
di Maria Teresa de Sanctis
Quello che riesce il più delle volte a conquistarci, anche quando la nostra attenzione e la nostra mente vorrebbero essere da tutt’altra parte, è la sorpresa. Quel qualcosa che accade e che, cogliendoci alla sprovvista, ci cattura. E sicuramente le sorprese sono tante nel bellissimo Emilia Perez, del regista francese Jacques Audiard, del 2024, con Zoe Saldana, Karla Sofía Gascón, Selena Gomez.
Emilia Perez è già stato premiato a Cannes e con tre Golden Globes. Ha ricevuto inoltre molte candidature (BAFTA, European Film Awards, Critics Choice Award e altro ancora) ed è naturalmente in odore di Oscar nonostante le recenti polemiche sul mancato utilizzo dello spagnolo messicano.
Emilia Perez, poliziesco sul percorso del divenire
Un film che è un musical ma non lo è. Emilia Perez è un poliziesco, ma non solo. Soprattutto è una storia che tratta di una trasformazione e non solo riguardo il sesso, tema di un’attualità che da noi è ancora in divenire, e cioè l’essere transgender.
Questa la trama: l’avvocato Rita (interpretata da Zoe Saldana) dovrà aiutare un boss a cambiare sesso e a ritirarsi dalla sua attività, divenendo appunto Emilia Perez (Karla Sofía Gascón).
E questo non è il solo cambiamento al quale assiste lo spettatore, c’è dell’altro che forse stupisce ancora di più. Il film è infatti un vortice di multicolori scene sorprendenti nelle quali, inaspettatamente ma perfettamente in sintonia con la narrazione, nascono coreografie coinvolgenti, vigorose e passionali su musiche assolutamente emozionanti.
La stessa cosa vale per i brani cantati, toccanti e ammalianti. Anche se il film è stato girato interamente in Francia, la vicenda si svolge in Messico, un paese in balia ai narcotrafficanti dove è soprattutto la povera gente a soffrire per una totale inadeguatezza e incapacità delle istituzioni ad affrontare questa piaga sociale.
Messico e passione
E questo, va subito detto, è uno degli altri meriti del film: essere capace di trasmettere un messaggio così forte. Un messaggio di solidarietà per la sofferenza di una società spesso succube dei narcos. Audiard dipinge un Messico ricco di passione dove il potere dei narcos esercita la sua efferata violenza sulla popolazione tutta, inclusi gli studenti e ovviamente i giornalisti. Con emozioni “di pancia”, che travolgono, affascinano, fanno soffrire e su tutto stupiscono.
Una sceneggiatura che osa, e non parliamo solo del cambiamento di sesso del protagonista. Un qualcosa che mette in crisi la nostra coscienza, ci fa stare dalla parte del cattivo: cattivo un tempo. La visione del Messico che ci viene offerta potrà forse apparire un po’ folkloristica, un paese ricco di colori come di tormenti. A questo proposito, sono bellissime le scene delle processioni, sia all’inizio che alla fine del film. Un Messico povero e corrotto sì, ma vivo. Vivo e ricco di quell’energia vitale comune a tutti i Paesi nel Sud del mondo, con un’energia pronta prima o poi a venir fuori.
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