di Gabriele Bonafede
Siamo probabilmente in pochi ad avere avuto il fegato e la pazienza per vedere e sentire il dibattito delle comunarie grilline a Palermo, denominato “graticola”, che appare monco soprattutto riguardo alle cosiddette piaghe siciliane.
Nonostante l’appellativo di “comunarie”, anziché primarie, il dibattito per la selezione del candidato a sindaco per la lista Cinque stelle a Palermo si è svolto in stile “americano”, con tanto di palchetto “all’americana” e due minuti per rispondere alle domande, più “stress test” finale di soli cinque minuti per candidato.
La “graticola” è durata ben due ore e mezzo, tra una mezzoretta di attesa e due ore circa di dibattito. Uno “show” lungo e noioso, al limite del ricovero con flebo, e a tratti agghiacciante.
Se uno dei candidati, Forello, spicca per lo meno per comunicazione e capacità reattiva, gli altri due sembravano parlare al confessionale. In ogni caso, si sono ritirati tutti tranne Forello e Gelarda, quest’ultimo però non ha partecipato al dibattito perché appartenente alle forze dell’ordine e conseguenti norme al riguardo.
Noia mortale, domande troppo buone anche nel cosiddetto “stress-test”, atmosfera da “volemose bene” contenuti sfilacciati, poche o nulle le proposte, nessun programma, nessuna squadra di governo locale. Inquietante l’ammissione di tutti e tre i candidati di non aver votato la possibilità di cambiare gruppo in Europa perché non abbastanza interessati o informati sulle tematiche europee. Il che, per un eventuale Sindaco della quinta città d’Italia in una regione di frontiera caldissima dell’Europa è oggettivamente grave.
L’unica donna (che nel frattempo si è ritirata con post pubblico su web), per quanto encomiabile per la sua fiduciosa conoscenza dei problemi urbanistici, propone concorsi d’architettura praticamente per il 70% delle difficoltà di Palermo. Soluzioni interessanti, a volte, ma in un quadro da galleria naif.
Fanno tutti e tre un poco di tenerezza perché si vede un grande impegno, passione e grande voglia di partecipare alla vita pubblica, pur in un contesto notoriamente avvelenato da trascorsi non particolarmente edificanti e considerando i contenuti oggettivamente limitati e limitanti del dibattito. Tutti e tre dimostrano un certo livello di conoscenza specifica di una parte dei problemi di Palermo, delle ataviche piaghe di questa bella e difficile città, pur non portando soluzioni realmente interessanti, tranne in rari casi e con pochissima capacità comunicativa: quasi come tre studenti che fanno l’esame della “materia” di fronte al professore.
Ma ciò che crea sgomento è che per troppo tempo si evita di parlare su una piaga a tutti nota. Che non viene nominata se non nei minuti finali dello stress-test su Forello, considerato fondatore di AddioPizzo.
Per quasi tutto il lungo dibattito, sembra di assistere al noto “shot” sul “traffico” del famoso film di Benigni “Johnny Stecchino”. Solo che adesso la scena dura così per quasi due ore, anziché i due minuti del film (in fondo all’articolo la scena del film da youtube, appunto di circa due minuti).
Due ore nelle quali, pur parlando di rifiuti, periferie, povertà, posteggiatori abusivi, piccole e medie imprese, scuola e tanto altro, non viene mai nominata la parola mafia. E se viene nominata e mi sia sfuggita, la cosa (è il caso di dirlo) evidentemente non è stata per nulla approfondita nel dibattito. Tanto da dimenticarsene anche per chi cerca questo aspetto nel corso della cosiddetta “graticola”.
Evidentemente, esistono piaghe naturali e problemi di sicurezza per il terremoto, esistono problemi relativi alla mancanza dell’acqua, ci sono problemi di traffico, ma la mafia fa capolino solo alla fine e in maniera quanto meno speciosa.
Più che speciosa, in maniera agghiacciante. Negli ultimi momenti dello “stress-test” su Forello, persona di grande spessore per quanto ha fatto nella lotta al racket, l’interessato sembra doversi difendere dall’eventuale accusa d’essere nell’antimafia. Deve persino precisare ad alta voce “io non sono un candidato dell’antimafia”.
Cosa che lascia semplicemente di stucco considerando che ha fatto tanto contro la mafia.
Per fortuna aggiunge: “… in questa città prima di tutto voglio affermare e parlare di determinate questioni che, permettimi, dovrebbero riguardare l’antimafia sociale. Cioè, per sconfiggere davvero il sistema mafioso, che ancora a Palermo c’è, attenzione, non facciamo finta di niente, così come il sistema di corruzioni, bisogna lavorare per una nuova società, e se noi lavoriamo su quello che sono il nodo delle ingiustizie, su quello che è l’ingiustizia sociale, di quello che è la povertà educativa di questa città, noi riusciremo davvero a sconfiggere quello che è il sistema mafioso”.
Approccio sociale corretto, e che sembra dare risultati grazie ad AddioPizzo, progetto centrale nell’esperienza dell’antimafia sociale di Forello.
“Faccio l’avvocato, mi sono occupato anche di antimafia e sono fiero di dirlo a testa alta come lo fanno tante persone in questa città”. Aggiunge Forello, rivolgendosi a un pubblico che per due ore non ha affrontato la piaga della mafia, “perché qualcuno di voi vorrebbe definire Nino Di Matteo un professionista dell’antimafia oppure una persona che giornalmente s’impegna per lottare contro il sistema mafioso rischiando la propria vita? E io sono con persone del genere. Quindi dobbiamo fare chiarezza”
Parole giuste e che fanno chiarezza. Ma che, purtroppo, hanno l’aria d’essere molto sulla difensiva in una platea a Cinque Stelle che in un intero dibattito, una “graticola”, per scegliere un candidato a Sindaco per la città di Palermo, ha ragionato su quasi tutte le piaghe della città. Salvo una.