di Maria Teresa de Sanctis
Accade spesso che quando un soggetto cinematografico particolarmente toccante è dovuto alla creatività di un autore, sia esso regista, sceneggiatore o scrittore poco importa, ci si possa sentire rincuorati al pensiero che si tratti di pura fantasia.
Sensazione assai diversa da questa è invece ciò che lo spettatore avverte quando un film racconta fatti realmente accaduti.
Questo è il caso dell’ultimo film del regista Fatih Akin, “Il Mostro di St. Pauli”. Il film è ispirato ad un fatto di cronaca nera accaduto ad Amburgo negli anni “70 nel rione omonimo e raccontato in un romanzo di Heinz Strunk del 2016.
Il protagonista Fitz Honka, un alcolizzato dall’aspetto misero bene interpretato da Jonas Dassler, uccide alcune donne. Ne fa a pezzi i corpi, nascondendoli in parte nel proprio appartamento.
Dell’inevitabile e terribile cattivo odore che proviene da tutto ciò incolpa la cucina della famiglia di greci che risiede nell’appartamento sottostante.
Sono molto ben descritti e rappresentati i personaggi della vicenda e il triste rione di Amburgo dove quei fatti si svolgono. Eppure il film non arriva ad essere un film di denuncia sociale. Forse non vuole neppure esserlo e d’altronde non ci sono molti riferimenti temporali che riconducono agli anni 70, anni per la Germania di grande ripresa economica ma anche di terrorismo.
Il film racconta di un terribile degrado umano. Un ambiente dove il bere è l’unica cosa che mantiene in vita uomini e donne che hanno perso tutto, o che forse non hanno mai avuto nulla, e dei quali nessuno si cura. Ma forse è proprio questo che vuol raccontare il regista, la totale mancanza di attenzione verso questi ultimi che da sempre abitano gli angoli più bui di tutte le città del mondo.
Nonostante la rappresentazione dei personaggi sia al limite del grottesco, la pesantezza di quel mondo di disperati senza alcuna via di uscita, quale era il bar “Zum Goldenen Handschuh” con i suoi relitti umani, colpisce profondamente lo spettatore.
Lasciandolo basito, disgustato e smarrito di fronte a tanto orrore. E le foto che scorrono insieme ai titoli di coda alimentano ancor più questi turbamenti. Ritraggono sia persone realmente coinvolte in quei fatti, dal serial killer alle sue povere vittime, sia quei luoghi dove tutto avvenne: dalla squallida casa dell’assassino Fitz Honka al tristissimo bar.
Così la miseria di quei volti e di quei luoghi ci appare molto più dura di tutto quell’immondo orrore che il regista senza alcun freno ci ha voluto mostrare. Ed è molto più efficace di qualsiasi pur accurata ricostruzione scenografica.
Chi scrive ha visto il film a Palermo per l'”Efebo d’oro“, festival cinematografico giunto nel 2019 alla sua 41ma edizione. Festival dedicato al regista Fatih Akin insignito in questa occasione dell'”Efebo d’oro”, premio alla carriera.
Un premio assai meritato per un regista di talento, non ancora cinquantenne. Con i suoi film Fatih Akin ci ha raccontato tanto sulle difficoltà dell’oggi fra differenze culturali, etniche e sociali. Affrontando temi e situazioni dal comico al tragico ma sempre con grande capacità di analisi e riflessione sociale. Fra i suoi film ricordiamo “La sposa turca”, “Soul kitchen” e “Oltre la notte”: sicuramente da vedere e rivedere.
Trailer ufficiale del film “Il Mostro di St. Pauli”: