
di Giovanni Rosciglione.
Nella mia famiglia allargata capitava – come a tutti, credo – di assistere spesso ad alcune gag che, ad anni di distanza, posso definire “universali”.
Era una festa, non mi ricordo quale ma da noi le occasioni abbondano, e tra le altre cose si parlava della Laurea che da pochissimi giorni aveva conseguito Asdrubale (ovviamente nome di copertura) che era sposo di una parente.

Era – Asdrubale – un ragioniere di 40 anni, funzionario di un Ente Pubblico, sposo di una parente acquisita e padre di due figli. Ma il ruolo gli stava stretto e scalpitava per scalare qualche gradino sociale. E la laurea, in quella particolare disciplina, era lo strumento ideale.
Si era laureato da pochi giorni, ma aveva già cambiato status e dna: i capelli si erano allungati, dismessa la tuta del tre bottoni grigi, esibiva giacche a quadretti multicolore. Non più la stazzonata cravatta finta “regimental”, si addobbava con papillon a fiocco largo e multicolore. Ma era soprattutto il linguaggio, il lessico che era cambiato da un giorno all’altro. Terminologia raffinata e ricerca della parola difficile, magari con inglesismi alla Totò.
Insomma era entrato nel ruolo.
Quella sera era presente anche un’anzianissima, ma vispa signora. Sempre in nero, tradiva nell’accento l’origine di un paesone dell’Agrigentino. Pochi studi, ma vivacissima, arguta e con occhi neri e fiammeggianti.
Asdrubale, parlava, parlava, si esibiva e spesso travalicava le sue possibilità espressive.
Fu allora, che rivolgendosi al gruppo che mi comprendeva, con vocina gentile la Signora disse la seguente frase: “a chistu a laura ci fici male!”. E ridacchiò senza malizia.
Ecco: quando vedo in TV Giggetto Di Maio (il deluchiano personaggetto), mi sovviene quell’episodio.
Giggetto è Vice Presidente della Camera dei Deputati a Montecitorio. E’ l’unto del Signore designato a fare il Presidente del Consiglio dell’Italia (componente del G7, sesta o settima potenza economica del mondo, terra di grande storia e di più grandi problemi).

E lui ci crede: pensa che non si noti la fatica che fa nel parlare di politica, non si accorge come ancora si avverta l’accento salernitano. Sta a disagio nel completo antracite di Loro Piana; gambe e braccia rigide: vi siete accorti che camminando non muove le braccia e le gambe lo fanno come se fossero di legno?
Il suo sguardo tradisce imbarazzo e incertezza. Occhi fissi, fa capire che non vede l’ora che l’intervistatore finisca il servizio. E per accelerare chiude sempre con una frase memorabile che, secondo lui, prova la sua leadership. Del tipo: “chiudiamo le frontiere e usciamo dall’Europa!”.
Francamente confesso che avrei difficoltà ad assumerlo come capocameriere in un Ristorante.
Questo è Giggetto.
E sono certo che l’arguta nonnina dell’agrigentino esclamerebbe con dolce allegria: “a chistu a politica ci fici malu!”. E sì! Il problema è che “chistu” fa male pure a noi.