di Gabriele Bonafede
Il Teatro Biondo di Palermo ha aperto la stagione 2020-2021 lo scorso 7 ottobre con “Pupo di Zucchero” messo in scena da Emma Dante. Liberamente ispirato a Lo cunto de li cunti di Gianbattista Basile, lo spettacolo racconta la storia di un vecchio che invita a cena i defunti della famiglia nella sua antica dimora. Ciò avviene, come ogni anno, nella notte fra l’uno e il due novembre. Il vecchio lascia porte e finestre aperte per farli entrare: ciò che avviene anche nella tradizione.
Il 2 novembre è infatti il giorno dei morti. Secondo la tradizione, in alcuni luoghi del Meridione e segnatamente a Palermo, c’è l’usanza di organizzare banchetti ricchi di dolci e biscotti in cambio dei regali che i parenti defunti portano ai bambini dal regno dei morti.
Durante il rituale, la cena è un momento di patrofagia simbolica. Il valore originario dei dolci antropomorfi è infatti quello di raffigurare le anime dei defunti. Cibandosi di essi, è come se ci si cibasse dei propri cari: unendosi così in materia come spiritualmente.
Pupo di zucchero: una composita visione del mondo dei morti insieme a quello dei vivi
Il vecchio racconta dei suoi cari, invitandoli a passare la notte insieme. Loro non tornano semplicemente in vita, ma traggono linfa dal loro stesso zucchero per trasformarsi nuovamente in divenire. Così che il ricordo non è più ricordo ma partecipazione, continuazione dell’esperienza.
Come se dei nostri cari fosse rimasto il profumo di zucchero: il sogno, il ricordo, la presenza più sublimata e per questo più concreta. Il “Pupo di zucchero” li fa rivivere e la sua pasta non deve necessariamente lievitare: sono loro stessi che lievitano nelle nostre visioni avvalorate dalla perduta quotidianità.
Nella rappresentazione di Emma Dante, “Pupo di zucchero” è infatti una composita visione del mondo dei morti insieme a quello dei vivi. Attraverso un concatenarsi di visioni in quadri mobili, l’uno legato all’altro, si intersecano storie del passato e del presente. I nostri ricordi diventano così viventi essi stessi sulla scena: tra sogno e realtà, la memoria torna palpabile.
Emma Dante conferma una volta di più la sua capacità di trasportare lo spettatore in un mondo dal coinvolgimento colmo di passioni. E c’è un che di atmosfera felliniana nel “Pupo di zucchero”: segno che il suo cinema entra qui di diritto in palcoscenico.
Cast e produzione
Giganteggia Carmine Maringola (il Vecchio), ed è in grande sintonia con la compagnia teatrale che realizza un fluire di sensazioni dilatate dalla coinvolgente rappresentazione: Nancy Trabona (Rosa), Maria Sgro (Viola), Federica Greco (Primula), Sandro Maria Campagna (Pedro, che parla in spagnolo), Giuseppe Lino (Papà), Stephanie Taillandier (Mammina, che parla in francese), Tiebeu Marc-Henry Brissy Ghadout (Pasqualino, anche lui si esprime in francese in scena), Martina Caracappa (zia Rita), Valter Sarzi Sartori (zio Antonio).
Lo spettacolo è una produzione Sud Costa Occidentale in una coproduzione internazionale che include il Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, la Scène National Châteauvallon-Liberté, l’ ExtraPôle Provence-Alpes-Côte d’Azur, il Teatro Biondo di Palermo, La Criée Théâtre National de Marseille, il Festival d’Avignon l’ Anthéa Antipolis Théâtre d’Antibes e Carnezzeria.
È stato realizzato con il sostegno dei Fondi di integrazione per i giovani artisti teatrali della DRAC PACA e della Regione Sud.
I costumi sono di Emma Dante, le sculture in scena di Cesare Inzerillo, luci di Cristian Zucaro, assistente ai costumi Italia Carroccio, assistente di produzione Daniela Gusmano, coordinamento e distribuzione Aldo Miguel Grompone, Roma.
Da non perdere, anche per tornare a teatro con la certezza dell’abbraccio allo spettacolo vivente nella sua accezione più ispirata e fascinosa.