di Franco M. Romano (*)
Il poco consolante quadro delineato dal rapporto Osservasalute presentato ieri, 10 aprile 2017, pone sempre più attuale stabilire il significato di valore che bisogna dare agli interventi di politica sanitaria.
Le maggiori criticità sollevate riguardano il rilancio della spesa sanitaria, un nuovo modello di commissariamento, che incida sulle performance delle singole aziende sanitarie, la doppia priorità della prevenzione e della lotta alle liste d’attesa per contrastare gli squilibri più evidenti.
Rimane il problema annoso e difficile di come realizzare un sistema premiante adeguato per gli operatori del settore che non si esponga a fuorvianti interpretazioni.
In atto, ogni stato morboso, ogni malattia, identificata nel sistema DRG (Diagnosis Related Group), ha una sua specifica tariffa in relazione alla diagnosi ed alle prestazioni eseguite.
Questo sistema richiede una elevata assunzione di responsabilità professionale da parte di tutti, medici ospedalieri/universitari, infermieri, amministrativi in quanto dipendenti e facente parte di una “Azienda” che deve far quadrare i conti, al netto di spese e corruzioni, ma anche fornire un prodotto dignitoso. In sostanza si è tenuti ad applicare “correttamente” l’esatta tariffa DRG. Che però si presta, talvolta, a valutazioni “abusive” e a risultati “perversi”. Sono diventati molti gli illeciti penali e civili determinati da una falsa o speciosa applicazione dei DRG.
Una criticità ulteriore è che, se si tende ad abbreviare la degenza ospedaliera e talvolta, una anticipata dimissione ospedaliera, non suffragata da un adeguato supporto territoriale periferico, richiede, a causa di complicazioni e sintomi, “rientri” in ospedale con ulteriori amplificazioni di DRG. Tale corretta non applicazione può danneggiare ulteriormente il paziente che subisce prestazioni non appropriate, spesso inopportunamente “gonfiate”.
Una non facile soluzione da suggerire è quella di trovare, immaginare, un nuovo sistema premiante. Una attuazione razionale e “seria” della sanità a tre livelli di assistenza: territorio e due livelli per i ricoveri con una adeguata integrazione e collaborazione è fondamentale per un precoce recupero del malato e per la riduzione delle degenze ospedaliere inappropriate. E poi spostare l’asse del sistema premiante da quello attuale ad uno basato sul risultato ottenuto e correttamente valutato. E’ il “valore” che va definito, cosa non facile.
Valore inteso come risultato finale di interventi diagnostico-terapeutici opportunamente adeguati ed integrati e per “risultato finale” si intende la guarigione dell’individuo in termini anche di tempo, non solo a breve ma a lungo periodo, reintegrazione nell’ambito familiare, nel posto di lavoro con la consapevolezza e le corrette conoscenze dei fattori di rischio che lo hanno portato al suo stato morboso.
Una interessante analisi su questo argomento viene riportata in un articolo del 2010 proveniente dalla Università di Boston (Harvard Business School Press) dal significativo titolo: What Is Value in Health Care? Perspective from The New England Journal of Medicine :
“…il ‘valore’ va definito come il risultato tra il grado di salute ottenuto e costi elargiti. Un metodo rigoroso, una misura disciplinata ed un miglioramento del valore è il modo migliore per guidare il progresso del sistema. Eppure, il valore nella sanità rimane in gran parte non misurato e incompreso. Il valore deve sempre essere definito intorno al paziente, e in un sistema sanitario ben funzionante, la creazione di valore per i pazienti dovrebbe determinare le ricompense per tutti gli altri attori del sistema”.
In definitiva, l’attuale sistema di pagamento a prestazione porta ad un aumento delle prestazioni stesse, e quindi dei costi eccessivi. Invece, la rimunerazione a risultato tenderebbe ad affinare la ricerca degli interventi necessari ed essenziali in guisa tale da ridurre i costi e massimizzare i risultati. I costi saranno ridotti per l’eliminazione automatica delle prestazioni e delle procedure inutili, eccessive e perniciose.
Le stesse modalità e responsabilità dovrebbero interessare anche il rapporto esistente tra pubblico e privato accreditato, equiparandolo in modo sostanziale ad eguale modalità e responsabilità, con piena condivisione di risultati clinici e sociali e con piena parità operativa e clinica.
Nella attuale organizzazione stiamo impoverendo la sanità di risorse professionali preziose mantenendo strutture operative che non creano plus valore clinico, trascurando molti problemi di salute che non hanno la necessaria attenzione e le relative soluzioni mediche ed organizzative. Incluse quelle che necessitano di assistenza prolungata e ad alto costo, che determinano significativi incrementi di spesa.
(*) Franco M. Romano già docente di ostetricia e ginecologia e già primario di ginecologia oncologica.