
di Gabriele Bonafede
Gli indici di borsa a Wall Street hanno quasi completamente recuperato il forte ribasso della prima settimana di aprile avvenuto dopo l’annuncio delle tariffe di Trump. Ma non c’è da stare allegri, anzi. Evidentemente le borse americane non hanno ancora valutato lo tsunami che si sta abbattendo sull’economia americana a causa della bizzarra politica commerciale dell’amministrazione-Trump.
La situazione nell’economia reale è molto diversa da quella che per ora è descritta dal recente andamento degli indici finanziari. Il settore della logistica è infatti già in ginocchio a partire dal movimento di merci provenienti dalla Cina e dall’Asia in generale. Le navi cargo rimangono nei porti cinesi. Il flusso di importazione dalla Cina è ormai fermo o quasi. Ciò provocherà entro maggio-giugno effetti devastanti nell’economia americana, anche nella remota ipotesi di un accordo-commerciale quadro tra Stati Uniti e Cina in tempi brevi.
Logistica in ginocchio
Negli ultimi giorni molti operatori del settore della logistica americana hanno lanciato l’allarme. Il direttore del porto di Los Angeles, Gene Seroka, è apparso in diversi media riportando dati tanto preoccupanti quanto prevedibili. “Registriamo un calo precipitoso degli arrivi di merci in seguito all’attuazione di tariffe globali da parte del presidente Donald Trump”, ha dichiarato un paio di giorni fa in tv. Ciò porterà a penurie, minore scelta per i consumatori e aumento dei prezzi, ha affermato Gene Seroka insieme a molti altri operatori del settore logistica.
Ryan Petersen, CEO di Flexiort una delle imprese americane più di successo nel settore della logistica marittima, ha più volte ribadito sui social e in interviste tv che la gran parte delle imprese di piccole e medie dimensioni rischia la bancarotta se le tariffe non saranno rimosse subito. I volumi di traffico marittimo sono così bassi da rappresentare una strozzatura di proporzioni epocali. Già il 23 aprile, Petersen ha postato su X: “Nelle tre settimane dall’entrata in vigore delle tariffe, le prenotazioni di container via mare dalla Cina agli Stati Uniti sono diminuite di oltre il 60%”.
Intervistato da Bloomberg, Petersen ha risposto in maniera chiara alla domanda su quale politica commerciale consiglierebbe ipoteticamente al governo americano: “Abbassare le tariffe a zero”. (Come d’altronde abbiamo suggerito anche noi in questo articolo, qui). Ma non sembra che il governo di Trump abbia recepito. Il ministro del commercio Howard Lutnick continua a dire che anzi si prevede un aumento delle tariffe che sono al momento al 10%.
Le prime bancarotte nel settore logistica
In effetti, le prime notizie di bancarotta incominciano ad arrivare già il primo di maggio sui media specializzati. “La Balkan Express [in Texas] e la sua affiliata, Balkan Logistics, hanno presentato istanza di protezione fallimentare ai sensi del Capitolo 11, citando debiti per oltre 25 milioni di dollari”, riporta il sito specializzato Freight Waves.
L’assenza di merci da trasportare dai porti alla rete di distribuzione, ha infatti iniziato a mietere lacrime anche nel settore del trasporto su strada e ferrovie, per lo meno tra le numerosissime imprese di trasporto medie e piccole che non hanno i mezzi per sostenere la botta sul piano finanziario e organizzativo.
Se nel grande porto di Los Angeles si prevedono già licenziamenti di massa ma comunque la possibilità di sopravvivere con volumi molto più bassi di traffico, non è così nel settore dei trasporti via terra caratterizzato da numerose piccole imprese che si occupano di distribuire all’ingrosso e al dettaglio. A queste condizioni, la quasi totalità degli esperti del settore, compresa la direzione di Walmart, prevede penurie e alti prezzi entro poche settimane.
L’indice DJ Transportation (DJT) non rimbalza
E per quanto riguarda le imprese più grandi le cose non vanno meglio. Le azioni delle grandi imprese del settore trasporti quotate in borsa – come Fed Ex, UPS, Landnstar, etc. – hanno perso in poche settimane dal 20 al 25% del loro valore. Né si vede una ripresa o per lo meno un rimbalzo sostanziale come avvenuto invece negli indici globali.
L’indice DJ Transportation (DJT, composto in larga parte da imprese operanti nella logistica) rimane bassissimo, sostanzialmente agli stessi livelli raggiunti con il grande ribasso della prima settimana di aprile. Al momento il DJT è sceso di qualcosa come il 24% dal picco di fine novembre, precedente all’avvio della politica delle tariffe.
Negli ultimi giorni il recupero è stato minimo e l’indice rimane attaccato alla bombola d’ossigeno con perdite ancora non recuperate. Ad esempio le azioni della Landstar, sono scese del 30.5% dallo scorso novembre e quelle della UPS pure del 30% ma solo da fine gennaio a oggi.
Prevedibili impatti negli Stati Uniti: penurie, inflazione e contrazione del PIL
Con questi dati sul settore della logistica è facile prevedere che ci saranno perlomeno tre effetti devastanti. Innanzitutto, come evidenziato dagli esperti e gli operatori del settore, un impatto riguardante penurie nelle grandi catene di distribuzione, o perlomeno minore scelta tra i prodotti di largo consumo provenienti segnatamente da Cina, Messico e Canada.
Poi un impatto sull’innalzamento dell’inflazione, come previsto da tutti gli economisti e think tank, compresa la FED. In effetti, il dato previsionale sull’inflazione è già più alto del previsto, con un 3.5% corrente e un’aspettativa del quasi 7% nei sondaggi sull’opinione dei consumatori.
Ma certamente anche sulla contrazione della produzione e una recessione sempre più probabile. Gran parte degli input di produzione per tutte le imprese americane provengono infatti dall’estero e segnatamente dalla Cina. Con il 145% di tariffe è impossibile per le imprese americane acquistare materie prime, semilavorati e altri input di produzione a prezzi che permettano di mantenerle competitive. Alcuni input di produzione, come le terre rare che sono essenziali per le produzioni di alta tecnologia, sono quasi impossibili da reperire se non dalla Cina.
Questi impatti non sono ancora visibili nel complesso dell’economia reale e, in tutta evidenza, nel settore finanziario. Ma nel settore della logistica i segnali sono di una situazione semplicemente drammatica già raggiunta in sole quattro settimane.
In copertina il porto di Los Angeles. Foto di Steve Saunders su Unsplash