di Gabriele Bonafede
La prima volta che sono stato a teatro ho visto Burruano in Palermo oh cara. Avevo più o meno undici anni, una o due vite fa. Ma è la stessa vita che è continuata: l’amore per il teatro, instillato a cuore giovane da chi è stato maestro e arte cara a Palermo e teatro. E da Palermo, in giro per la tempestosa scena della terra.
Ieri, Gigi Burruano se n’è andato. Una tempesta di vento e pioggia lo saluta, dopo una giornata di scirocco forte. Quello stesso scirocco pieno, impetuoso, straripante, di forza calda e creativa, con il quale Burruano ha riscaldato la scena in una vita di teatro. Seguita da quella stessa forza rigeneratrice con la quale ha sempre ammantato il suo palco di potenza e tempesta: Acqua di cielo, per Burruano.
È stato forse il destino che ha portato via Burruano in una notte così: accompagnandolo com’era nella sua stessa indole artistica ed evocativa. Com’era nella sua canzone più bella che solo lui sapeva rafforzare a tempesta, cantandola d’amore per Palermo smarrita: Acquaricialu, Acquadicielo.
Acquaricialu. Rammi a vuci ca ti spirdisti. Unni si? Na manu sicca e ‘ngrasciata. Taliala ‘nfunnu a la strata. Stinnuta tra la fudda. Chi curri. Chi curri.
Acquadicielo, dammi una voce che ti sei perso. Dove sei? Una mano secca e sporca. Guardala in fondo alla strada, stesa tra la folla. Che corre. Che corre.
Acquaricialu, Ti ricordi chi ti rissi u viacchiu Acquadicielo? Tutto questo mare, Acquadicielo, tu sei il padrone, carrica, mancia, sazìati e porta rintra. Ma solo questo mare Acquadicielo. Picchì add’abbanna a muntagna. Patate.
Acquadicielo, ti ricordi cosa ti disse il vecchio Acquadicielo? Tutto questo mare, Acquadicielo, tu sei il padrone. Carica, mangia, saziati e porta dentro. Ma solo in questo mare, Acquadicielo. Perché laggiù, nella montagna, nulla.
Gigi Burruano è su quel mare immenso adesso. Acqua e cielo, a respiro d’infinito. E qui, da questa parte della montagna, forse ci sono rimaste da raccogliere solo le patate.
Ma, la sua semina non è stata di patate. Nel campo, da questa parte della montagna, è rimasto dell’oro in una Conca che una volta era segnata a nulla.
E tra i cardi e le patate qualche pianta d’arte cresce. Semina tempestosa e d’arte da Luigi Maria Burruano, con la sua storia di sole e fulgida burrasca insieme.
Acquadicielo cantata da Luigi Maria Burruano con Giovanni Alamia
https://youtu.be/sCH5Tnus6Uc
La camera ardente per Luigi Maria Burruano sarà allestita stamattina al Teatro Biondo di Palermo, fino alla mezzanotte di oggi per un ultimo saluto all’artista. I funerali saranno domani mattina alle 10.00 al Don Orione.
Grande caratterista e uomo sanguigno come la sua terra, e come la sua terra, da eccessi. Quando l’ex genero, padre di tre nipoti, si comportò male con la figlia, agì da personaggio che porta la scena nella vita: lo andò a trovare nel bar dove lavorava, lo accoltellò e si allontanò tranquillamente per lasciarsi arrestare qualche ora più tardi in un bar, dove prendeva una birra con gli amici.