di Gabriele Bonafede
Quando fu scritta “Medea” i greci non pregavano un solo dio. Ne pregavano tanti, che tutto erano tranne che misericordiosi. L’idea di misericordia fece strada dopo qualche secolo. Quando un uomo, che lo si creda Dio o no, si fece inchiodare su due pali incrociati pur di propagandare la misericordia persino nel concetto divino.
Nella Medea di Emma Dante, in scena al Teatro Biondo di Palermo, colpisce la centralità della misericordia nel prendere le difese di Medea. Lei prega infatti un solo dio, implorando pietà e misericordia prima di commettere omicidio e infanticidio. In pochi secondi fa attraversare i secoli che ci separano dai tempi greci, portando l’eroina ai giorni nostri.
Fatta questa predica, quasi dovuta visto il tema e i tempi, lo spettacolo della Dante rivela più d’un momento di riflessione. Non è novità che la regista-residente del Biondo cerchi sempre un percorso e una rappresentazione di rottura, di visione alternativa soprattutto nei classici più conosciuti. A volte ci riesce, a volte no. Ma questo aggiunge merito perché se una sfida non è difficile da vincere, non è una sfida ma una passeggiata.
Su questo piano Emma Dante non delude. Anzi. Per quanto la si possa pensare come un’apologia di Medea, “Verso Medea” è una rappresentazione tanto profonda quanto concisa.
La Dante ci ha abituato ai suoi cliché e non poteva non proporre un coro “in linea” senza un accenno di sceneggiatura: una schiera di comari che non sono nemmeno donne ma uomini, mi perdonino i puristi, che sembrano presi a prestito da Maresco e Scaldati. Per lo meno nella voglia di raccogliere teatro tra le pieghe abbandonate nei vicoli di grandi città del Mezzogiorno, Napoli e Palermo al caso. E che rimarcano misoginia e strapotere maschile dell’epoca tracciata in tragedia dagli autori greci, eternamente validi anche su questo.
Non poteva non proporre un secondo coro, stavolta musicale, con sottile e geniale richiamo alle nostre arti canore di popolo pastorale, che siano sarde, siciliane o lucane. Oppure della Colchide, attuale Georgia occidentale.
Così è vero: spicca Medea. E soprattutto l’attrice Elena Borgogni anche per come risolve le difficoltà d’empatia postegli con volontà ferma e lucido raziocinio dalla sua regista. D’altronde la Dante sa magistralmente creare il “pre-contatto”, vola sul contatto ma, forse volutamente, non vuole entrare nel “contatto pieno”. Non “chiude la gestalt”. E, va detto, su Medea non si può non farne a meno: l’arringa dell’avvocato si chiude, ma il giudizio rimane aperto. Propendiamo verso le ragioni di Medea? Sì e no, lo decideremo. Merita misericordia anche dall’umanità, oltre che da un dio se esiste? Decideremo anche questo.
Dopotutto non interessa sapere se Medea meriti misericordia dal dio degli uomini, o dagli uomini stessi. Sicuramente ha comprensione da parte delle donne, da secoli. Nella proposta non “dantesca” (Giasone, ricordiamolo, è stato messo all’inferno dall’Alighieri) Medea è una maga, barbara quanto si vuole, ma anche semi-dea. Poteva far questo e altro in tempi pre-cristiani e nessuno, per quanto misogino, l’avrebbe condannata anche con il solo pensiero. In gloria dell’Olimpo può andare, e in carro alato.
Giasone fa gaslighting. Manipola, induce a creare colpe che non ci sono per trarne profitto personale. Indubbiamente, non è meno “colpevole” di Medea nella tragedia, per lo meno nei nostri tempi da Dante (l’Alighieri) in poi, se non già in quelli dei greci. E il verso a Medea non è un verso e nemmeno una parte. Ha la carica della rivolta alla misoginia e al tribunale preconfezionato in tempi oscuri.
Rimane la misericordia. Capire perché esiste la violenza immediata e quella pianificata. E ripartire da zero, evitando di mandare veleno, lanciare bombe, fare ancora guerra come ai tempi delle tragedie nel Peloponneso.
Forse oggi, e su questo il Teatro ha una grande missione, è tempo di completare un passo ormai lungo più di duemila anni.
Verso Medea
Spettacolo-concerto da Euripide
testo e regia Emma Dante
con Elena Borgogni, Carmine Maringola, Salvatore D’Onofrio, Sandro Maria Campagna, Roberto Galbo, Davide Celona
musiche e canti Fratelli Mancuso
luci Marcello D’Agostino
organizzazione Aldo Miguel Grompone
produzione Compagnia Sud Costa Occidentale