performance messe a confronto mostrano forse più di tutte il flop di Trump.
Felice, trasportante, generosa, acclamata o semplicemente grandiosa quella di Beyoncé verso una presidenza storica di Obama. Dimessa, senza voce, a occhi bassi e purtroppo cantata male quella verso una presidenza Trump che divide e inquieta l’America e il mondo.
Gli artisti sono anche l’interpretazione del sentimento. E si vede.
Flop su tutta la linea dunque. E con un impeachment sempre in agguato. Che è quotato come sempre più probabile dai bookmaker.
https://youtu.be/Z-DSFrGnQrk
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