
Da un incontro a Palermo si capisce ancora una volta che non ci possono essere prospettive di accordi tra Partito Democratico e grillini
di Giovanni Burgio
In queste ultime settimane lo scontro continuo fra Lega e Cinquestelle sulle diverse scelte di fondamentali problemi di medio-lungo termine, aveva fatto maturare la convinzione in alcuni che in un futuro ravvicinato, M5S e PD si sarebbero potuti alleare almeno in Sicilia. Oppure che, in qualche modo, sarebbero stati costretti a stare assieme.

Invece, sabato 5 gennaio, dopo l’incontro nei locali dell’Associazione “Casa dell’equità e della bellezza” di Palermo con il senatore Steni Di Piazza e il deputato Giorgio Trizzino del Movimento Cinquestelle, queste speranze sono presto naufragate ed è subentrata una cupa rassegnazione.
La platea era suddivisa a metà fra i sostenitori dei Cinquestelle e i critici verso questa formazione politica. Una trentina di attenti ascoltatori delle risposte che si attendevano dai due rappresentanti politici.
La prima domanda ha riguardato il delicato tema della democrazia interna al Movimento. La replica dei due politici ha descritto una forte gerarchia nelle decisioni e, considerata la variegata, giovane e multiforme natura del Movimento Cinquestelle “che non si deve mai chiamare partito”, una necessaria obbedienza verso regole rigide e ferree.

Poi si sono sentiti alcuni dei soliti ritornelli sempre ripetuti dai Cinquestelle: i mezzi di comunicazione sono tutti asserviti ai “Poteri forti” e massicciamente schierati contro il Movimento; i giornalisti invece di cercare le notizie vanno solo a caccia di prove per accusare i Cinquestelle; le interviste sono continuamente travisate e manipolate; ecc. ecc. E il governo, come risposta a questa concentrazione di fuoco, presto approverà un progetto di legge che taglierà i fondi all’editoria, “Così Radio Radicale non avrà più un euro”.
Chi scrive si è subito ricordato come prima delle elezioni del 4 marzo 2018, Urbano Cairo con La7 e il Corriere della Sera, Berlusconi con Rete 4, Marco Travaglio con il Fatto Quotidiano, L’arena di Massimo Giletti su Rai Uno, insieme a tanti altri giornali e televisioni, hanno spianato la strada verso Palazzo Chigi a Di Maio e Di Battista. E anche adesso, quotidiani e opinionisti da sempre di centrodestra difendono abbastanza chiaramente i provvedimenti governativi (La Verità di Belpietro, Mario Giordano di Mediaset, Franco Bechis di Libero).
Domande e risposte si sono susseguite ed è impossibile fare il resoconto di quasi due ore di discussione. Ma una cosa ha colpito profondamente chi aveva residue speranze in un dialogo M5S-PD: il continuo rancore e le solite accuse contro il PD. Ritenuto, questo partito, colpevole di tutto e bersaglio preferito delle critiche: “Il PD non è di sinistra, il PD ha trascurato i poveri e deboli, Renzi ha tutelato le banche, il PD è stato troppo accogliente verso gli immigrati, ecc. ecc.”.
Notevole è stato anche sentire ripetere continuamente dai due uomini politici che la novità positiva della vita politica italiana è di aver stipulato un “Contratto”, un “Contratto di governo”, e che il rapporto fra Lega e Cinquestelle è tra “contrattisti”. Come se non si volesse pronunciare la parola “alleanza” e non si volesse ammettere che c’è un accordo politico. Come negare che il programma di governo è comune e condiviso, e ci si vergognasse, in sostanza, del solido e duraturo patto con la Lega, l’altra forza politica con la quale si è formato l’esecutivo che da sette mesi governa l’Italia.

In definitiva, una terminologia che volutamente nega “la politica”, un infingimento che cerca di occultare un’alleanza squisitamente politica, che è la conferma della visione profondamente “antipolitica” del Movimento Cinquestelle. Quindi, al momento, è impossibile ipotizzare una qualche forma di collaborazione con il PD, erede dell’antica tradizione dei partiti politici, sostenitore di chiare alleanze politiche, fautore di specifiche convergenze programmatiche.
E dire che prima dell’incontro, lo scambio d’idee con alcuni sostenitori dei Cinquestelle, faceva intendere che proprio Steni Di Piazza fosse stato uno di quelli che si era speso molto nel dialogo con il PD subito dopo le elezioni. Il passato politico di quest’uomo, d’altronde, coincideva con questa informazione. Alla fine della serata, invece, abbiamo fatto notare agli interlocutori che l’acredine e l’astio contro il Partito Democratico manifestati durante l’intero incontro, difficilmente potranno in futuro far costruire una pur minima alleanza politica.
Quindi, a chi di continuo, ancora oggi, prospetta l’ipotesi di un dialogo PD-M5S, si può rispondere, che questa prospettiva sembra allontanarsi nel tempo. Tutto al più potrà essere proponibile quando il M5S sarà molto ridimensionato elettoralmente e la sua classe dirigente completamente cambiata.