
di Gabriele Bonafede
Anche qualche fischio per Donald Trump durante l’inaugurazione forse più contestata della storia degli USA. Il nuovo presidente ha completato una cerimonia che è apparsa fredda e nervosa, e conclusa con una incerta prestazione di Jackie Evancho nel canto dell’inno nazionale americano, in linea con l’incerto e populista discorso di Trump: più spesa pubblica per infrastrutture, fiducia nelle forze armate, più protezionismo, monito agli alleati per difendersi a proprie spese, forte richiamo all’unità del Paese in un’ottica nazionalista. E con citazioni bibliche sparse qua e là.

“Questa transizione non rappresenta un passaggio di poteri da un partito all’altro ma da Washington a voi”, ha detto, “Questo momento appartiene a voi e a ognuno di voi raccolto qui e a ognuno che guarda in America”.
“Il 21 gennaio del 2017 sarà ricordato come il giorno in cui il popolo americano ha iniziato a contare”, frase già sentita da altri “uomini forti” della storia.
Il neo presidente, pur non nominando il famigerato muro al confine con il Messico, ha poi confermato alcuni temi del suo programma durante campagna elettorale, improntato a una politica dell’autarchia e al protezionismo nel tentativo di portare negli USA lavoro e industria.
Al momento dell’insediamento, intorno alle 18.00 ora italiana, si è verificato un repentino calo delle borse, soprattutto gli indici americani. Si è temuto il peggio, ma poi gli indici dei mercati sono risaliti nel giro di alcuni minuti, ritornando agli alti livelli raggiunti precedentemente. Si conferma una certa incertezza dei mercati, che comunque hanno salutato con favore il passaggio dei poteri nelle ultime settimane.
Numerose manifestazioni di protesta per l’elezione di Trump si sono svolte fuori dal perimetro di sicurezza. La polizia ha utilizzato gas lacrimogeni per disperderle.
“L’interesse degli americani al primo posto”, ha confermato Trump, così come l’accusa ai paesi alleati di non spendere abbastanza per la propria difesa, poi assicurata dagli USA. Ha poi parlato di unità e solidarietà tra gli americani, di franco confronto, citando la Bibbia.

“Noi saremo protetti dalle forze miliari” e cosa più importante “saremo protetti da Dio”. “Il tempo di discorsi vuoti è finito, adesso ci sarà solo azione”.
“Il nostro Paese tornerà alla prosperità”. E anche “Faremo di nuovo l’America orgogliosa” e infine il motto della campagna elettorale “Faremo l’America di nuovo grande “
A diversi commentatori-live, Il discorso è apparso nazionalista e protezionista con una tendenza al populismo.
La cerimonia, quantunque molto contestata per gli standard degli insediamenti americani e disertata da molti artisti oltre a ben sessantacinque membri del Congresso, rimane un esempio di democrazia perché sugella il passaggio da un presidente uscente a un nuovo eletto, almeno una volta ogni otto anni. Cosa che non succede in Paesi che sono oppressi dalle dittature.
Foto in copertina tratta da Wikipedia. Di The White House – whitehouse.gov, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=55176146