
Qualche anno prima di quarant'anni fa
di Gabriele Bonafede
Dobbiamo ancora citare Tomasi di Lampedusa a settanta anni dalla sua scomparsa? È triste ammetterlo, ma è così. Ancor più in un mondo che dimentica le spaventose tragedie della storia.
La Sicilia di oggi e di domani è ancora ottocentesca. Nei modi e nei meccanismi. Chi non è in questo meccanismo è destinato ad andare via, e si tratta delle migliori risorse umane.

L’università con il maggiore numero di iscritti siciliani è quella di coloro che vanno via. Sono oltre 50000 i siciliani che si iscrivono in università fuori dall’Isola, seguono Catania e Palermo.
Ironico, alla vigilia di una tornata elettorale dove il centrosinistra propone un rettore, il centrodestra propone un’alleanza che include razzismo di stampo ottocentesco (quello contro gli africani) e il “nuovo che avanza” si contenta di nuovi Sedara pronti alla scalata sociale purchessia.
Tutto questo mentre la sinistra “dura e pura” diventa gruppo emarginato, come nella fine dell’ottocento, e votato alla sconfitta certa. Per non parlare della piccola galassia indipendentista che ricorda tempi borbonici, e a questi s’ispira. Ci sarebbero ormai ben dodici candidati nei quali nessuno sembra superare all’anagrafe il 1899, anno di nascita di mia nonna che era una romantica e convinta fascista, anche dopo che le guerre del fascismo le tolsero tutto.
Le elezioni per il Presidente, o governatore, della Sicilia, e per l’Assemblea Regionale Siciliana sono imminenti. Siamo nel 2017 ma la Sicilia non è nemmeno riportabile a un secolo fa, al 1917 anno della rivoluzione russa, bensì ad almeno una generazione precedente: ancora una volta quella del Gattopardo e di Sedara.
È cambiato tutto, non è cambiato nulla, non cambierà nulla nemmeno dopo queste ottocentesche elezioni che, al massimo, riporteranno la Sicilia al 1899. Anni in cui, sebbene Palermo fosse “felicissima”, si covavano già i semi dell’intolleranza, del razzismo, dello scontro armato tra nazioni “sovrane”, pronte a sfociare nel fascismo e nelle più grandi tragedie della storia.

Cosa decideranno i siciliani? Cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto probabilmente non cambierà.
La scelta era, è, e rimarrà tra rimanere in un mondo dalle fattezze ottocentesche oppure andare via. E quando le migliori risorse umane vanno via non si può che procedere come il gambero, all’indietro, verso i tempi che furono in un nostalgico tuffo nel mare magnum della mediocrità.
La maggior parte dei siciliani continuerà a votare con i piedi. O andando via, o scegliendo il candidato che, a piedi, porterà alle generazioni del passato.
L’unico passo avanti, in questi ultimi centocinquant’anni, è che la Sicilia rimane attaccata al carro dell’Europa. È dall’Europa, o da altri nuovi mondi, che sono arrivate quelle piccole innovazioni che hanno fatto zappare la storia, persino in Sicilia, millimetro per millimetro.
Ma, a questo giro, i millimetri sembrano troppo pochi rispetto a grandi passi del gambero verso generazioni ottocentesche.