di Giusi Andolina
La tradizione di mangiare la cuccìa per la festa di Santa Lucia, risale al 1646, anno in cui Palermo fu messa in ginocchio da una lunga carestia. Leggenda narra che, mentre i palermitani, erano riuniti in preghiera nella Cattedrale proprio il giorno della Santa, una quaglia attraversò la navata e si posò sul soglio episcopale. In quel momento una voce annunciò l’arrivo di una nave carica di grano nel porto della città di Palermo, secondo alcuni, di Siracusa, secondo altri. I cittadini, stremati da mesi di carestia, non fecero farina di quel grano, ma lo mangiarono lessandolo e creando di fatto la cuccia.
Santa Lucia, aveva liberato i palermitani dalla carestia, e per devozione, ogni anno viene rinnovato il rito di non consumare pane e pasta il 13 Dicembre, ma di sostituirli con riso, legumi e la cuccìa appunto, con l’accento sulla i.
Il nome cuccìa deriva dal sostantivo “cocciu” cioè chicco, o dal verbo “cucciari”, vale a dire piluccare, mangiare un chicco alla volta.
In origine la cuccìa doveva essere il nutrimento tipico della famiglia pastorale seminomade che, per evitare di trasportare il centimolo, arnese simile a un mulino per macinare la farina, durante la mietitura, usava lessare il grano appena raccolto da consumare nelle pause di lavoro.
Nel corso dei secoli, l’usanza di mangiare grano lessato si è ampliata fino a divenire la base di alcuni cibi rituali. Alcune fonti rintracciano le origini della cuccìa in Grecia, come cibo rituale della Commemorazione dei defunti in epoca cristiana. Il termine cuccìa deriverebbe proprio dal greco ta ko(u)kkía,i grani. Dalla Grecia questa tradizione si è poi diffusa verso i paesi dell’Europa orientale di religione greco-ortodossa, e verso le regioni dell’Italia meridionale, dove l’usanza si è estesa alla festa di alcuni santi.
Altre fonti, invece, vedono in questa pietanza origine arabe. I nostri conquistatori musulmani ci avrebbero tramandato la ricetta della cosiddetta Kech o Kesh, consistente in grano bollito addolcito da latte di pecora o di cammello associato a vaniglia e cannella.
La preparazione della cuccia è quasi un rito, la procedura richiede diversi giorni, giorni in cui ci si prende cura del grano, facendolo rinvenire, come il seme che dal buio della terra, attraverso l’acqua e il calore, viene alla luce.
Questa che vi propongo, è la ricetta che tradizionalmente si prepara a casa mia, nella variante con la crema al cioccolato. Gli aromi e le spezie utilizzate, sono il risultato di “aggiustamenti” e “esperimenti” fatti dalle donne della mia famiglia, nel corso degli anni.
Per 500g di grano, occorrono 3 l d’acqua, 10g di sale, 1 foglia d’alloro, una scorza d’arancia.
Bisogna ammollare il grano per tre giorni in acqua fredda e cambiando questa almeno due volte al giorno, prima di cucinarlo. La sera prima della festa, finalmente, si metterà il grano a cuocere, per circa tre ore, in un tegame, coperto d’acqua con il sale, l’alloro e la scorza d’arancia. Trascorso questo tempo, bisogna avvolgere con una coperta la pentola contenente il grano e la sua acqua di cottura, per tutta la notte.
L’indomani, scolare il grano per bene e condirlo con crema di ricotta o con crema al cioccolato.
Per la crema al cioccolato, mescolare a freddo, in un pentolino, 500ml di latte, 30g di farina00, 90g di zucchero, 20g di cacao amaro, la scorza grattugiata di un limone. Far cuocere la crema, fino a farla addensare, avendo cura di mescolarla continuamente. Raffreddata la crema, unirla al grano.
Decorare con canditi (zuccata e scorzette d’arancia), cioccolato a scaglie, infine spolverare generosamente di cannella.
Se riuscite a resistere alla voglia di mangiare subito la cuccìa, lasciatela riposare qualche ora. In questo modo i vari ingredienti si amalgameranno tra loro, rendendo ancora più buono questo dolce di Santa Lucia.