di Vincenzo Pino
Si calcola che il solo annuncio di decurtare il debito di 250 miliardi dell’Italia verso la Bce sia costato attorno ai 200 miliardi, come riporta il Corriere della Sera di oggi. Il dilettantismo suicida minacciosamente ed ingenuamente stilato nella bozza di contratto e pubblicato il 14 Maggio ha avuto questo effetto: un aumento del rischio Italia.
Infatti, è una follia pensare che un’autorità di governo possa realizzare provvedimenti unilaterali di azzeramento del debito. Quest’ultimo non è infatti nella disponibilità dei governi, se non a prezzo di cattiva nomea nei tempi di solvibilità e nella stessa solvibilità. Semmai è in quello degli investitori italiani e stranieri, delle banche e dei risparmiatori: chi detiene il debito italiano, i titoli di Stato, ha prestato danaro a tutti gli italiani.
Le decisioni dell’insieme di questi soggetti, che hanno prestato denaro acquistando titoli di Stato, determinano l’andamento dei tassi d’interesse, dello spread, e della finanza in generale. Per cui, la sola possibilità di un mancato rimborso del debito li indurrebbe a sbarazzarsi di questi titoli di credito immediatamente prima che possano trasformarsi in crediti inesigibili. E, in ogni caso, a tenere o comprare titoli di Stato solo con un tasso d’interesse maggiore che compensi l’aumento del rischio.
Ecco che annunci maldestri sul debito abbiano come effetto l’aumento degli interessi sui crediti da rinnovare aumentandone l’appetibilità in relazione all’ aumentato del rischio. Sono nozioni di base di finanza, che tuttavia sembrano completamente dimenticate da chi si appresta a governare.
Già da oggi è possibile vedere gli effetti di questa follia con l’esempio di un qualsiasi risparmiatore: chi avesse comprato Btp quindici giorni fa e li volesse vendere per avere disponibilità liquida perderebbe già il 6% del valore del titolo. Se la situazione dovesse continuare in questo senso, gli effetti si proietterebbero presto sul credito alle imprese: da acquisire o mantenere a costi maggiori. Ma anche sui titolari di mutui che vedrebbero più che raddoppiati gli interessi sullo stesso. Per chi volesse ottenere credito, ci sarebbero maggiori difficoltà a ottenerlo e richiesta di garanzie più precise e onerose.
Rischiamo così di uscire da un periodo di rinegoziazione dei mutui al ribasso. Io stesso l’ho fatto, per l’acquisto della mia abitazione, passando dal 3,8% del 2013 all’1,8% del 2017 con un abbassamento della rata mensile pari all’8 % (il mio è a tasso variabile). Se si continua così, è probabile che nel giro di qualche mese perderò questo beneficio ritornando ai livelli del 2013. Per quanto riguarda i mutui a tasso fisso, le banche che li hanno erogati si troverebbero in grandi difficoltà: la ricaduta non è dissimile sul sistema di credito a imprese e famiglie, con tassi più alti, costi maggiori, difficoltà di accedere al credito nel futuro.
Il solo effetto-annuncio di queste misure del costituendo governo rischia di far perdere i benefici dell’azione della Bce sul cosidetto Quantitative Easing. E se la tendenza non fosse invertita si rischia di riprecipitare nel rischio Grecia.
Già nel 2011 abbiamo vissuto una situazione analoga quando l’ondata speculativa internazionale aggredì il debito italiano determinando la massiccia vendita al ribasso dello stesso da parte degli investitori (in particolare stranieri). Non vorremmo ritrovarci in una situazione analoga grazie alle follie di questa compagine di governo.
Vedremmo le banche italiane, oberate dal possesso di titoli di Stato nei loro portafogli, in difficoltà nell’erogazione del credito a persone ed imprese. Vedremmo gli azionisti del settore rovinati, visto che già i titoli del settore bancario nel giro di quindici giorni hanno perso il 10% del loro valore.
Se si vuole tutto questo ed accelerare ancora verso questa corsa al disastro basterà mandare ulteriori segnali ai mercati. La nomina di Paolo Savona è uno di questi: per ritrovarci in una condizione peggiore a quella del 2011, una condizione più simile all’Italietta con margini di manovra e capacità di contrattazione molto più bassi.
In poche parole, l’aumento repentino dello spread notifica un segnale, un campanello d’allarme: l’aumento del rischio di tempesta finanziaria in Italia. Altro che “prima gli italiani”.
In copertina, tempesta su Venezia. Foto di Riccardo Chiarini tratta da unsplash.
Nel testo, Palazzo Finanze a Roma. Foto tratta da wikipedia. Di Nicholas Gemini – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=19238297
1 thought on “Il rischio di tempesta finanziaria in Italia”