
Karl Marx ringiovanito...
di Daniele Billitteri
Quando si decide di fare un film su un personaggio enorme, bisogna preoccuparsi che alla fine non ne venga fuori una specie di “bignami” del personaggio stesso. E quando il personaggio si chiama Karl Marx la preoccupazione deve essere doppia. La scommessa, il regista caraibico Raoul Peck, l’ha persa consegnandoci un Karl Marx che non è neanche un “bignami” del filosofo ed economista tedesco, ma quasi una didascalia con largo impiego delle frasi più celebri delle sue opere.

Marx è uno dei pensatori del XIX Secolo che hanno cambiato il mondo e raccontarlo in un film è impossibile se non si sceglie una chiave, una meta, uno spunto. Vale per tutti i film su gradi personaggi storici.
Ne “I diari della motocicletta” Che Guevara viene raccontato attraverso il viaggio in modo che fece attraversando tutta l’America Latina, in “Morto Stalin se ne fa un altro”, il leggendario dittatore sovietico viene raccontato attraverso le ore caotiche della sua agonia quando nessuno dell’apparato burocratico del partito si prese la responsabilità di chiamare un medico. E ne “L’ora più buia” Winston Churchil viene raccontato nei dieci giorni dell’epopea dell’evacuazione dalla spiaggia di Dunkerque del contingente britannico in Europa nel 1940.
Qui Marx viene raccontato sino al 1848 quando il pensatore aveva 30 anni e, insieme con Engels, firmò il “Manifesto del Partito Comunista” quello che comincia con la frase: uno spettro si aggira per l’Europa, è lo spettro del comunismo” e si conclude con la celeberrima “chiusa”: “I proletari non hanno nulla da perdere fuorché le loro catene e hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i paesi unitevi!”.
Dentro il film resta la critica al materialismo dialettico di Hegel, al “Socialismo sentimentale” di Proudhon, la nascita del socialismo scientifico e del materialismo storico. Solo accennate le teorie del conflitto tra capitale e lavoro, dell’alienazione, del plusvalore, della merce come moneta. C’è molto di più e di meglio in un normale testo di filosofia per i licei.
Eppure, a quasi due secoli dal Manifesto, forse qualche spunto di riflessione e di proposta si sarebbe potuto trovare. Per esempio: è ancora vera la famosa “undicesima tesi su Feuerbach” secondo la quale “I filosofi hanno finora solo interpretato il mondo.

Adesso si tratta di “trasformarlo”? Oppure siamo di fronte alla necessità di metabolizzare le trasformazioni e tornare alle interpretazioni? Ha ancora senso parlare di proprietà privata dei mezzi di produzione in un’economia che sembra avere relegato il manufatto al ruolo al più di comprimario rispetto all’economia della finanza globalizzata? Che avrebbe detto Marx sulla Grade Crisi del 1929 o, a maggior ragione, su quella del 2008? Come la mettiamo coi bond tossici?
Forse nell’Occidente capitalista i proletari hanno perso quasi tutte le catene senza fare la rivoluzione, lo spettro del comunismo è stato cacciato quasi a furor di popolo desideroso dei gadget dei ricchi o producendo lumpenproletariat e populismo. A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata.
E cosa avrebbe pensato Marx di fronte al partito di Facebook con due miliardi e cento milioni di iscritti? O a quando il primo robot industriale Blade Runner chiederà di iscriversi alla Cgil?
Nella mia vita ho dovuto archiviare Lenin, Che Guevara, Ho Chi Min, Mao, Castro, Togliatti, Berlinguer, perfino Bersani. Nei tempi di Renzi, Di Maio e Salvini, almeno Marx me lo volete lasciare tranquillo, per cortesia?
Immagine nel testo tratta da Wikipedia. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=478714
Foto di copertina modificata con moderni e potenti mezzi grafici, che non erano a disposizione di Karl Marx. Nemmeno da vecchio. Immagine originale tratta da Wikipedia. Di sconosciuto – Reminiscences of Carl Schurz, Vol. I, New York: McClure Publ. Co., 1907, Chap. 4, facing p. 170., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6875847
Ottima recensione, condivido!